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Sindrome di Smith-Lemli-Opitz: antiossidanti contro la cecità

Nei soggetti affetti da sindrome di Smith-Lemli-Opitz, gli antiossidanti aiutano a combattere la perdita della vista. La scoperta arriva dalla Jacobs School of Medicine and Biomedical Sciences. I ricercatori hanno aggiunto antiossidanti alla terapia standard di alcune cavie malate. Secondo i primi dati, l’aggiunta avrebbe fermato la degenerazione retinica propria della malattia genetica.

Chi soffre di sindrome di Smith-Lemli-Opitz (SLO) è incapace di produrre colesterolo. Ciò provoca una serie di anomalie cognitive e fisiche, tra cui la progressiva perdita della vista. I ricercatori hanno trovato un modo per prevenire almeno quest’ultimo sintomo. Nei modelli animali trattati con il nuovo approccio, hanno evitato la comparsa della degenerazione retinica.

Ad oggi le terapie per la sindrome SLO prevedono il trattamento dei singoli sintomi. In aggiunta a questo, i medici sono soliti prescrivere integratori di colesterolo. In alcuni casi, questo basta ad evitare che la malattia passi dal sistema nervoso agli occhi, al cuore e agli altri organi. I risultati variano però da caso a caso. Secondo gli autori dello studio, la variante potrebbe stare nel grado di ossidazione di una specifica molecola.

Per testare la loro ipotesi, i ricercatori hanno bloccato l’ossidazione della molecola in alcune cavie. In aggiunta alle terapie standard, hanno dato loro degli antiossidanti. I topi trattati in questo modo hanno mostrato un netto miglioramento della degenerazione retinica. Il risultato è promettente, ma prima di passare agli essere umani saranno necessari altri studi.

Fonte: medicine.buffalo.edu

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Cinque malattie mentali condividono la stessa attività genetica

Si calcola che 1 americano su 6 sia affetto da una malattia mentale. Ciononostante, le cause di alcune di queste rimangono nebulose. Un team della Virginia Commonwealth University ha analizzato post mortem i cervelli di persone affette da malattie mentali. Ha così individuato un’attività genetica comune a cinque delle patologie più comuni.

Uno studio del 2013 aveva già mostrato che alcune variazioni genetiche sono comuni a autismo, schizofrenia, disturbo bipolare, depressione e disturbo dell’attenzione. I ricercatori non erano però riusciti a individuare un legame tra le alterazioni genetiche specifiche e i sintomi. Lo studio in questione si è invece concentrato su quanto accade a livello molecolare dentro il cervello.

I ricercatori hanno analizzato i cervelli di 700 soggetti affetti da: autismo, schizofrenia, disturbo bipolare, depressione, alcolismo. Hanno confrontato gli schemi di questi cervelli con quelli di 293 cervelli sani. Per un ulteriore controllo, hanno controllato anche l’espressione genica dell’area corticale in 197 pazienti con patologie infiammatorie all’intestino. In questo modo hanno escluso il coinvolgimento di processi legati ad altre malattie.

Dalle analisi è emerso che certe malattie psichiatriche sono molto più simili di quanto i sintomi farebbero credere. I dati genomici hanno ad esempio rivelato una forte somiglianza tra disturbo bipolare e schizofrenia. Mancano invece correlazioni tra alcolismo e depressione, teorizzate da altri studi. Inoltre, autismo e schizofrenia avrebbero in comune un’espressione eccessiva dei geni della corteggia. Al contrario, i geni legati alla comunicazione tra neuroni sarebbero poco attivi in autismo, schizofrenia e disturbo bipolare.

Secondo l’autore dello studio del 2013, Jordan Smoller, il prossimo passo dovrebbe essere concentrarsi sull’espressione genetica delle singole cellule. Gli studi attuali si concentrano su grandi aree del cervello. Un’analisi più specifica consentirebbe di trovare i processi meccanici di certe malattie.

Fonte: sciencemag.org

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Individuata causa genetica della sindrome di Hay-Wells

Le mutazioni nella proteina p63 causano un gran numero di malattie. La più grave è la sindrome di Hay-Wells. Gli scienziati della Goethe University e della Federico II di Napoli hanno scoperto nuovi particolari sulla causa genetica della malattia. Sembra, infatti, che la sindrome sia più simile ad Alzheimer e Parkinson che ad altre sindromi legate a p63. La scoperta potrebbe aiutare a sviluppare nuovi possibili trattamenti.

La proteina p53 ha il compito di sopprimere eventuali tumori. Il suo malfunzionamento è uno dei primi stadi di sviluppo di un cancro. È inoltre causa di una serie di sindromi caratterizzate da difetti nello sviluppo embrionale. Il fattore di trascrizione p63, invece, regola lo sviluppo e la proliferazione delle cellule staminali. Alcune sue mutazioni portano a malattie anche molto gravi, tra cui la sindrome di Hay-Wells.

Le radici della sindrome di Hay-Wells risiedono in due domini della proteina p63, del tutto slegati da quelli che, invece, sono collegati ad altre malattie originate da p63. Questi domini sono una piattaforma per interazioni tra proteine. Per molto tempo si è quindi dato per scontato che il problema stesse nella perdita di queste interazioni. In realtà non è così.

Le mutazioni dentro p63 espongono le sequenze di amminoacidi idrofobi e li spingono a legarsi tra loro. In questo modo si forma un grande complesso privo di struttura, che provoca la perdita delle funzioni di p63. Gli aggregati sono simili a quelli che provocano altre malattie, come Parkinson e Alzheimer.

Fonte: goethe-university-frankfurt.de

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Identificata la causa molecolare della Discinesia Ciliare Primaria

I ricercatori della Università di Washington a St. Louis hanno scoperto un fattore molecolare che causa la Discinesia Ciliare Primaria. Chi soffre di questa malattia presenta un’anomalia genetica che provoca il malfunzionamento delle ciglia vibratili della mucosa respiratoria. Fino ad oggi era però poco chiaro in che modo questa anomalia si traducesse nei sintomi della malattia.

Le ciglia vibratili della mucosa respiratoria servono a liberare le vie respiratorie dall’eccesso di muco. In chi soffre di Discinesia Ciliare Primaria, le ciglia non funzionano. Infatti, una mutazione genetica impedisce la corretta produzione delle proteine che formano le ciglia. Sembrerebbe tutto molto semplice, se non fosse che alcune persone presentano degli errori in proteine slegate dalle ciglia. In questi casi, non era chiaro in che modo l’anomalia genetica e le proteine difettose si traducessero nei sintomi.

Secondo lo studio, le tre proteine non funzionanti in apparenza slegate sono in realtà fondamentali. Sono infatti gli elementi che tengono insieme tutto il meccanismo delle ciglia. Quando va tutto bene, formano un’impalcatura sulla quale si installa il motore molecolare delle ciglia. Quando non funzionano loro non funzionano neanche le ciglia, anche se in apparenza va tutto bene.

I ricercatori hanno osservato le ciglia di alcuni pazienti con questo tipo di anomalia. Il malfunzionamento delle tre proteine “impalcatura” rendeva la struttura instabile e ostacolava l’andamento delle ciglia.

Fonte: medicine.wustl.edu

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