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Disturbi del sistema linfatico: cosa sono

Insieme al midollo osseo e alla milza, il sistema linfatico è uno delle componenti fondamentali del sistema immunitario. Trattasi di un sistema venoso, composto da vasi e linfonodi mediante cui trasporta i liquidi in tutto l’organismo.

I vasi linfatici sono dotati di piccole valvole che permettono di far fluire la linfa in una sola direzione, vero il cuore. In questo modo i vasi sono in grado di drenare la linfa in tutti i tessuti, anche tra i capillari e nello spazio tra le cellule. I capillari assorbono gran parte del liquido, mentre quello che resta passa dai vasi linfatici alle vene.

La linfa contiene:

  • proteine;
  • minerali;
  • nutrienti di vario tipo;
  • cellule danneggiate e talvolta tumorali;
  • batteri e virus, che penetrano dai vasi ai diversi tessuti.

I linfonodi raccolgono tutti i vasi linfatici e sono posizionati in zone strategiche dell’organismo. Il loro compito è eliminare le cellule potenzialmente pericolose, grazie ai leucociti specializzati che le distruggono. In questo modo riducono il rischio di infezioni e di tumori, che potrebbero partire da lì e diffondersi in tutto l’organismo.

Il sistema linfatico può soffrire di diversi disturbi, di natura genetica e non. Le principali cause sono:

  • ostruzione del sistema linfatico. Quando i vasi sono bloccati, i liquidi si accumulano e danneggiano i tessuti. Le ostruzioni possono essere causate tessuto cicatriziale, radioterapia, traumi;
  • infezione dei linfonodi, che provoca un’espansione dell’infezione in tutto l’organismo;
  • tumori, che possono bloccare i dotti linfatici o metastatizzare nei linfonodi.

Fonte: msdmanuals.com

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Cardiopatie congenite: cosa sono e come si manifestano

Le cardiopatie congenite sono malformazioni a carico dell’apparato cardiovascolare. Si definiscono “semplici”, quando c’è un difetto dei setti o una malformazione valvolare. Si parla invece di cardiopatie complesse, quando ci sono difetti multipli.

Le cardiopatie sono presenti fin dalla nascita e spesso non se ne conosce la causa genetica precisa. Alcune malformazioni sono collegate ad alterazioni cromosomiche precise, ma in molti altri casi non c’è una spiegazione chiara. Si sa che le anomalie si sviluppano nel corso della vita fetale, intaccando la corretta formazione dell’apparato cardiovascolare. Di solito rimangono silenti durante tutta la gestazione, manifestandosi solo dopo la nascita.

L’ecocardiogramma fetale può individuare molte cardiopatie congenite, con test assolutamente non invasivi. Di soliti l’analisi richiede 30 minuti di tempo, di più se ci si trova di fronte a una forma complessa. In quest’ultimo caso, potrebbero servire forme di diagnosi più invasive, come il cateterismo cardiaco.

In assenza di diagnosi prenatale, le anomalie congenite si individuano a partire da piccoli soffi al cuore rilevati dal pediatra. Questi possono essere soffi innocenti o un sintomo di patologia, in qual caso conviene affidarsi a un cardiologo pediatrico. Circa il 50% delle cardiopatie si individua in questo modo, entro il primo mese di vita. Ciò permette di intervenire quanto prima con la terapia chirurgica.

Gli interventi chirurgici in caso di cardiopatia congenita hanno elevate probabilità di successo, con miglioramenti quasi immediati. I bambini possono condurre una vita quasi normale, pur dovendo prendere precauzioni per quanto riguarda le attività sportive.

Fonte: ospedalebambinogesu.it

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Diabete mellito: cos’è e come si manifesta

Il diabete mellito è una malattia cronica con cause ambientali e genetiche. Si divide in due forme principali:

  • diabete di tipo 1, nella quale il corpo non produce insulina;
  • diabete di tipo 2, nella quale l’organismo non risponde in maniera adeguata all’insulina e/o i livelli di insulina sono troppo bassi.

Ci sono anche altre forme di diabete, meno diffuse e legate ad anomalie genetiche o malattie del pancreas. Inoltre, esiste una forma di diabete che compare solo in gravidanza, detto appunto diabete gestazionale.

La mancanza di insulina o l’insulino-resistenza propri del diabete impediscono all’organismo di regolare i livelli di glucosio nel sangue, che quindi sono sempre troppo alti. In alcuni casi, l’iperglicemia non dà alcun sintomo o si manifesta in maniera troppo sottile. I sintomi più comuni sono infatti: stanchezza; sete continua; diuresi eccessiva; perdita di peso immotivata; aumento di appetito; dolori addominali. Solo nei casi più gravi si arriva alla confusione mentale e alla perdita di coscienza.

Nonostante nelle prime fasi possa passare inosservato, il diabete ha porta a conseguenze gravi sul lungo periodo. La glicemia sempre sopra la norma porta a complicanze macrovascolari e microvascolari. Queste si traducono in danni neurologici e a carico di altri organi. Chi soffre di diabete mellito rischia di contrarre danni permanenti ai reni, agli occhi e alle orecchie. Sono frequenti anche gli infarti del miocardio e l’ictus.

Ad oggi non esiste una terapia risolutiva né per il tipo 1 né per il tipo 2. I pazienti possono condurre una vita normale, a patto però di fare costanti iniezioni sottocutanee e di condurre un corretto stile di vita. Fare esercizio fisico e tenere sotto controllo il peso possono aiutare anche ad evitare l’insorgenza del diabete, specie in coloro predisposti geneticamente.

Fonte: humanitas.it

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Ceroidolipofuscinosi neuronali

Il termine ceroidolipofuscinosi neuronali (NCL) indica un gruppo di malattie genetiche neurodegenerative. Chi ne soffre mostra un accumulo di ceroido-lipofuscina, che provoca gran parte dei sintomi. Ne esistono diverse forme, distinguibili in base all’età dell’insorgenza.

  • Congenita;
  • infantile;
  • tardo-infantile;
  • giovanile;
  • adulta.

Ciascuna di esse comprende varianti sia a livello genetico sia a livello di sintomi. Tutte le forme causano insufficienza visiva, epilessia, declino delle capacità cognitive e motorie. Cambiano però prognosi e aspettativa di vita: i bambini affetti dalla forma congenita sopravvivono poche ore; chi soffre della forma adulta può arrivare ai 50 anni.

Le ceroidolipofuscinosi neuronali sono malattie monogeniche: le mutazioni colpiscono un singolo gene, cambiando da paziente a paziente. Ad oggi, i medici hanno identificato circa 440 mutazioni collocate sui geni tra CLN1 e CLN14. La funzione di alcuni di questi geni non è ancora nota, quindi è difficile dire come le mutazioni agiscono sull’organismo.

La malattia si manifesta se entrambi i genitori trasmettono una copia del gene mutato. La forma adulta fa eccezione: in questo caso, basta ereditare una copia mutata di CLN4 per manifestare la malattia. Se il gene mutato è già stato identificato in famiglia, è possibile eseguire la diagnosi prenatale. Altrimenti, la diagnosi avviene mediante l’analisi del quadro clinico.

Per il momento non esistono terapie risolutive: i trattamenti si basano solo su cure palliative. La scarsa conoscenza patogenetica rende infatti difficile elaborare un trattamento che agisca sul cuore del problema. Per questo motivo, sono in corso diversi studi e trial di terapia genica.

Fonte: telethon.it

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