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Aurora magazine

I sottotipi di disturbo bipolare hanno diverse cause genetiche

I due sottotipi più diffusi di disturbo bipolare – bipolare I e bipolare II – hanno cause genetiche diverse. È quanto emerge da uno studio del dottor Jie Song, del Karolinska Institutet. Nonostante la sovrapposizione genetica tra i due sottotipi, ciascuno di questi tende a raggrupparsi in famiglie. Ciò suggerisce una distinzione tra disturbo bipolare I e II.

Il nuovo studio mette l’accento sulle diverse origini genetiche dei due disturbi. L’opinione del dottor Song si pone quindi in contrapposizione rispetto all’opinione comune. Secondo gran parte dei medici, infatti, il disturbo bipolare II sarebbe solo una forma più blanda del disturbo bipolare I.

Il dottor Song ha analizzato l’occorrenza di ciascun sottotipo all’interno delle famiglie svedesi. Ha così scoperto che la occorrenza di entrambi i sottotipi nella stessa famiglia è rara. Si verifica molto più spesso l’occorrenza di un solo sottotipo all’interno di una singola famiglia. Questo fa pensare che le cause genetiche delle due forme della malattia siano solo in parte uguali.

Lo studio fornisce le prove di una differente radice genetica delle due malattie. Solo il disordine bipolare II ha mostrato differenze di genere. In questo c’è una netta prevalenza di pazienti donne, fenomeno che invece non si verifica nel disordine bipolare I. Inoltre, il disordine bipolare I è molto più presente nelle famiglia con una storia di schizofrenia, il che non è vero per il tipo II.

Le scoperte aiuteranno la ricerca su questa e su altre malattie psichiatriche. La distinzione tra i due sottotipi ha anche ripercussioni sulle strategie di trattamento per i pazienti.

Fonte: elsevier.com

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Individuate nuove mutazioni genetiche legate della CMT

Alcune mutazioni nella sequenza del gene SACS possono provocare problemi motori simili a quelli presenti nella malattia di Charcot-Marie-Tooth (CMT). È quanto rivela uno studio brasiliano pubblicato su Muscular Disorders.

Fino a oggi sono stati individuati più di 20 geni associabili a forme diverse di CMT. Ogni forma della malattia presenta problematiche neurologiche e sistemiche diverse, sovrapponibili con quelle di altre malattie neurodegenerative. Ciononostante, hanno tutte in comune alcuni tratti clinici e biologici che consentono di collegarle tutte alla stessa malattia.

Chi soffre di CMT presenta una progressiva degradazione della sezione assonale delle cellule nervose. Ciò ostacola la comunicazione tra cellule nervose e quella dei nervi periferici con il sistema nervoso centrale. Tutto questo si manifesta con sintomi di carattere motorio e sensoriale.

Nello studio “Early-onset axonal Charcot-Marie-Tooth disease due to SACS mutation,” un team di ricercatori brasiliani ha analizzato i casi di due uomini non imparentati tra loro. Entrambi soffrivano di malattie simili alla CMT. In un primo tempo era stata diagnosticata loro la Charcot-Marie-Tooth. Ciononostante, nessuno dei due mostrava le degenerazioni nervose tipiche della malattia.

I ricercatori hanno effettuato un sequenziamento completo dell’esoma dei due uomini. Hanno così scoperto che entrambi i pazienti  mostravano mutazioni genetiche riguardanti il gene SACS. Queste mutazioni erano già state collegate all’atassia spastica di Charlevoix–Saguenay (ARSACS), che provoca deficit intellettuali e fisici.

Nessuno dei due pazienti mostrava i sintomi tipici della ARSACS, nonostante la mutazion genetica. In più, la neuropatia di cui soffrivano era molto simile a quella della CMT, ma non era mai stata collegata alla Charlevoix–Saguenay.

La scoperta suggerisce che le mutazioni del gene SACS potrebbero essere associate a neuropatie assonali sensitivo-motorie, senza però altri sintomi neurologici.

Fonte: charcot-marie-toothnews.com

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Svelati nuovi particolari sulla sindrome di Chediak-Higashi

Un team del National Institutes of Health and University di Manchester ha svelato nuovi particolari sulla sindrome di Chediak-Higashi (CHS). È una malattia genetica rara, di cui si conoscono circa 500 casi in tutto il mondo e con effetti devastanti.

Chi soffre di Chediak-Higashi mostra un gran numero di sintomi diversi. I soggetti hanno una marcata predisposizione al sanguinamento e problemi neurologici. Inoltre, i malfunzionamenti del sistema immunitario li rendono vulnerabili anche alle infezioni più banali. In gran parte dei casi, queste persone muoiono a causa di una di queste infezioni.

Le cellule killer sono cellule immunitarie con il compito di eliminare le cellule aberranti, come cellule tumorali, infette, malformate. Agiscono mediante degli enzimi tossici che secernono dentro le cellule da eliminare. Nei soggetti con la CHS, le cellule killer non riescono a secernere questi enzimi in maniera appropriata.

Il team ha scoperto che le cellule immunitarie di chi soffre di Chediak-Higashi hanno un citoscheletro anomalo. Gli enzimi risultano troppo grandi per superare la barriera cellulare, rendendo le cellule killer inutili. Per risolvere il problema, i ricercatori hanno usato dei farmaci che riducano la densità del citoscheletro.

Secondo i primi test, riducendo la densità della barriera cellulare si ripristina la funzione delle cellule killer. Questo potrebbe avere ripercussioni importanti sullo stato di salute del paziente e aumentare le sue chance di sopravvivenza.

Fonte: manchester.ac.uk

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I test genetici saranno i personal trainer del futuro

Un nuovo studio analizza il potenziale dei test genetici nel campo dell’allenamento sportivo. Secondo i ricercatori, i test aiuteranno a creare schede personalizzate e a prevenire il rischio di lesioni. Per il momento è ancora fantascienza, ma con l’avanzamento delle tecnologie il futuro si sta avvicinando.

Una regolare attività fisica migliora la salute e riduce il rischio di malattie croniche, D’altra parte, il tipo di esercizio dovrebbe cambiare di persona in persona. Al di là dell’alimentazione e dei fattori socioeconomici, infatti, anche la genetica gioca un ruolo fondamentale nell’esito degli allenamenti. La presenza di patologie cardiache sconosciute aumenta addirittura il rischio di attacco cardiaco durante attività fisiche intense. Alcune varianti genetiche, invece, aumentano il rischio di lesioni ai tendini.

Lo studio “Genetic testing for exercise prescription and injury prevention” analizza i progressi fatti nell’applicazione dei test genetici all’ambito sportivo. Gli autori hanno valutato i dati di studi precedenti, così da identificare i geni legati a diversi tipi di lesioni. Secondo lo studio, questi dati potrebbero essere usati per sviluppare nuovi test genetici destinati all’elaborazione di allenamenti personalizzati.

I test genetici per l’ambito sportivo potrebbero aiutare chi soffre di sindrome di Marfan. È una malattia genetica provocata da una mutazione nel gene che codifica per la fibrillina-1. Chi soffre di questa condizione ha arti molto lunghi e una struttura esile, caratteristiche comuni tra i giocatori di basket e di pallavolo. I test genetici potrebbero aiutare a identificare chi ne soffre, riducendo il rischio di aneurisma e dissezione aortica.

Fonte: medicalnewsbulletin.com

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