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Aurora magazine

Sindrome di Angelman: cos’è e come si manifesta

La sindrome di Angelman è una malattia genetica che interessa il sistema nervoso centrale. Provoca gravi ritardi nello sviluppo e danni neurologici permanenti. I bambini che ne soffrono sembrano sani alla nascita e la malattia si manifesta tra i 6 e i 12 mesi.

In un primo momento, il bambino affetto da sindrome di Angelman mostra problemi di alimentazione e ritardi nello sviluppo. Tra i 2 e i 3 anni, compaiono spesso le prime crisi epilettiche. Il bambino è iperattivo, con una scarsa soglia dell’attenzione. Problemi che porta con sé anche nell’età adulta, cui si aggiunge talvolta una curvatura anomala della colonna vertebrale. Nonostante tutti questi problemi, chi soffre di Angelman ha una aspettativa di vita nella media.

La malattia è provocata da un difetto nella copia materna del gene UBE3A. Il gene contiene informazioni su un enzima chiave per la degradazione delle proteine. Il suo malfunzionamento basterebbe per provocare i sintomi propri della sindrome. In gran parte dei casi, l’anomalia genetica è sporadica, ma ci sono anche dei casi di ereditarietà.

Per la diagnosi si usano test genetici specifici, volti a determinare la presenza o meno di anomalie cromosomiche. Una volta confermata la presenza della malattia, si agisce con una terapia sintomatica. Si controllano gli attacchi epilettici con farmaci specifici e si promuove l’attività fisica e occupazionale. Tutto questo aiuta a migliorare la qualità della vita dei pazienti.

Fonte: telethon.it

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Individuata nuova anomalia genetica legata all’autismo

L’analisi del genoma di 2.064 persona ha rivelato una serie di anomalie genetiche legate all’autismo. Lo studio suggerisce che il sequenziamento dell’intero genoma potrebbe un giorno contribuire alla diagnosi.

È ormai dato per certo che l’autismo abbia delle basi genetiche. Gli attuali test, però, non sono sempre in grado di individuare le anomalie che ne sono la causa. Lo studio ha individuato dei nuovi schemi genetici, che potrebbero aiutare nel caso non ci siano altri marker genetici. Se fossero confermati, potrebbero diventare una guida nella diagnosi precoce del disturbo.

Il sequenziamento completo del genoma umano sta diventando sempre più facile ed economico. Tanto che, secondo l’autore dello studio Evan Eichler, nel giro di 10 anni potrebbe diventare il migliore strumento di diagnosi dell’autismo.

I test genetici attuali si concentrano solo sulle zone del genoma già collegate all’autismo. Altri test cercano anomalie in geni ben determinati. Basandosi sulle storie familiari, però, l’ereditarietà ha un ruolo determinante solo nel 50% dei casi. Ne consegue che l’approccio consente di coprire solo il 10-30% dei casi.

I ricercatori hanno sequenziato il genoma di 516 bambini autistici. I bambini non avevano storie di autismo in famiglia alle spalle e nessuna delle anomalie normalmente individuate dai test. Gli scienziati hanno sequenziato anche il genoma dei genitori e dei fratelli dei bambini, per un totale di 2.064 persone.

Il team ha identificato anomalie che hanno distrutto alcune funzioni genetiche e alterato la produzione di proteine. Hanno inoltre trovato modifiche in aree del genoma prive di geni, ma responsabili per l’attivazione di alcuni geni importanti.

Comparando il numero di variazioni genetiche nei bambini autistici e nei fratelli, è emerso che i primi avevano spesso tre o più tipi di anomalie. Ciò suggerisce che la combinazione di diverse variazioni sporadiche potrebbe contribuire all’autismo. Saranno però necessari ulteriori studi a riguardo.

Fonte: hhmi.org

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La terapia genica aiuta bambino con la adrenoleucodistrofia

Un trattamento sperimentale ha aiutato un bambino affetto da adrenoleucodistrofia, una malattia genetica rara che colpisce il sistema nervoso. La malattia è stata anche al centro di un famoso film, “L’olio di Lorenzo”, basato su una storia vera.

Purtroppo l’olio di Lorenzo non è una vera e propria cura per la malattia. L’unico trattamento ad oggi disponibile è il trapianto di cellule staminali di un fratello, possibile solo per 1 paziente su 5. Il nuovo trattamento, invece, consente di usare le cellule del paziente stesso. I medici prelevano un campione di midollo e modificano le staminali sostituendo il gene malato con uno sano. Dopodiché impiantano le cellule di nuovo.

Lo studio guidato dal dottor David A. Williams ha coinvolto 17 bambini tra i 4 e i 13 anni. I pazienti erano affetti dalla forma più grave di adrenoleucodistrofia, quella che colpisce anche il cervello. A due anni dal trattamento, 15 di loro erano neurologicamente stabili e privi di disabilità maggiori. Altri due erano morti, uno per un peggioramento della malattia, l’altro per complicazioni a seguito di un trapianto.

Secondo i risultati, il trattamento potrebbe essere efficace quanto il trapianto di cellule staminali. Con la differenza che quest’ultimo non è disponibile per tutti i pazienti. Non si sa però quanto siano durevoli i benefici e quali potrebbero essere i costi. Ad ogni modo, affinché il trattamento sia approvato dalla Food and Drug Administration serviranno 15 anni di monitoraggio. Solo dopo tutto l’iter si potrà dire se siamo di fronte a una cura.

Fonte: phillytrib.com

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Adrenoleucodistrofia: cos’è e come si manifesta

L’adrenoleucodistrofia è una malattia genetica rara. La forma più diffusa è quella legata al cromosoma X e colpisce soprattutto il sistema nervoso. Ad oggi la terapia più efficace è il trapianto di cellule staminali di un fratello sano.

Esistono tre forme di adrenoleucodistrofia.

  • La forma cerebrale. Colpisce durante l’infanzia e i primi sintomi comprendono disturbi comportamentali e deficit d’apprendimento. Il bambino ha difficoltà a leggere, scrivere, comprendere quanto gli si dice. Con il tempo provoca disturbi della vista, dell’udito e del movimento.
  • Adrenomieloneuropatia. Si manifesta tra i 20 e i 30 anni con rigidità e debolezza delle gambe. Sono frequenti i disturbi a genitali e tratto urinario, oltre che i disturbi neurologici. Molti di coloro che ne soffrono manifestano anche insufficienza surrenalica.
  • Morbo di Addison. Il primo sintomo con cui si manifesta è l’insufficienza surrenalica. Di solito non ha ripercussioni neurologiche e può comparire sia nell’infanzia sia da adulti.

L’adrenoleucodistrofia legata all’X colpisce quasi solo bambini. Le femmine di solito sono portatrici sane, anche se alcuni soggetti mostrano sintomi simili all’andrenomieloneuropiatia. È però difficile disegnare un quadro chiaro, dato che la malattia presenta una elevata variabilità clinica.

La prima forma della malattia si trasmette per via ereditaria. È causata da una mutazione del gene X-ALD, che si trova appunto nel cromosoma X. Ci sono però casi di trasmissione sporadica, in cui l’anomalia si manifesta per la prima volta nel paziente. La diagnosi avviene mediante osservazione clinica, esami strumentali e di laboratorio. Nel caso siano noti casi in famiglia, è disponibile anche il test genetico per la diagnosi prenatale.

Per la forma cerebrale infantile il trattamento ad oggi più efficace è il trapianto di midollo. È necessario eseguire il trapianto nelle primissime fasi della malattia. In futuro potrebbe essere disponibile anche la terapia genica, ma gli studi e i trial sono ancora in corso. Purtroppo manca una terapia risolutiva: si può migliorare la qualità della vita del paziente, ma non guarirlo.

Fonte: telethon.it

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