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Aurora magazine

Difetti del tubo neurale: cosa sono e come si manifestano

Sotto l’espressione “difetti del tubo neurale” rientra una vasta gamma di malformazioni congenite. Tutte hanno in comune la comparsa precoce, entro i 28 giorni dal concepimento. La causa sta in difetti di vario genere nella chiusura del sistema nervoso centrale e delle strutture ad esso connesse.

In Italia, i difetti del tubo neurale colpiscono circa 1 bambino ogni 1500 nuovi nati. I difetti del tubo neurale possono essere “aperti” o “chiusi”, a seconda che ci sia un deficit o un eccesso di tessuti. I secondi sono più difficili da individuare e spesso anche meno gravi. Provocano comunque alterazioni dell’apparato urinario e spesso difficoltà a muoversi e camminare.

La forma più comune di difetto del tubo neurale è la spina bifida. Si tratta di un difetto “aperto”, nel quale il tessuto nervoso di midollo spinale e meningi rimane scoperto. Ciò provoca una serie di sintomi molto gravi, tra cui paralisi degli arti inferiori, ritardo psicomotorio, deformazioni dello scheletro.

Le cause dei difetti del tubo neurale sono sia ambientali sia genetiche. Il fattore di rischio più conosciuto e anche più facile da prevenire è la carenza di acido folico. Contribuiscono anche l’assunzione di alcuni farmaci antiepilettici, il diabete, l’anemia e l’esposizione ad alcune sostanze tossiche. Quest’ultimo fattore è comune soprattutto in alcuni paesi in via di sviluppo.

I comuni test di screening prenatale sono in grado di individuare alcuni difetti del tubo neurale. Ad esempio, l’ecografia può individuare la spina bifida già alla 14a settimana di gestazione. Per i difetti chiusi, invece, spesso vengono individuati dopo la nascita e talvolta anche dopo mesi o anni. In questo caso, la diagnosi avviene mediante osservazione clinica e risonanza magnetica.

Per il momento non esistono terapie risolutive per i difetti del tubo neurale. È in via di sviluppo una tecnica per correggere la spina bifida in utero, ma è ancora in fase di sperimentazione. Nella prassi quotidiana, si procede chirurgicamente per riparare le lesioni ed eventuali anomalie dell’apparato urinario.

Fonte: telethon.it

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Malattia di Von Recklinghausen: cos’è e quali sono i sintomi

La malattia di Von Recklinghausen, detta anche neurofibromatosi di tipo 1 (NF1), è una malattia genetica ereditaria. Colpisce ossa, pelle e sistema nervoso, manifestandosi con formazioni tumorali su tutto il corpo.

La diagnosi della malattia si basa su una serie di segni clinici inequivocabili, sia a livello fisico che a livello neurologico.

  • Lesioni cerebrali. Oltre metà dei pazienti mostra anomalie nel cervello, nelle orbite o in entrambi. La causa sono i neurofibromi propri della malattia e da cui deriva il suo nome scientifico. Colpiscono spesso il nervo ottico e la parenchima. Il glioma ottico bilaterale, ad esempio, è una delle possibili conseguenze della malattia di Von Recklinghausen.
  • Macchie. Un altro sintomo tipico sono anche le macchie marrone chiaro, che devono essere più di sei e larghe almeno 5 mm. Dopo la pubertà tendono a diventare più grandi, numerose e scure.
  • Lentiggini. Chi soffre di malattia di Von Recklinghausen mostra lentiggini multiple nella zona delle ascelle e nell’inguine.

Tra le possibili complicazioni legate alla malattia ci sono anche tumori al palato o alla lingua e deformazioni scheletriche. Inoltre, alcuni pazienti affetti da mosaicismo manifestano i sintomi solo su un segmento del corpo.

La neurofibromatosi di tipo 1 è causata da anomalie genetiche ereditarie in circa il 50% dei casi. In questi casi, la diagnosi avviene mediante anamnesi e osservazione dei sintomi. Nell’altra metà dei casi, ci si basa sui sintomi clinici. Per i casi più ambigui, si ricorre al test genetico.

Fonte: news-medical.net

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Mosaicismo: cos’è e cosa provoca

Si parla di mosaicismo quando una stessa persona ha dentro di sé cellule con un patrimonio genetico diverso. È quindi possibile che avere una parte di cellule sane e una parte di cellule affette da anomalie cromosomica. A seconda dei casi, la condizione può colpire anche tipi particolari di cellule, come quelle di sangue, pelle e gameti.

Alla base del mosaicismo c’è un errore nella divisione cellulare durante lo sviluppo embrionale. Se le cellule affette dall’anomalia sono poche, è possibile che gli effetti sull’individuo siano limitati. Qualora fossero la maggioranza, diventa molto più probabile che si manifestino delle patologie. Ad esempio, è possibile avere sindrome di Down, di Klinefelter e di Turner da mosaico.

L’unico metodo per avere una diagnosi sicura del mosaicismo sono i test genetici e i test di screening prenatale. Si analizzano le cellule del feto e si verifica l’eventuale presenza di cellule con anomalie cromosomiche. In caso di esito positivo, si prosegue con ulteriori test genetici. In questo modo si fa una stima del numero di cellule anomale e, di conseguenza, della gravità del mosaicismo.

Gli effetti del mosaicismo variano molto in base alla gravità e alle cellule interessate. In generale, è difficile prevedere con sicurezza gli effetti di una condizione del genere. Un’anomalia cromosomica presente nella maggior parte delle cellule è quasi equivalente a un’anomalia presente nel 100% delle cellule. Una bassa percentuale di cellule anomale può non avere conseguenze sull’individuo, ma avere ripercussioni sulla sua prole. Gli attuali test genetici e test del DNA fetale possono svelare questa possibilità per tempo.

Fonte: nytimes.com

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La MRI svela nuovi particolari sulla sindrome dell’X fragile

L’imaging a risonanza magnetica (MRI) ha svelato nuovi particolari sulla sindrome dell’X fragile. La materia bianca dei bambini che ne soffrono è meno sviluppata rispetto alla media. Il prossimo passo sarà studiare la materia bianca da diverse angolazioni, per concentrarsi sui circuiti cerebrali coinvolti nella comunicazione tra neuroni.

Lo studio dei ricercatori della UNC School of Medicine ha mostrato che le differenze cerebrali precedono di molto la diagnosi della malattia. Di solito la sindrome dell’X fragile è individuata intorno ai 3 anni, se non dopo. I danni al cervello sono però molto più precoci. Con le giuste analisi, quindi, sarebbe possibile diagnosticare la malattia molto prima. Eviterebbe inoltre le tante diagnosi sbagliate legate alla malattia.

Purtroppo in questo caso diagnosi precoce non è sinonimo di trattamento precoce. Per il momento non esistono trattamenti per la sindrome dell’X fragile. La scoperta potrebbe però facilitare la ricerca. Le differenze rilevate nella materia bianca, infatti, potrebbero diventare la base per nuovi studi.

Lo studio ha coinvolto 27 bambini con la sindrome dell’X fragile e 73 bambini sani. I ricercatori hanno raccolto immagini effettuate con la risonanza magnetica. In particolare, si sono concentrati su 19 fasci di assoni mielinici, ovvero i bracci più lunghi dei neuroni. Questi connettono le varie parti del cervello tra loro, permettendo una comunicazione rapida tra i neuroni. Un buon collegamento tra neuroni è essenziale per il corretto funzionamento del cervello, specie nell’età dello sviluppo.

I bambini affetti dalla sindrome hanno mostrato anomalie nello sviluppo dei fasci 12 e 19 a partire dai 6 mesi di vita. Questi neonati avevano fibre molto meno sviluppate in vari tratti del cervello, benché i sintomi non fossero ancora evidenti.

Le immagini a risonanza magnetica hanno confermato osservazioni precedenti fatte sui topi. In particolare, è emerso come l’espressione dell’X fragile impatti sullo sviluppo fin dall’inizio. Una rivelazione promettente, che potrebbe facilitare la scoperta di nuovi trattamenti precoci.

Fonte: med.unc.edu

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