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Aurora magazine

L’intelligenza artificiale aiuterà a diagnosticare le malattie rare

Come abbiamo detto in più di un articolo, difficile diagnosticare una malattie genetica rara può essere difficile. Anche per questo motivo, negli ultimi anni si stanno moltiplicando gli studi per elaborare nuovi screening prenatali e test genetici. Gli scienziati dell’Università di Bonn hanno sviluppato un’intelligenza artificiale per facilitare la diagnosi delle malattie rare.

I ricercatori hanno usato i dati di 679 pazienti affetti da 105 malattie causate da variazioni in un singolo gene. Le malattie usate causano disabilità intellettiva e fisica; alcune di queste causano malformazioni evidenti.

Il software elaborato ha raccolto ed elaborato tutti i dati dei pazienti, tra i quali: tratti caratteristici del volto; sintomi clinici; dati genetici. A questo punto, hanno allenato l’intelligenza artificiale usando circa 30.000 immagini di persone affette da malattie genetiche rare. Il software ha usato l’analisi facciale come primo filtro, in modo da concentrare le analisi successive su un range limitato di patologie.

I risultati dello studio si stanno dimostrando positivi. Il software ha permesso di risolvere alcuni casi che erano rimasti senza risposta, migliorando il tasso di diagnosi. Usato in maniera sistematica, il software potrebbe accorciare le tempistiche e ridurre il rischio di diagnosi sbagliate. In questo modo sarebbe più facile intervenire in tempi brevi e offrire una qualità della vita migliore ai pazienti.

Fonte: uni-bonn.de

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Mangia tante fibre in gravidanza per ridurre il rischio di celiachia

Secondo uno studio del Norwegian Institute of Public Health e del Østfold Hospital Trust, una dieta ricca di fibre in gravidanza riduce il rischio di celiachia per il feto.

I ricercatori hanno analizzato i dati di 88.000 bambini norvegesi e delle loro mamme, tutti nati tra il 1999 e il 2009. Nel corso delle ultime 22 settimane di gestazione, le mamme avevano risposto a una serie di domande riguardanti l’alimentazione. Tra queste ce n’era una riguardante la quantità di fibre e glutine consumati.

A 11 anni dal parto, i ricercatori hanno verificato quanti bambini erano celiaci e hanno incrociato i dati con quelli raccolti in precedenza. I bambini celiaci sono risultati essere 982, quindi circa l’1% dei partecipanti allo studio.

Le donne che avevano consumato più di 45 grammi di fibre al giorno, avevano il 34% di probabilità in meno di avere un figlio celiaco. Questo rispetto alle donne che avevano consumato quantità ridotte di fibre, tenendosi attorno o addirittura sotto ai 19 grammi giornalieri. Ogni 10 grammi di fibre consumate in più, le probabilità che il bambino fosse celiaco scendevano di circa l’8%. Inoltre, le fibre di frutta e verdura paiono essere collegate a un rischio ancora minore.

Si tratta di uno dei primi studi che analizza il collegamento tra consumo di fibre in gravidanza e celiachia. Anche per questo motivo, i ricercatori sono prudenti: i dati sono solo preliminari ed è presto per delineare una dieta “anti-celiachia”. Saranno necessari ulteriori studi, per comprendere se i due fenomeni sono effettivamente legati e non solo correlati. Al momento è infatti poco chiaro quale sarebbe la correlazione causale tra i due fenomeni.

Fonte: livescience.com

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Si può prevenire il Parkinson con la terapia genica?

Nel Parkinson e in alcune forme di demenza, si creano nel cervello degli aggregati tossici che distruggono i circuiti neurali. I ricercatori dell’Università di Osaka stanno testando una terapia genica preventiva. I primi studi riguardano solo le cavie; se tutto andrà bene, si passerà anche alla sperimentazione umana.

Nonostante il Parkinson sia una malattia diffusa, le cause sono ancora poco chiare. Le terapie esistenti sono di natura solo sintomatica e non esiste una cura vera e propria. Anche per questo motivo, i ricercatori stanno cercando delle terapie preventive che riducano l’insorgenza della patologia nelle persone a rischio.

La terapia genica giapponese colpisce una proteina chiamata alfa-sinucleina, che si aggrega nei cosiddetti corpi di Lewy. Secondo i ricercatori, evitare la formazione dei corpi potrebbe prevenire o addirittura far regredire la malattia. Per verificare questa teoria, l’hanno testata in vitro e su modelli animali.

I ricercatori hanno creato una sezione di materiale genetiche che corrisponde all’alfa-sinucleina. A questo punto hanno stabilizzato i frammenti genetici, modificandoli in modo che prevenissero la formazione della proteina stessa e quindi degli aggregati. Per ottenere un risultato il più possibile ottimale, hanno testato diverse varianti di frammenti genetici modificati. In questo modo sono arrivati a ridurre i livelli della proteina di circa l’80% in vitro.

In un secondo momento, gli scienziati hanno testato i frammenti genetici su modelli animali con il Parkinson. Sono arrivati al cervello senza grossi problemi, senza bisogno di sostanze chimiche che li veicolassero. I topi così trattati hanno mostrato i primi miglioramenti entro 27 giorni dalla somministrazione della terapia.

Fonte: medicalnewstoday.com

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Una mutazione antica ci protegge dal diabete

I ricercatori dell’University College di Londra hanno individuato una mutazione antica quanto il fuoco. Secondo la scoperta, questa variante genetica potrebbe proteggere dall’iperglicemia e dal diabete, aiutando nella prevenzione di queste malattie.

La scoperta è stata fatta mentre gli scienziati studiavano il gene CLTCL1, che si occupa di rimuovere lo zucchero in eccesso dal sangue. Il nostro corpo ha infatti bisogno di zucchero per fornire energia al cervello e al resto degli organi. Quando i livelli si alzano troppo, però, si possono manifestare patologie come il diabete di tipo 2. In questi casi, lo zucchero in circolazione aumenta in maniera esponenziale e il corpo non è più in grado di rimuoverlo dal flusso.

Circa il 50% della popolazione mondiale possiede una versione mutata di CLTCL1, che ne migliora le performance. Per questi individui, eliminare l’eccesso di zucchero è più facile e quindi sono meno a rischio di diabete.

Può darsi che la mutazione sia nata quando gli esseri umani hanno cominciato a cucinare. Con l’arrivo della cucina, gli zuccheri introdotti nel sangue sono aumentati ed è diventato necessario rimuoverli. Il fenomeno potrebbe addirittura aver stimolato lo sviluppo del cervello umano.

La forma più antica del gene trasportava il glucosio dentro il muscolo e il grasso, quindi i livelli di zucchero rimanevano comunque alti. L’aumento di zucchero nei tessuti degli organi potrebbe aver stimolato lo sviluppo del cervello, grazie al maggior apporto di energia. Oggi invece esistono altre versioni della mutazione, più in linea con le grandi quantità di carboidrati consumate al giorno d’oggi.

Fonte: focustech.it

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