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Aurora magazine

Il virus dell’HIV è stato sconfitto?

Un team della Temple University ha sviluppato un possibile trattamento contro l’HIV, per ora testato solo sugli animali. I ricercatori hanno combinato antiretrovirali e Crispr-Cas9, in modo da guarire le cellule già attaccate dal virus. La combinazione sembra essere più efficace del solo editing genetico e offre speranze per un futuro trial sugli esseri umani.

Ad oggi l’unica terapia disponibile contro l’HIV è quella antiretrovirale, che però non elimina il virus. Il trattamento si limita a bloccare l’espansione dell’infezione e dev’essere assunto per tutta la vita. Purtroppo il virus integra il proprio DNA nelle cellule del sistema immunitario, nascondendosi dai farmaci antiretrovirali. Se si interrompe il trattamento, l’infezione riprende e si può trasformare in AIDS.

La Crispr-Cas9 rimuove il DNA del virus dalle cellule del sistema immunitario, impedendo che si possa riprodurre. La tecnica si è dimostrata abbastanza efficacie nei topi già da sola, pur non riuscendo a eliminare tutte le cellule infette. Da qui l’esigenza di potenziarla con la terapia antiretrovirale di ultima generazione, la “long-acting slow effective release antiretroviral therapy” (detta Laser Art).

La terapia Laser Art rallenta la dissoluzione del farmaco nell’organismo, in modo da ridurre la frequenza della somministrazione. Il farmaco è infatti contenuto in nanocristalli, che facilitano la distribuzione del farmaco anche nei punti più nascosti. Ciò permette di bloccare molte più cellule infette, poi eliminate con la Crispr-Cas9. Con questo approccio, i ricercatori sono riusciti a guarire circa un terzo delle cavie.

Fonte: wired.it

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Il rischio di ammalarsi dipende anche dall’espressione genica

Piccole differenze nell’espressione genica durante lo sviluppo potrebbero aumentare o ridurre il rischio di ammalarsi. Lo rivela uno studio delle Università di Chicago e Johns Hopkins.

I ricercatori hanno analizzato l’RNA di cellule staminali mentre si trasformavano in cellule cardiache. Durante il processo, hanno identificato centinaia di espressioni geniche in diverse sezioni di DNA. Le espressioni cambiavano da individuo a individuo, determinando parte delle funzioni dei geni interessati. Secondo i ricercatori, questo potrebbe influenzare le probabilità che una certa malattia si manifesti.

I cambiamenti in questione si verificano nel mezzo dello sviluppo, spesso sono invisibili nelle cellule adulte. Da qui la necessità di osservare le staminali durante lo sviluppo. A questo scopo, i ricercatori hanno prelevato campioni di RNA dalle cellule una volta al giorno per 16 giorni. In questo modo sono riusciti a misurare l’espressione genica di giorno in giorno, così da individuare anche i cambiamenti più sottili.

L’RNA potrebbe spiegare perché il rischio di ammalarsi cambi da individuo a individuo, anche quando ci sono le stesse varianti genetiche. Malattie come il diabete, ad esempio, sono causate dalla combinazione di geni e stile di vita. Stile di vita che comporta minuscoli cambiamenti nel modo in cui i geni si esprimono. Questo potrebbe un giorno aiutare a individuare con maggiore precisione le persone più a rischio. Per il momento l’intero processo è però troppo costoso.

Fonte: uchospitals.edu

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Lo smog riduce la fertilità femminile

Lo smog potrebbe influenzare negativamente la fertilità femminile. La scoperta arriva dalle Università di Modena e di Reggio Emilia. I ricercatori hanno misurato i livelli di ormone antimulleriano in 1318 donne modenesi. Da quanto è emerso, più l’aria è inquinata minori sono i livelli e minori sono le possibilità di concepire.

L’ormone antimulleriano viene rilasciato dalle cellule delle ovaie ed è legato al numero di ovociti disponibili. I ricercatori hanno confrontato i livelli dell’ormone con quelli delle polveri sottili nell’aria. A parità di età, le donne esposte a quantità maggiori di agenti inquinanti sono risultate meno fertili di quelle meno esposte. È quindi probabile che la qualità dell’aria influenzi le possibilità di rimanere incinta.

Il dottor Antonio La Marca ha presentato i risultati dello studio all’European Society of Human Reproduction and Embryology Meeting, tenutosi quest’anno a Vienna. Secondo il ricercatore, vivere in un’area molto inquinata è associato con una netta riduzione delle capacità riproduttive. Lo smog potrebbe accelerare la perdita di ovociti utili per la riproduzione anche di due o tre volte.

Lo studio propone spunti interessanti, ma necessità di conferme. Inoltre, i ricercatori non hanno misurato l’esposizione individuale delle donne: si sono basati su dati generali. Ad ogni modo, la scoperta potrebbe spiegare alcuni casi di infertilità inspiegata femminile e di menopausa precoce. Questo benché non offra soluzioni spendibili nell’immediato.

Fonte: newscientist.com

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La depressione è davvero questione di geni?

Negli ultimi 23 anni, i ricercatori hanno sempre collegato la depressione a fattori ambientali e genetici. Questo da quando fu scoperto il primo fattore genetico legato alla malattia. Ciononostante, uno studio pubblicato sull’American Journal of Psychiatric potrebbe smentire questa correlazione. Secondo l’autore, la correlazione tra i 18 geni individuati ad oggi e depressione si basa su dati statisticamente poco significativi.

Tutto parte da un’analisi fatta in Colorado su una vasta banca di biodati. Il campione analizzato comprende circa 620.000 individui. Gli autori dello studio hanno combinato una serie di dati:

  • presenza delle varianti genetiche collegate alla malattia;
  • tipologia di depressione;
  • condizionamenti ambientali;
  • abusi durante l’infanzia;
  • situazioni socio-economiche difficili.

A quanto pare, non sarebbe emerso nessun collegamento rilevante tra geni e depressione maggiore. Secondo gli autori, quindi, i tanti casi riportati in altri studi sarebbero falsi positivi, probabilmente causati da campioni troppo piccoli. I geni non c’entrerebbero nulla con la depressione. O quasi.

In realtà gli autori dello studio esortano ad approfondire lo studio di possibili cause genetiche della malattia. Consigliano però di concentrarsi soprattutto sulle possibile cause ambientali, come condizioni sociali e stile di vita. Siamo infatti lontani dall’avere un’idea chiara e univoca di quali siano le cause effettive della depressione maggiore.

Per Massimo Cozza, Direttore del Dipartimento di Salute Mentale dell'ASL Roma 2, il trattamento della depressione deve tenere conto della complessità della malattia. Non solo farmaci, ma anche supporto psicologico, sociale e psicoterapia. Il tutto tenendo conto delle peculiarità dell’individuo.

Fonte: repubblica.it

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