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Aurora magazine

Test multigenico predice il rischio di malattie cardiache

I ricercatori del Quebec Heart and Lung Institute hanno elaborato un test multigenico in grado di predire il rischio di malattie cardiache. Il nuovo test è risultato molto più affidabile di quelli precedenti, basati sulla ricerca di singoli difetti genetici. Bisognerebbe quindi aggiungere un punteggio poligenico di rischio ai test tradizionali, specie per coloro che soffrono di malattie coronariche.

La disfunzione dell'arteria coronaria è la forma più comune di malattia cardiaca. In alcuni casi basta una vita sana per ridurre il rischio di contrarla. Purtroppo alcuni soggetti soffrono di una forma genetica di ipercolesterolemia, che aumenta le probabilità di malattie cardiache precoci. In questi casi la diagnosi precoce sarebbe fondamentale, il che non è sempre possibile. Molti pazienti non presentano un singolo difetto genetico, ma una serie di anomalie che interagiscono tra loro.

Gli autori dello studio hanno analizzato il rapporto tra anomalie genetiche multiple e malattie cardiache. Il punteggio poligenico di rischio ha predetto un alto rischio di malattia cardiaca in 1 individuo su 53. Combinando il risultato con i test genetici per l’ipercolesterolemia, si potrebbe aumentare di cinque volte il numero di diagnosi precoci.

I ricercatori hanno sviluppato il test multigenico a partire da 182 anomalie genetiche già collegate a disfunzione dell'arteria coronaria. Hanno quindi comparato il punteggio poligenico di rischio di pazienti cardiopaci e persone sane. Nessuno dei pazienti mostrava il difetto genetico tipico dell’ipercolesterolemia.

Fonte: eurekalert.org

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Malattia renale cronica: cos’è e quali sono le cause

Con malattia renale cronica si intende la progressiva riduzione della capacità dei reni di filtrare le scorie. È la progressione della lesione renale acuta. La malattia diventa cronica quando il rene non recupera le proprie funzioni neanche dopo il trattamento.

In generale, tutte le malattie che possono provocare l’insufficienza renale acuta sono possibili cause, specie se non trattate. Il più delle volte, però, la malattia renale cronica è causata da diabete e ipertensione. Entrambe le malattie danneggiano i vasi renali, provocando la progressiva degenerazione dei tessuti.

La malattia è legata anche a ostruzioni delle vie urinarie e ad alterazioni dell’organo. Un esempio sono la malattia renale policistica e la glomerulonefrite. Può essere provocata anche da patologie autoimmuni come il lupus, in cui gli anticorpi attaccano i vasi sanguigni dei reni. Quale che sia la causa, le conseguenze della malattia renale cronica si ripercuotono su tutto l’organismo.

Il cattivo funzionamento dei reni impedisce all’organismo di eliminare gli acidi che produce. Questo aumenta l’acidità del sangue e provoca l’accumulo di scorie, che possono danneggiare il cervello. Inoltre, si verifica un rallentamento nella produzione di globuli rossi, con conseguente anemia.

Per la diagnosi di malattia renale cronica si ricorrono ad analisi delle urine ed ecografie. L’insufficienza renale provoca un aumento nei livelli delle proteine e delle cellule patologiche. L’ecografia serve invece per individuare eventuali ostruzioni e per controllare la dimensione dei reni. Qualora questi si presentassero piccoli e con tessuto cicatriziale, allora la malattia sarebbe cronica.

Il trattamento comprende una modifica degli stili di vita, così da evitare ulteriori peggioramenti. Si ricorre inoltre a farmaci e, nei casi più avanzati, alla dialisi.

Fonte: msdmanuals.com

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Un paio di ali nuove per i bambini farfalla

L’epidermolisi bollosa è una malattia genetica rara che provoca la formazione di bolle e lesioni sulla pelle. Basta un trauma minimo per innescare il processo, rendendo impossibile condurre una vita normale. È per questo che i piccoli che ne soffrono vengono chiamati “bambini farfalla”: perché la loro pelle è fragile come le ali delle farfalle. Oggi però c’è una nuova speranza.

Per la prima volta un bambino farfalla sta bene: a due anni dalla fine dei trattamenti, il piccolo Hassan può vivere una vita normale. La notizia è stata annunciata in un articolo della rivista medica Nature. Il merito è di una serie di interventi condotti dai medici dell'Università di Modena e Reggio Emilia, che hanno operato all’interno di un’equipe europea.

A giugno 2015 Hassan arriva nell’ospedale pediatrico di Bochum, in Germania. Ha 7 anni e soffre di epidermolisi bollosa giunzionale. È una delle forme più gravi della malattia: nel 40% dei casi uccide prima dell’adolescenza. Pare non esserci speranza per il bambino, ma i medici propongono una procedura sperimentale ai genitori. Si tratta di una combinazione tra terapia genica e cellule staminali, elaborata da un team italiano.

La malattia è provocata da una versione difettosa del gene LAMB3. I medici usano le cellule staminali del bambino per veicolare il gene corretto nel genoma, affinché prenda il posto di quello difettoso. In questo modo ottengono dei fazzoletti di pelle transgenica sana, che trapiantano poco a poco sul bambino. A due anni dall’ultimo intervento, è ufficiale: la terapia ha funzionato e Hassan sta bene.

Il caso del piccolo Hassan ha anche svelato alcuni punti oscuri della rigenerazione dei tessuti. Si sapeva già che la pelle si rinnova del tutto una volta al mese. Non si sapeva che cosa guidi la rigenerazione. È emerso che alla base di tutto stanno poche cellule staminali di lunga durata. Le cellule si rinnovano di continuo, creando nuove cellule sane per sostituire quelle morte. La scoperta faciliterà l’elaborazione di nuovi trattamenti per tante altre malattie oggi incurabili.

Fonte: lescienze.it

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Sindrome da Guerra del Golfo: è colpa dei mitocondri

Si definisce sindrome da Guerra del Golfo un insieme di patologie che hanno colpito i veterani dell’omonimo conflitto. Sono malattie che colpiscono in prevalenza il sistema muscolare e nervoso, la cui causa era ancora indefinita. Un team di ricercatori americani ha scoperto che la causa sta in alcune disfunzioni dei mitocondri.

Gli scienziati hanno analizzato il DNA di 28 veterani che hanno preso parte al conflitto. In particolare, hanno preso in esame il grado di lesioni e il numero di copie del DNA mitocondriale. In questo modo hanno misurato il grado di danneggiamento dei mitocondri. Dopodiché hanno confrontato i risultati con quelli ottenuti da un gruppo di controllo.

Il materiale genetico mitocondriale dei veterani era il 20% più danneggiato di quello del gruppo di controllo. Secondo i ricercatori, questa potrebbe essere la causa di molte malattie che hanno colpito questi uomini. I mitocondri sono infatti gli organelli che producono l’ATP, una molecola chiave nella gestione dell’energia all’interno delle cellule.

Durante la Guerra del Golfo, i soldati sono stati esposti a molte sostanze tossiche come carbammati e organofosfati. Entrambe le sostanze interagiscono con i mitocondri, ostacolando il trasferimento degli elettroni lungo la catena di sintesi dell’ATP. Ciò provoca l’aumento dei radicali liberi, con conseguente stress ossidativo e danni sia per i tessuti sia per i mitocondri stessi.

Fonte: corriere.it

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