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Sindrome della Guerra del Golfo: cos’è e quali sono i sintomi

La sindrome della Guerra del Golfo è un insieme di malattie gravi che affliggono quanti hanno combattuto durante la Guerra del Golfo. Include una vasta gamma di patologie, con sintomi anche molto diversi tra loro. Questi comprendono stanchezza, mal di testa, dolori articolari, difficoltà a digerire, insonnia, problemi di memoria. Si calcola che quasi 1 veterano su 4 ne soffra.

La diagnosi di sindrome della Guerra del Golfo avviene quando i sintomi si manifestano per 6 mesi o più. È inoltre necessario che provochino una disabilità del 10% o maggiore. Criteri fumosi, dovuti alla scarsa conoscenza che si ha di questo insieme di disturbi.

Si pensa che la sindrome sia causata dall’esposizione a sostanze chimiche tossiche. La teoria è supportata da una serie di trial clinici. In uno di questi, i medici hanno somministrato alte dosi di Coenzima Q. Quasi l’80% dei soggetti ha mostrato un netto miglioramento di buona parte dei sintomi. Il miglioramento è stato accompagnato da un aumento dell’attività dei mitocondri.

È probabile che la sindrome della Guerra del Golfo sia legata a un malfunzionamento dei mitocondri. Alcuni ipotizzano che ci possa essere anche una predisposizione genetica. Secondo questi medici, in alcuni soggetti il processo di detossificazione cellulare sarebbe più lento. Ciò faciliterebbe l’accumulo di sostanze tossiche nel corso del tempo.

Il trattamento della sindrome della Guerra del Golfo è in gran parte sintomatico, anche se alcuni studi mirano a colpire le cause profonde. Si è dimostrata molto utile anche la terapia cognitiva-comportamentale, per aiutare i soldati a recuperare parte dell’equilibrio psicologico. Alcuni ricercatori si sono invece concentrati sull’insulina intranasale, per ridurre l’infiammazione neurale. Questo genere di infiammazione è infatti legata all’esposizione agli agenti chimici.

Fonte: news-medical.net

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Vita più lunga e sana per i bambini con la SMA

Il farmaco nusinersen potrebbe allungare la vita dei bambini affetti dalle forme più gravi di atrofia muscolare spinale (SMA). Il trattamento migliora le funzioni motorie e aumenta del 47% le probabilità di sopravvivere senza supporti di ventilazione artificiale. È quanto emerge da uno studio guidato dal dottor Richard S. Finkel, del Nemours Children's Hospital.

Il nusinersen è stato da poco approvato negli Stati Uniti, in Giappone e in Italia. Una notizia determinante per i bambini affetti da SMA di Tipo 1. Chi soffre di questa forma della malattia, infatti, ha funzioni motorie limitatissime e tende a vivere molto poco. Lo studio in questione prova però l’efficacia del farmaco anche su questi soggetti.

Il trattamento con il nusinersen modifica il gene SMN2 mediante un oligonucleotide antisenso, un frammento di DNA sintetico. I medici lo iniettano direttamente nel midollo spinale. Le cellule nervose assorbono il DNA e aumentano la produzione della proteina assente nei malati di SMA. Il processo stimola lo sviluppo dei motoneuroni e migliora le funzioni motorie.

Lo studio ha coinvolto 121 neonati affetti da SMA di Tipo 1. Metà di loro hanno ricevuto il farmaco, gli altri hanno fatto da gruppo di controllo con un placebo. Dopo 13 mesi, il 41% di coloro che avevano ricevuto il nusinersen mostravano miglioramenti nelle funzioni motorie. Molti di loro hanno cominciato a calciare, muovere la testa, sedersi e alzarsi in piedi. Miglioramenti assenti nei bambini del gruppo di controllo.

Tutti i partecipanti alla prima fase sono stati coinvolti in una seconda fase. Lo scopo del nuovo studio sarà analizzare gli effetti de farmaco sul lungo periodo.

Fonte: nemours.org

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SMA: approvato in Italia il farmaco nusinersen

L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha approvato il nusinersen, il nuovo farmaco per il trattamento della Atrofia Muscolare spinale (SMA). Fino ad oggi nusinersen era disponibile solo negli Stati Uniti, in Giappone e in pochi stati europei. Era stato distribuito in Italia solo come trattamento compassionevole a 130 bambini affetti da SMA di Tipo 1.

Gli studi clinici hanno evidenziato un aumento del tasso di sopravvivenza dei bambini sottoposti al trattamento. I medici hanno inoltre registrato un miglioramento nelle funzioni motorie. I miglioramenti sono stati tanto evidenti da spingere gli studiosi a interrompere i test prima del tempo. In questo modo è stato possibile fornire il farmaco anche ai bambini del gruppo di controllo.

L’AIFA ha fatto ricorso a un percorso di approvazione accelerata per il nusinersen. Il percorso si applica ai farmaci necessari per malattie gravi o mortali, oltre che per quelle del tutto prive di cura. Grazie a questo, il farmaco sarà disponibile per tutti i pazienti affetti da SMA in tempi brevissimi. Si aprono così le porte a un nuovo standard per i percorsi terapeutici futuri.

L’introduzione del nusinersen nel mercato italiano renderà necessario investire nella formazione di nuovi operatori del settore. Sarà particolarmente importante la gestione dei pazienti presintomatici, nei quali il farmaco potrebbe ridurre la comparsa dei sintomi in maniera drastica.

Fonte: ansa.it

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Ringiovanite le cellule dei bambini affetti da progeria

Un team texano dello Houston Methodist Research Institute ha scoperto come ringiovanire le cellule dei bambini affetti da progeria. La nuova tecnica potrebbe invertire l’avanzamento della malattia, che provoca invecchiamento e morte prematura.

La progeria è una malattia genetica rara, di cui a oggi soffrono circa 250 persone nel mondo. I soggetti sono tutti molto giovani, poiché muoiono di vecchiaia entro la fine dell’adolescenza. La chiave dell’invecchiamento precoce che colpisce i soggetti pare essere una mutazione del gene LMNA. La variante non è quasi mai ereditaria e sorge spontaneamente per cause sconosciute.

Il Dr. John Cooke e i colleghi hanno studiato le cellule dei bambini affetti da progeria. L’intento era trovare un modo per rallentarne l’invecchiamento e consentire ai bambini di raggiungere l’età adulta. Per prima cosa hanno tentato di riparare il gene difettoso, ma i risultati sono stati poco soddisfacenti. Hanno quindi tentato con un approccio diverso e si sono focalizzati sui telomeri.

I telomeri sono delle strutture proteiche situate alle estremità dei cromosomi. Hanno il compito di proteggere il genoma dall’usura e si accorciano con l’età. Ad ogni divisione cellulare, un pezzo di telomero si perde. Una volta che i telomeri diventano troppo corti, la cellula muore e smette di dividersi. I soggetti con telomeri molto corti sono quindi più a rischio di malattie e tendono a vivere di meno.

Gli scienziati hanno scoperto che le cellule dei bambini affetti da progeria hanno telomeri cortissimi. Hanno quindi provato ad allungarne i telomeri, così da migliorare la funzione di queste cellule e la loro capacità di dividersi. Hanno introdotto piccole molecole dentro le cellule per alterarne l’espressione genica. In questo modo le hanno stimolate a produrre la proteina necessaria per allungare i telomeri.

Nel giro di pochi giorni, le cellule sono cambiate in maniera radicale. La loro aspettativa di vita si è allungata e le funzioni sono migliorate. Hanno cominciato a dividersi in maniera più normale e molti degli effetti dell’invecchiamento sono spariti. È ancora presto per parlare di una cura per la progeria, ma la scoperta potrebbe portare a una nuova terapia nel giro di pochi anni.

Fonte: medicalnewstoday.com

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