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Aurora magazine

Sequenziamento genetico per affrontare il cancro ai polmoni

In caso di cancro ai polmoni con metastasi, i test genetico sono ormai una pratica standard. Aiutano infatti a individuare il trattamento più efficace senza pericolose perdite di tempo. I test standard esaminano geni singoli noti per il loro ruolo nella comparsa del tumore. Secondo un nuovo studio, però, il sequenziamento genetico di nuova generazione (NGS) potrebbe essere più efficace.

Lo studio è partito da un modello basato su casi e pazienti ipotetici, 2221 in tutto. Questo è un grosso limite, dato che i ricercatori sono partiti da molte assunzioni non verificabili. I risultati necessiteranno quindi di ulteriori conferme. Ciononostante, i primi risultati hanno confermato la maggiore affidabilità del sequenziamento di nuova generazione. Il metodo sarebbe infatti più veloce, con una percentuale più alta di alterazioni identificate e anche meno costoso.

I test genetici standard si concentrano su un numero limitato di geni analizzati singolarmente. C’è però un problema: il numero dei geni coinvolti nell’insorgere del tumore è in crescita. Le terapie standard approvate dalla US Food and Drug Administration interessano solo quattro di questi geni. Individuare anche gli altri geni e colpirli con trattamenti ad hoc potrebbe quindi migliorare di molto i trattamenti attuali.

Gli autori dello studio sottolineano come test genetici più ampi potrebbero cambiare radicalmente alcuni trattamenti. Ad esempio, un test tradizionale potrebbe individuare una mutazione del gene EGFR, legato al cancro ai polmoni con metastasi. Il sequenziamento di nuova generazione potrebbe svelare la presenza anche di una mutazione di KRAS. Questa mutazione rende i tumori resistenti ai farmaci usati in caso di anomalia nel gene EGFR. Di conseguenza, il test genetico più ampio eviterebbe un trattamento inutile al paziente.

Fonte: medscape.com

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Sindrome di Ehlers-Danlos: cos’è e quali sono i sintomi

La sindrome di Ehlers-Danlos è una malattia genetica rara che colpisce il tessuto connettivo. Non si conoscono i suoi numeri esatti, ma si stima che colpisca circa 1 individuo ogni 5.000/20.000, soprattutto donne. Purtroppo la variabilità clinica porta spesso a sottovalutarla e rende la diagnosi più difficile.

La comparsa della sindrome può avvenire a qualunque età. Nei bambini piccoli è più difficile da diagnosticare, poiché la lassità articolare è piuttosto normale fino a una certa età. Uno dei principali sintomi della sindrome di Ehlers-Danlos è infatti un’eccessiva lassità delle articolazioni. Ciò rende la persona più vulnerabile a lussazioni e sublussazioni.

Diversi pazienti manifestano anche cute morbida e ipersensibile, con una tendenza marcata alla ecchimosi. La malattia interessa inoltre anche l’apparato gastrointestinale, provocando disturbi intestinali di vario tipo. Tra le possibili complicazioni legate alla sindrome ci sono dolore cronico, affaticamento, osteoporosi precoce e problemi cardiovascolari.

I genitori di chi ne soffre mostrano spesso una versione lieve dei sintomi. Ciononostante, ad oggi non conosciamo le cause esatte della malattia. Si pensa all'aploinsufficienza della tenascina X, una proteina codificata dal gene TNXB. Anche questo contribuisce a rendere la diagnosi difficile.

Gran parte delle diagnosi si basano sull’osservazione clinica e sulla storia familiare. I medici si concentrano in particolare sull’iperlassità articolare, sulla cute iperestensibile e su un’instabilità articolare ricorrente in famiglia. Per il momento non esistono test di diagnosi prenatale per la sindrome di Ehlers-Danlos.

Purtroppo non esiste una terapia risolutiva per questa malattia, né trattamenti specifici. L’approccio più diffuso è il trattamento dei sintomi mediante terapie personalizzate. Fisioterapia e riabilitazione possono aiutare a contenere i sintomi e sono spesso accompagnati ad antidolorifici.

Fonte: orpha.net

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Test BRCA anche per gli uomini?

Il tumore alla mammella è molto raro negli uomini, ma è comunque un evento possibile. Solo 1 caso su 100 di cancro al seno colpisce l’uomo, spesso con esiti molto più gravi che nella donna. Se ormai le donne hanno imparato a giostrarsi tra mammografie e autopalpazioni, infatti, ciò non vale per gli uomini. Il più delle volte la malattia rimane non diagnosticata fin quando non è già tardi.

Per gli uomini l’eventualità di ammalarsi di tumore alla mammella rimane remota. Ciononostante, il test genetico per individuare le mutazioni di BRCA potrebbe essere utile anche per loro. Qualora ci siano stati casi di cancro al seno e alle ovaie in famiglia, ad esempio, potrebbero essere anche loro portatori della mutazione responsabile. È quanto sostiene la dottoressa Laura Ottini della Sapienza di Roma.

Ogni anno sono 500 i casi in Italia di carcinoma mammario maschile. Secondo due studi, circa il 15% di questi è causato da mutazioni ereditarie. Ecco perché i test genetici non dovrebbero essere un’esclusiva femminile. Per riempire questa lacuna, i due team hanno rilevato dei geni collegati al tumore alla mammella nell’uomo. Hanno quindi calcolato un indice di rischio per gli uomini che risultano portatori delle mutazioni.

In caso di esito positivo del test genetico, la prevenzione è piuttosto facile. Di solito il carcinoma mammario maschile compare dopo i 60-70 anni e sarebbe relativamente facile da diagnosticare. Basta eseguire con regolarità l’autopalpazione, proprio come le donne. A questo punto individuare un nodulo o qualcosa di strano è semplice, data la conformazione delle mammelle maschili.

Fonte: corriere.it

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Displasia ectodermica ipoidrotica: cos’è e come si manifesta

La displasia ectodermica ipoidrotica (HED) è una malattia genetica rara con una prevalenza di circa 1/15.000-17.000. Interessa lo sviluppo ectodermico e provoca malformazioni a cute, capelli, denti e ghiandole sudoripare.

Esistono tre varianti di HED, quasi impossibili da distinguere clinicamente e tutte caratterizzate da un disturbo della sudorazione.

  • Sindrome di Christ-Siemens-Touraine. Comprende l’80% dei casi ed è legata al cromosoma X. Colpisce solo i nati maschi.
  • HED autosomica recessiva (AR);
  • HED autosomica dominante (AD).

Il sintomo caratterizzante della displasia ectodermica ipoidrotica è l’assenza di ghiandole sudoripare. Ciò provoca una sudorazione molto ridotta se non del tutto assente, che porta a episodi ricorrenti di ipertermia. L’organismo non è in grado di regolare la propria temperatura, il che rende il soggetto intollerante al calore. Alcuni episodi di ipertermia possono essere perfino letali.

Gli altri sintomi della HED sono i capelli radi o assenti, la mancanza di denti e la cute sottile. Inoltre molti pazienti presentano congiuntivite cronica, causata dalla lacrimazione ridotta. Altri sintomi sono la secchezza nasofaringea e una serie di episodi simil-asmatici. Chi soffre della malattia ha spesso fronte bombata, ciglia e sopracciglia sottili, rughe intorno agli occhi.

La malattia è provocata da mutazioni dei geni responsabili per l’ectodisplasina/NF-κB. Nel caso della CST, il gene colpito è quello che codifica per la proteina ectodisplasina-A. Le altre due forse possono essere causate anche da anomalie nel gene che codifica per la proteina del dominio di morte associato a EDAR (EDARADD).

I trattamenti attuali sono soprattutto sintomatici. La moderna odontoiatria aiuta a recuperare la funzione dei denti, migliorandone anche l’aspetto. Per quanto riguarda l’assenza di sudorazione, chi soffre di HED deve evitare l’esposizione prolungata a fonti di calore. Nel caso di bambini molto piccoli, i medici consigliano l’uso di indumenti umidi. Questi accorgimenti garantiscono un’aspettativa di vita normale.

Fonte: orpha.net

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