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Aurora magazine

Una donna possiede il gene anti Alzheimer

I ricercatori del Massachusetts General Hospital di Boston hanno isolato il gene anti Alzheimer dal DNA di una donna colombiana. La mutazione si chiama APOE3ch e contrasta la predisposizione genetica alla malattia, molto diffusa in Colombia. Grazie a questa variante, la donna ha vissuto per oltre 30 anni senza manifestare alcun sintomo, nonostante le altre varianti.

In Colombia ci sono circa 6.000 persone con la mutazione E280A, che aumenta il rischio di ammalarsi di Alzheimer. La variante è inoltre legata a una forma precoce della malattia, che esordisce addirittura a 40 anni. Eppure, la donna si è ammalata solo in età avanzata. I ricercatori hanno quindi cercato le cause di questo fenomeno.

Nel cervello della donna si erano formati accumuli di beta-amiloide, che avrebbero dovuto farla ammalare. Ciononostante, il suo cervello ha resistito ai danni per decenni. Il merito è stato della mutazione APOE3ch, che ha protetto i neuroni dalle placche che avrebbero dovuto distruggerli. La variante ha infatti impedito la formazione di ammassi neurofibrillari tossici, determinanti nell'Alzheimer.

La scoperta getta una nuova luce sulla ricerca contro l’Alzheimer. Secondo gli autori dello studio, si potrebbe combattere la malattia non tanto evitandone la comparsa, quanto rendendo il cervello più resistente. Proprio com’è successo a la donna in questione. Serviranno però ulteriori studi per comprendere se è davvero possibile applicare questo principio all’ambito farmacologico.

Fonte: repubblica.it

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Scoperta la causa della paraparesi spastica ereditaria

I ricercatori dell’Università di Manchester hanno scoperto la possibile causa di una grave malattia genetica. Si tratta in realtà di un gruppo di malattie che colpiscono il sistema nervoso, causando paraplegia ed epilessia. Si chiama paraplegia spastica ereditaria e al momento non esiste alcuna cura. Grazie alle scoperte fatte, sarà però più facile sviluppare dei trattamenti.

Le malattie che rientrano sotto l’ombrello della paraplegia spastica ereditaria erano già conosciute, almeno in parte. Nel corso degli anni, i ricercatori hanno individuato diverse varianti genetiche comuni tra i pazienti. Nessuna di queste sembrava però essere la causa reale della malattia, che quindi restava ignota.

Un team di ricercatori di Manchester e Amsterdam ha lavorato per identificare la vera causa della paraplegia spastica ereditaria. Grazie agli studi sui pesci zebra e ai campioni raccolti dai pazienti, hanno individuato un’anomalia nel gene PCYT2. Questa potrebbe essere la variante che determina la comparsa e la gravità della malattia.

I pesci zebra con un’attività normale o appena ridotta di PCYT2 hanno avuto un tasso di sopravvivenza buono. Al contrario, quelli con PCYT2 assente o non attivo sono vissuti poco. Il gene codifica infatti per un enzima che produce i lipidi che costituiscono le membrane cellulari, specie quelle dei neuroni. Quando manca, le cellule si deteriorano più in fretta e si manifestano i sintomi di cui sopra.

Fonte: medicalxpress.com

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Negli Stati Uniti sono diminuiti i gemelli

Nelle tre decadi passate, i gemelli sono diventati un vero e proprio fenomeno culturale. Il paese comprendeva infatti il più alto numero di gemelli viventi nel mondo. La causa principale di questo boom fu il ricorso ai trattamenti per la fertilità, che iniziarono a diffondersi negli anni ‘80. Oggi, i gemelli sono tornati a diminuire. Cosa è successo?

Nel 1980, il tasso di parti gemellari era di circa l’1,8%. Fu allora che i trattamenti per la fertilità divennero sempre più comuni. A quel tempo, i trattamenti prevedevano ancora l’impianto di più embrioni per ciclo. Ciò aumentava le probabilità di avere un parto gemellare, a volte perfino tri-gemellare. Di conseguenza, la percentuale di gemelli aumentò di anno in anno perfino del 2%. Nel 2014, si arrivò a un tasso del 33,9%, più di un terzo dei parti totali.

Tra il 2014 e il 2018, abbiamo assistito a un nuovo calo di nascite di gemelli. Nel 2018, gli Stati Uniti hanno avuto “solo” il 32,6% di parti gemellari. La diminuzione è particolarmente evidente nelle donne più adulte: tra le mamme di 30-34 anni, il calo è stato del 10%; per quelle oltre i 35 anni, del 23% e passa. Invece, è rimasto quasi identico nelle donne intorno ai 20 anni.

Secondo gli autori del report, è difficile dire con certezza quali sono le cause del calo. Concentrandosi nelle fasce più adulte, però, è probabile che sia legato ai cambiamenti nelle tecniche di fecondazione assistita. Al giorno d’oggi, infatti, è raro che i medici trasferiscano più di un embrione per volta. Le gravidanze multiple hanno meno probabilità di successo e sono anche più pericolose per le future mamme.

Fonte: sciencealert.com

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Una nuova tecnica aiuta a studiare le malattie rare

Un team di scienziati del Scripps Research ha creato una tecnica genomica che facilita lo studio delle malattie rare. La tecnica serve infatti a tracciarne le cause, comparando l’attività degli alleli materni e paterni. Quando i livelli escono dal range normale, inseriscono l’allele tra le possibili cause della malattia. Questo permette di restringere il cerchio e facilita le analisi.

I ricercatori stavano cercando un modo per identificare le malattie genetiche rare, specie quelle a comparsa precoce. I metodi standard di sequenziamento identificano mutazioni genetiche già note, che causano deficit proteici. Almeno la metà delle malattie genetiche rare ha però cause molto più subdole.

Ad esempio, il sequenziamento tradizionale non vede le mutazioni che interessano regioni del DNA ma non geni. Si tratta di un grosso problema, dato che queste regioni regolano il modo in cui lavorano i geni. Quando non funzionano a dovere, le attività dei geni cambiano di conseguenza e si manifestano le malattie. Eppure, sono mutazioni invisibili per i test tradizionali.

Al concepimento, ereditiamo un set di alleli materni e un set paterni. Affinché una malattia genetica si manifesti, serve quasi sempre che l’anomalia sia presente in entrambi gli alleli. Ciò non vale per tante malattie genetiche rare, che si manifestano anche con un solo allele anomalo. Per identificarle, il team ha analizzato le attività di tutte le coppie di alleli. Le coppie con un forte dislivello tra un allele e l’altro sono le probabili cause della malattia.

Per testare la tecnica, i ricercatori l’hanno usata su pazienti affetti da distrofie muscolari rare. Grazie alla metodologia, hanno identificato tutte le aree del DNA legate alla malattia. Adesso l’obiettivo è usare la tecnica sui neonati a rischio, così da intervenire il prima possibile contro la malattia.

Fonte: scripps.edu

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