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Discinesia Ciliare Primaria: cos’è e quali sono i sintomi

L’espressione Discinesia Ciliare Primaria (DCP) indica un intero gruppo di condizioni patologiche congenite. Sono in gran parte malattie di origine genetiche, caratterizzate da un malfunzionamento delle ciglia della mucosa respiratoria. Questo si traduce nella difficoltà di rimuovere il muco in eccesso nelle vie respiratorie, il che provoca la comparsa di altre patologie.

In generale, la DCP colpisce circa 1 persona ogni 15.000. In Italia ne soffrono circa 4000 persone, anche se in molti casi non è presente una diagnosi chiara. La trasmissione è ereditaria e legata ad una mutazione genetica recessiva, per cui è necessario che entrambi i genitori siano portatori. Ci sono, però, ancora punti poco chiari a riguardo, in gran parte legati al gran numero di proteine collegate.

Ad oggi, sono state identificate circa 250 proteine e mutazioni che potrebbero essere collegate ad un malfunzionamento delle ciglia. Questo spiega perché le manifestazioni cliniche di discinesia ciliare primaria siano tanto eterogenee. Ciononostante, circa il 50% dei casi di discinesia ciliare primaria sono collegati alla cosiddetta sindrome di Kartagener. La sindrome è caratterizzata dalla presenza di sinusite cronica e di bronchiectasie.

Di solito la malattia si manifesta nel periodo neonatale attraverso problemi respiratori e infezioni ricorrenti. Chi ne soffre sviluppa spesso una bronchite cronica, che nel corso degli anni può trasformarsi in bronchiectasie. Sono, inoltre, frequenti sinusite cronica, poliposi nasale e otite. Sintomi comuni sono secrezioni muco-purulente, oltre che ostruzioni nasali.

La diagnosi non è sempre facile. In certe sue manifestazioni, la discinesia ciliare primaria provoca anomalie a livello di visceri, cardiaco e addominale. In questi casi, la diagnosi è di certo più facile. La varietà di manifestazioni cliniche rende però certi casi molto più subdoli e difficili da individuare.

Fonte: dcp-pisa.it

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Progeria o sindrome di Hutchinson-Gilford: cos’è e quali sono i sintomi

La parola progeria viene dal greco “pro” –  “prima” – e “gheron” – “vecchio”. È il nome alternativo della sindrome di Hutchinson-Gilford (HGPS), una malattia genetica rarissima che provoca invecchiamento precoce. Colpisce circa 1 bambino ogni 4-8 milioni di nati e ad oggi ci sono circa 70 bambini malati, di cui 5 in Italia.

La progeria è causata da una mutazione del gene LMNA, produttore della proteina LAMIN-A. È la materia prima della struttura che unisce nucleo cellulare e parte esterna. Quando manca, il nucleo diventa instabile e questo provoca la morte precoce della cellula. Alla lunga, il fenomeno causa l’invecchiamento precoce dell’organismo.

La sindrome di Hutchinson-Gilford si manifesta nei primi mesi di vita. Si manifesta con un indurimento della pelle e la comparsa di un evidente reticolo venoso. Il grasso sottocutaneo è insufficiente e il bambino cresce poco. Intorno ai 18-24 mesi diventano evidenti i primi segni dell’invecchiamento. Chi ne soffre cresce poco, ha la pelle vecchia, perde grasso corporeo e capelli. Mostra inoltre rigidità delle giunture, arteriosclerosi ed è soggetto a malattie cardiovascolari e infarto.

Nonostante sia genetica, la progeria non è ereditaria. Si sospetta che la mutazione avvenga in uno dei due gameti in maniera spontanea, poco prima del concepimento. La sua comparsa non dipende quindi da predisposizioni familiari.

Fonte: progeriaitalia.org

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Sclerosi multipla: il colesterolo ostacola la rigenerazione

La sclerosi multipla (SM) è caratterizzata da un’infiammazione cronica del sistema nervoso centrale. Le cellule immunitarie attaccano lo strato di mielina che copre i nervi, rendendoli vulnerabili. Uno studio del professor Mikael Simons dell’Università Tecnica di Monaco ha svelato perché la mielina non si rigenera. Parte della colpa sarebbe dei cristalli di colesterolo.

La mielina è una membrana arricchita di lipidi, che isola le fibre nervose. Fa così in modo che i segnali elettrici passino in maniera efficiente, arrivando nei muscoli giusti. Quando lo strato di mielina si consuma, i segnali si disperdono e questo provoca una perdita progressiva delle funzioni motorie. In teoria sarebbe possibile rigenerare la mielina, ma il metodo si è dimostrato inadeguato nel caso della sclerosi multipla.

Secondo i test del professor Mikael Simons, parte della colpa della mancata rigenerazione della mielina sarebbe dei cristalli di colesterolo. La mielina contiene molto colesterolo e lo rilascia tutto una volta distrutta. I macrofagi portano via tutti i residui che possono, ma parte del colesterolo si accumula comunque nelle cellule. Si formano così dei cristalli di colesterolo, che provocano una infiammazione persistente che blocca la rigenerazione della mielina.

I test sulle cavie svelano l’importanza dell’età. A seconda dell’età del soggetto, i macrofagi riescono a eliminare una quantità maggiore o minore di colesterolo. Negli animali più vecchi, l’infiammazione risulta più forte e persistente. Ciononostante, eliminare parte del colesterolo con dei farmaci ha comunque aiutato la rigenerazione della mielina.

La scoperta si va ad aggiungere ad alcuni studi precedenti, che analizzavano le modalità di sviluppo della mielina. Il professor Simons e la professoressa Stadelmann avevano scoperto un nuovo tipo di cellule responsabili per la formazione dello strato di mielina. Applicando la nuova scoperta a quella precedente si aprono nuove possibilità terapeutiche contro la sclerosi multipla.

Fonte: medicalxpress.com

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Disturbo bipolare: cos’è e quali sono i sintomi

Il disturbo bipolare, disturbo maniaco-depressivo, bipolarismo, depressione bipolare. Sono tutti i nomi di un disturbo dell’umore che colpisce circa il 3% delle persone. A causa del quadro clinico multiforme è di difficile diagnosi. Spesso si associa con altri disturbi psichiatrici, sintomi psicotici, abuso di sostanze e disturbi della personalità.

Gran parte dei casi di disturbo bipolare non vengono diagnosticati. Il soggetto percepisce le fasi ipomaniacali e maniacali come normali manifestazioni della personalità. Ciononostante, se non diagnosticato può avere gravi ripercussioni sulla vita privata e lavorativa.

In condizioni normale, il cervello si occupa della regolazione dell’umore. Nonostante gli alti e bassi provocati da fattori esterni e ormonali, questi meccanismi mantengono un certo equilibrio di insieme. Un equilibrio che manca in chi soffre di disturbo bipolare, provocando labilità emotiva, lunacità, depressione seguita da eccitamento maniacale. Questo si ripercuote anche sui livelli di energia fisica, sull’efficienza mentale, sul sonno e sull’appetito.

Chi soffre di disturbo bipolare passa da fasi maniacali a fasi depressive anche nell’arco di pochi giorni. Nella fase ipomaniacale e maniacale il soggetto dorme meno, si sente più energico ed euforico. L’autostima cresce e spinge spesso a prendere decisioni avventate e a comportamenti inappropriati. In questa fase la troppa eccitazione spinge ad aprire progetti senza riuscire a chiuderli. Talvolta il fenomeno degenera fino a diventare delirio di onnipotenza e porta anche ad allucinazioni uditive.

La fase depressiva è caratterizzata da tristezza profonda e continua, che si protrae per almeno 14 giorni. Il soggetto ha la sensazione di non amare niente e che la vita non abbia senso. Spesso chi soffre di disturbo bipolare fa fatica a dormire in questa fase. Anche per questo motivo, si sente senza energie e sempre stanco. La fase depressiva è spesso più lunga di quella maniacale e può arrivare anche dopo un periodo di umore stabile.

Il disturbo bipolare di tipo I è caratterizzato dalla presenza di almeno un episodio maniacale nella vita. In questo caso si prescinde dalla presenza o meno di altri episodi ipomaniacali o depressivi. Ciononostante, gli episodi di mania sono molto presenti.

Nel disturbo bipolare di tipo II, si riscontra almeno un episodio di depressione maggiore nell’arco della vita. Questo si accompagna ad almeno un episodio ipomaniacale.

Fonte: studicognitivi.it

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