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Aurora magazine

La lotta alla displasia ectodermica ipoidrotica comincia in utero

Un team di ricercatori ha eseguito un trattamento contro la displasia ectodermica ipoidrotica in utero. Lo rivela uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine.

La procedura potrebbe migliorare in maniera significativa la vita di chi ha ereditato questa rara malattia genetica. Trattare la malattia ancora in utero, infatti, consentirebbe di affrontare i sintomi ancora prima che questi si presentino. Un vantaggio notevole non solo nella lotta alla displasia ectodermica ipoidrotica, ma anche ad altre malattie. Secondo la dottoressa Maisa Feghali, ci sono moltissime malattie congenite che beneficerebbero di un approccio del genere.

I dati del National Institutes of Health riportano che nel mondo 1 persona su 17.000 soffre di displasia ectodermica ipoidrotica (HED). Chi ne soffre non riesce a produrre la proteina ectodisplasina A. Ciò provoca caduta di denti e capelli, mancata produzione di sudore e quindi propensione ai colpi di calore. Si tratta di una malattia non letale, ma che intacca in maniera importante la qualità della vita.

Gli autori dello studio hanno effettuato una serie di test preliminari su modelli animali. Dopo questi primi successi, sono passati ai trial clinici sugli esseri umani. Per il momento, hanno testato la procedura su una coppia di gemelli e su un terzo bambino. In tutti e tre i casi, i test di screening prenatali avevano rivela la presenza della malattia.

I gemelli hanno ricevuto il trattamento due volte, alla 26a settimana e alla 31a settimana di gestazione. Il terzo bambino l’ha ricevuto solo alla 26a settimana. I medici sospettano che la procedura possa aver anticipato il travaglio dei gemelli, che sono nati prematuri alla 33a settimana. In compenso, il trattamento in utero pare aver dato i suoi frutti in tutti e tre i casi. A 22 settimane dal parto, nessuno dei tre bambini ha manifestato i sintomi tipici della displasia ectodermica ipoidrotica.

Il trattamento punta sull’influenzare lo sviluppo delle ghiandole sudorifere già nell’utero. In teoria, in questo modo si correggerebbe l’errore prima ancora che si manifesti. Solo il tempo, però, saprà dire se il trattamento è stato risolutivo.

Fonte: the-scientist.com