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Aurora magazine

Cancellata l’anemia mediterranea da un embrione umano

I ricercatori cinesi hanno guarito un embrione umano affetto da anemia mediterranea. Grazie a una tecnica di editing genetico figlia della CRISPR, hanno corretto il DNA e hanno eliminato l’anomalia genetica. In futuro, la tecnica potrebbe consentire di correggere numerose malattie ereditarie. Per il momento, però, gli embrioni non sono stati impiantati e ci vorrà del tempo prima che la tecnica sia applicata.

Il professor David Liu è uno dei pionieri della CRISPR e l’autore principale dello studio. Grazie ai tessuti di un paziente affetto da anemia mediterranea, i ricercatori hanno ottenuto degli embrioni malati. Hanno quindi usato lo screening genetico per individuare la mutazione causa della malattia. Una volta trovata, hanno corretto la base genetica e hanno così eliminato la malattia. Gli embrioni guariti non sono stati impiantati.

La svolta cinese comporta una serie di controverse implicazioni etiche. Ci si chiede perché i ricercatori non abbiano svolto più test su modelli animali, prima di passare agli embrioni umani. È inoltre innegabile che le norme europee e statunitensi non avrebbero mai consentito un intervento del genere. Non in questi modi e in questi tempi, quanto meno.

Molti esperti temono una deriva eugenetica della tecnica, che potrebbe essere usata per disegnare l’essere umano perfetto. Al di là di quello, modificare il DNA dell’embrione potrebbe provocare anomalie impreviste ed ereditabili. Nonostante la tecnica usata sia più sicura della normale CRISPR, il rischio è comunque presente.

Fonte: repubblica.it

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HIV: modifica il genoma dell’ospite per sopravvivere

Il virus HIV altera il genoma delle cellule ospiti per ritagliarsi un rifugio sicuro e sopravvivere. In particolare, altera alcune cellule del sistema immunitario in modo da farle agire in suo favore. La scoperta è frutto della collaborazione di più team di ricerca. Hanno collaborato i ricercatori dell’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica (SR-Tiget), dell’Unità di Immunopatogenesi dell’AIDS e dell’Unità di Malattie infettive dell’IRCCS Ospedale San Raffaele.

Il virus HIV si diffonde nell’organismo attaccando le cellule del sistema immunitario. Rimuove il DNA originale e vi impianta il proprio, in modo da riprodursi. Gli scienziati hanno svelato alcuni nuovi particolari legati a questo fenomeno. Il virus infetta i linfociti T regolatori e inserisce il proprio genoma accanto ai geni STAT5B e BACH2, attivandoli. I geni regolano la proliferazione dei linfociti T.

I linfociti T regolatori modulano la risposta immunitaria dell’organismo, accendendola e spegnendola a seconda delle esigenze. Secondo i ricercatori, il virus HIV potrebbe modificarli in modo da proteggerlo. In questo modo eviterebbe che gli altri linfociti lo attacchino e ne blocchino l’azione.

Fonte: healthdesk.it

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Nuovi marker per le forme più gravi di sclerosi multipla

Gli scienziati delle Università di Yale, dell’Oregon e della California hanno scoperto nuovi marker per le forme più gravi di sclerosi multipla. Sono due citochine collegate tra loro, che potrebbero spiegare perché alcune persone sviluppano la forma più violenta della malattia. Se l’intuizione si rivelasse esatta, potrebbe migliorare la diagnosi e il trattamento della malattia.

La citochina chiamata “fattore inibitore della migrazione dei macrofagi” è associata alla proteina D-DT. Queste citochine aumentano l’infiammazione nel sistema nervoso centrale, stimolando il progredire della malattia. I ricercatori hanno scoperto che sono collegate all’espressione di MIF, una variante genetica frequente in chi soffre delle forme più gravi di sclerosi multipla.

Secondo lo studio, uno screening genetico consentirebbe di identificare la variante genetica MIF. In questo modo sarebbe possibile individuare i soggetti più a rischio, con tutti i vantaggi di una diagnosi precoce. La scoperta apre inoltre le porte a trattamenti più mirati, pensati per agire nello specifico su chi soffre delle forme più acute di sclerosi. Basterebbe un semplice test genetico per ottimizzare le cure con farmaci ad hoc, facendo risparmiare tempo e denaro.

Gli scienziati devono la scoperta alle osservazioni cliniche fatte su pazienti affetti da sclerosi multipla. A queste hanno affiancato le analisi immunologiche e genetiche di campioni di tessuti prelevati da loro. Hanno inoltre usato i dati per sostenere l’efficacia di un farmaco sviluppato in precedenza, che era stato testato solo su modelli animali.

Fonte: yale.edu

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Scoperta nuova mutazione genetica in un paziente di Parkinson

I ricercatori  Eduardo Tolosa e Dolores Vilas hanno trovato una nuova mutazione ricollegabile al Parkinson. La scoperta è stata fatta nel corso di uno studio su 62 pazienti affetti da Parkinson, tenuto sull’isola di Minorca. Per il momento hanno individuato la mutazione su un solo paziente, un uomo di 74 anni.

Gli studiosi stanno ancora cercando tutte le cause genetiche del Parkinson. Fino ad oggi avevano individuato cinque possibili locazioni genetiche coinvolte nello sviluppo della malattia. Ciononostante, nel caso del ACMSD non avevano ancora trovato nessuna mutazione legata alla malattia. Il primo caso è stato quello individuato dai ricercatori spagnoli. Secondo i due, si tratterebbe di una variante rara che aumenterebbe il rischio di sviluppare il Parkinson.

L’uomo con la mutazione nel gene ACMSD non aveva nessun caso di Parkinson in famiglia. Inoltre, non mostrava nessuna delle mutazioni più comuni collegate alla malattia. La scoperta suggerisce che la nuova mutazione potrebbe essere un importante fattore di rischio per lo sviluppo del Parkinson. Già molti studiosi avevano infatti collegato il gene alla malattia, anche non era stata testimoniata alcuna mutazione.

Il gene ACMSD codifica per un enzima coinvolto nel percorso della chinurenina. Alcuni metaboliti della chinurenina giocano un ruolo importante nel funzionamento del sistema nervoso centrale. In alcuni casi, possono provocare infiammazioni e tipi di neurodegenerazione comuni nel Parkinson. La scoperta potrebbe quindi aiutare a comprendere meglio la malattia e a sviluppare nuove terapie.

Fonte: iospress.com

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