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Aurora magazine

Gli uomini svizzeri sono i meno fertili d’Europa? Perché?

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la Svizzera è il paese meno fertile d’Europa. La media per i giovani europei uomini è di circa 41-67 milioni di spermatozoi per ml. Più della metà dei giovani svizzeri si colloca invece molto sotto questa media. Altri paesi poco fertili sono la Danimarca, la Norvegia e la Germania. Com’è possibile questo fenomeno e quali conseguenze può avere per la salute del singolo.

Facendo una media tra tutta la popolazione maschile svizzera, ogni uomo dovrebbe avere circa 47 milioni di spermatozoi per ml di seme. I dati dell’OMS riportano una realtà molto diversa: solo il 38% dei giovani svizzeri ha una giusta concentrazione di spermatozoi. Il 71% è invece “subfertile”, ovvero ha meno di 15 milioni di spermatozoi per ml di seme. Ciò significa che gli uomini svizzeri sono tendenzialmente meno fertili e che impiegano più tempo per concepire.

In generale, stiamo assistendo a una costante diminuzione della concentrazione di spermatozoi. Ci sono tante teorie su quali potrebbero essere le cause: le sostanze presenti nella plastica; la mancanza di attività fisica; i jeans troppo stretti. Purtroppo, non c’è una risposta sicura, almeno al momento.

Nel caso specifico, i ricercatori hanno testato il seme di 2.500 uomini tra i 18 e i 22 anni, come parte degli esami per il servizio di leva. Inoltre, hanno sottoposto loro un questionario riguardante stile di vita, dieta ed educazione. Tutti i partecipanti allo studio sono stati concepiti e sono nati nel Paese.

La scarsa concentrazione di spermatozoi influenza le capacità di concepire, ovviamente. In più, aumenta il rischio di tumore ai testicoli e malformazioni genitali. Ciò potrebbe essere legato all’aumento dei casi di questo tipo di tumore negli ultimi 35 anni. In Svizzera ci sono circa 10 casi ogni 100.000 uomini, uno dei tassi più alti in Europa.

Fonte: independent.co.uk

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La terapia genica può combattere l’anemia falciforme?

Un team di bioingegneri della Rice University sta lavorando a una nuova terapia genica contro l’anemia falciforme. Se le scoperte fossero confermate, saremmo in grado di correggere la mutazione causa della malattia già nel grembo materno.

Una delle terapie disponibili contro l’anemia falciforme è il trapianto di cellule staminali. Purtroppo, solo il 15% dei pazienti trova un donatore compatibile tra parenti e volontari. Gli autori dello studio hanno sviluppato un’alternativa più compatibile con l’organismo e disponibile per tutti. La terapia usa infatti la CRISPR-Cas9 per riparare le cellule staminali ematopoietiche dei pazienti stessi.

In cosa consiste la terapia? I medici isolano le cellule del midollo osseo del paziente e le correggono con l’editing genetico. A questo punto usano la chemioterapia per eliminare parte delle cellule staminali malate, così da fare spazio a quelle sane. Dopodiché impiantano le cellule editate nel paziente e aspettano che si riproducano. Riparare le cellule staminali invece che sostituirle elimina il rischio di rigetto, tagliando buona parte dei problemi legati al trapianto.

In un primo tempo, il team ha testato la terapia sulle cavie usando le cellule staminali di 5 pazienti malati. Le cellule editate si sono moltiplicate e hanno continuato a funzionare per circa 4 mesi. In una seconda fase, i ricercatori hanno usato una versione della CRISPR-Cas9 più recente e precisa. Questa modifica ha portato a meno cambiamenti non previsti.

L’editing genetico ha corretto il 40% delle cellule. Il 50% delle staminali ha tagliato il DNA sbagliato senza correggerlo. Il 10% ha continuato a produrre la versione malata dell’emoglobina.

Fonte: medicalxpress.com

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Un gene trasforma il grasso cattivo in grasso buono

Il grasso è spesso demonizzato, ma è fondamentale per la salute dell’organismo. Tutto dipende dal tipo di grasso: le cellule bianche sono quelle di riserva, quelle beige e brune hanno una ricca innervazione simpatica. Queste ultime aumentano il metabolismo basale e bruciano più calorie. I ricercatori dell’Università dello Utah hanno scoperto un gene che regola il passaggio da grasso bianco a grasso beige/bruno, e viceversa.

Le cellule di grasso bianco con una versione iperespressa del gene EFB2 hanno più chance di trasformarsi in cellule beige. Per attivare il gene devono però entrare in campo diversi fattori, non tutti chiari. Gli autori dello studio si sono quindi focalizzati sul gene che codifica per TLE3, una proteina della stessa regione di EFB2. Hanno così scoperto che la proteina in questione agisce inibisce l’azione di EFB2 sulle cellule adipose.

Per provare la scoperta fatta, gli scienziati hanno cancellato TLE3 da alcune cavie e le hanno messe al freddo per diversi giorni. In teoria, le basse temperature stimolano di base la trasformazione delle cellule bianche in beige. Senza il freno di TLE3, il processo è risultato massimizzato: le cavie hanno sviluppato grosse quantità di grasso beige. Che conseguenze ci sono state?

Il grasso beige brucia molte più calorie di quello bianco. I topi con alti livelli di questo grasso hanno quindi perso peso al freddo e sono rimasti stabili al caldo. La scoperta potrebbe aiutare tante persone con problemi metabolici, obesità e diabete di tipo 2.

Fonte: medicalxpress.com

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Sviluppato un nuovo modo per salvaguardare la fertilità dei giovani uomini

I tessuti testicolari di 189 giovani uomini dimostrano che la fertilità può sopravvivere alla chemioterapia, con le tecniche giuste. Il team della dottoressa Hanna Valli-Pulaski ha analizzato i tessuti prelevati per le biopsie. Al loro interno ci sono cellule progenitrici degli spermatozoi, utilizzabili per ottenere gameti da usare per la IVF.

Alcuni bambini malati di tumore sono troppo giovani per produrre sperma da conservare. Anche i più grandi, possono avere problemi in tal senso durante le terapie, a causa dello stress. Fino a qualche anno fa, questo avrebbe negato loro qualsiasi possibilità di avere figli in età adulta. La chemioterapia tende infatti a ridurre o annullare la fertilità dei soggetti. Nell’ultimo periodo, stanno quindi nascendo delle alternative. La conservazione del tessuto testicolare è una di queste.

I tessuti prelevati con le biopsie contengono cellule staminali, che potrebbero generare nuovi spermatozoi. Lo studio in questione dimostra che queste cellule staminali indifferenziate potrebbero essere ricavate anche da chi è nelle prime fasi del trattamento. Questo lascia quindi un maggiore lasso di tempo per agire, in modo da determinare come separare cellule sane e tumorali presenti nei campioni.

Lo studio prevede anche incontri tra medici e famiglie dei pazienti incentrati solo sulla futura fertilità. L’obiettivo è analizzare i benefici sulla vita post-tumore e anche promuovere alternative oggi poco conosciute. Ad oggi, solo il 39% dei pazienti utilizza uno strumento di preservazione della fertilità.

Fonte: eurekalert.org

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