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Aurora magazine

Eseguito il primo tentativo di editing genetico in vivo

In futuro sarà possibile correggere un errore genetico direttamente nell’organismo? Forse sì. Gli scienziati dell’Ospedale Benioff di Oakland hanno applicato la terapia genica su un uomo affetto dalla malattia di Hunter. Se tutto andrà bene, il corpo incorporerà la versione corretta del gene difettoso, con quindi una regressione della malattia.

Nella terapia genica standard, si usano virus inoffensivi per sostituire geni malati con le loro versioni corrette. Di solito gli scienziati applicano la procedura su una coltura di cellule del paziente, da reimpiantare in un secondo momento. In questo caso, invece, hanno usato l’editing genetico direttamente nell’organismo del paziente.

Gli scienziati hanno operato un uomo affetto da una malattia chiamata mucopolissacaridosi di tipo 2, o malattia di Hunter. Chi ne soffre accumula zuccheri negli organelli delle cellule, il tutto a causa di un carenza cronica dell’enzima Ids. Alla lunga gli accumuli di zucchero provocano problemi di vista, udito, cuore. Ad oggi l’unico trattamento disponibile sono infusioni settimanali dell’enzima, che però la terapia genica potrebbe render superflue.

Le fasi 1 e 2 della sperimentazione hanno lo scopo di verificare la sicurezza del trattamento. Solo a questo punto si passerà alla fase 3, che servirà a verificarne l’efficacia. A questo scopo, i ricercatori hanno già reclutato altri 9 pazienti affetti dalla malattia che si sottoporranno all’operazione a breve. Inoltre, sperimentazioni simili sono in corso anche per emofilia di tipo B e mucopolissaridosi di tipo 1, o sindrome di Hurler-Scheie. Il criterio usato è sempre lo stesso.

Fonte: ansa.it

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Individuate le possibili cause genetiche della malattia coronarica

Il team del professor Jonathan Schisler ha scoperto le possibili cause genetiche della malattia coronarica. Questo apre le porte alla creazione di nuovi strumenti di diagnosi per quanti presentano casi in famiglia. In futuro, forse, la cosa potrebbe portare perfino alla realizzazione di test prenatali ad hoc.

Secondo lo studio, i soggetti con arterie pulite presentano livelli più alti di proteina CXCL5. Pare che questa funga da agente protettivo contro la malattia coronarica. Ciò fa pensare che ci sia una predisposizione genetica alla base del problema e che agire sui livelli di CXCL5 potrebbe prevenirlo.

I ricercatori hanno analizzato i campioni di sangue e le ecografie di 143 persone oltre i 65 anni. Tutti i coinvolti si erano rivolti al UNC Medical Center per degli screening cardiovascolari. Le analisi hanno rivelato che le persone con arterie pulite presentavano varianti genetiche vicino al gene codificante CXCL5.

Studi precedenti avevano collegato la proteina CXCL5 all’infiammazione, il che aveva spinto i ricercatori a considerarla pericolosa. Ricerche più recenti suggeriscono invece che aiuti a limitare le piaghe provocate da grasso e colesterolo nelle arterie. Lo studio di Schisler prova per la prima volta il suo ruolo protettivo contro la malattia coronarica.

La ricerca ha un limite: non ha coinvolto soggetti sani che fungessero da gruppo di controllo. Ciononostante, se la scoperta fosse provata si avrebbe uno strumento inestimabile per la diagnosi precoce della malattia. Con il tempo, si potrebbe addirittura pensare a test genetici per chi presenta casi in famiglia.

Fonte: news.unchealthcare.org

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Epidermolisi bollosa: cos’è e quali sono i sintomi

L'epidermolisi bollosa è una malattia genetica rara detta anche “sindrome dei bambini farfalla”. La pelle di chi ne soffre è infatti fragile come le ali di una farfalla. Basta una minima frizione per provocare la comparsa di bolle e lesioni.

La malattia ha tre forme, che vanno dalla più lieve a quella letale:

  • simplex;
  • distrofica;
  • giunzionale.

Nel caso di edidermolisi bollosa giunzionale, la malattia colpisce anche bocca e gola. Ciò rende difficile mangiare e deglutire. In alcuni casi, la malattia colpisce anche mucose interne e causa dolore quasi insopportabile. Spesso le lesioni fanno anche fatica a cicatrizzarsi.

La malattia si manifesta di solito alla nascita o nei mesi immediatamente successivi. Le forme localizzate possono però emergere anche nella tarda infanzia o nella prima età adulta. In Italia l'epidermolisi bollosa colpisce circa 1 bambino ogni 82.000 nati. La media è più bassa rispetto quella mondiale, che si assesta intorno a 1 bambino ogni 17.000 nati. Il totale di malati nel mondo è di circa 500.000.

L'epidermolisi bollosa si trasmette per via ereditaria e può essere autosomica dominante o recessiva, a seconda del sottotipo. Nel caso in cui sia presente nella storia di famiglia di uno dei due membri della coppia, è quindi bene rivolgersi a degli specialisti. In caso di ereditarietà recessiva, infatti, entrambi i genitori sono portatori sani e non manifestano in alcun modo la malattia. Ciononostante, il feto ha 1 possibilità su 4 di manifestarla.

La forma simplex è la meno grave e la più comune. Colpisce circa il 50% dei soggetti affetti e interessa quasi esclusivamente mani e piedi. In alcuni casi la cicatrizzazione continua provoca la fusione delle dita, riducendone la funzionalità. È comune che i pazienti soffrano di anemia, o che incorrano in tumori e problemi nefrologici. L'epidermolisi bollosa giunzionale è la più rara (1% dei casi) ed è anche la più grave. In molti casi è letale fin dall’infanzia.

Rispetto ad altre malattie genetiche, l'epidermolisi bollosa è di facile diagnosi. Non esistono trattamenti efficaci, però. Si può solo evitare il più possibile la comparsa di bolle, proteggendo la cute da possibili traumi. È inoltre importante prevenire le possibili infezioni derivanti dalle ferite. Chi soffre delle forme più gravi si deve sottoporre a un monitoraggio continuo, ma non si può fare molto altro.

Fonte: osservatoriomalattierare.it

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Tumore al seno: individuate le varianti genetiche più diffuse

Tumore al seno sempre più facile da individuare e prevenire. Due studi del BCAC (Breast Cancer Association Consortium) hanno scoperto oltre 60 varianti genetiche che predispongono alla malattia.

Le nuove varianti sono più diffuse rispetto a quelle ben più famose che toccano i geni BRCA1 e BRAC2. Rispetto a queste ultime comportano un rischio più basso, specie se prese singolarmente. Alcuni soggetti presentano però due o più mutazioni combinate tra loro. In questo caso, le probabilità di un tumore sono abbastanza alte da giustificare un intervento preventivo.

Per la scoperta, i ricercatori si sono serviti del DNA di oltre 137.000 donne affette da tumore al seno. Hanno inoltre analizzato il patrimonio genetico di 18.900 donne con le mutazioni BRCA e di 119.000 donne sane.

Grazie allo studio, sale a 167 il numero di anomalie ricollegabili al tumore al seno. Di queste, 125 sono associate ai tumori Er-negativi, su cui le terapie ormonali non hanno effetto. Tutto ciò conferma quanto i fattori genetici influiscano sulla predisposizione al cancro. Al di là delle poche famiglie con una predisposizione molto marcata, ci sono fattori meno vistosi ma comunque rilevanti.

Insieme alle scoperte già fatte e agli attuali test del DNA, lo studio promette di facilitare la diagnosi precoce del tumore.

Fonte: ansa.it

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