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Aurora magazine

La cannabis altera il DNA degli spermatozoi?

Secondo un sondaggio del 2015, circa il 52% degli uomini in età riproduttiva ha fatto uso di cannabis almeno una volta nella vita. Un gruppo di ricerca della Duke University ha analizzato i possibili effetti sulle capacità riproduttive. Pare infatti che la sostanza possa alterare il DNA degli spermatozoi.

L’uso prenatale di cannabis fa male sia alla mamma sia al bambino non ancora nato, dato che riduce il peso alla nascita e altera lo sviluppo del sistema immunitario. Secondo gli scienziati, anche l’uso paterno potrebbe avere effetti negativi sulla prole. Eppure, gli studi in proposito sono ancora pochi: gran parte dei team si concentra sulle madri e trascura il ruolo dei padri nello sviluppo fetale. Questo nonostante gli studi provino gli effetti di ftalati e pesticidi sull’epigenoma degli spermatozoi.

Gli autori dello studio hanno analizzato gli spermatozoi di alcuni ratti maschi esposti al THC. I soggetti mostravano una riduzione nella concentrazione degli spermatozoi, accompagnata da cambiamenti nella metilazione del DNA. In un secondo momento, hanno analizzato lo sperma di uomini che avevano fatto uso di cannabis: c’erano gli stessi problemi.

Ulteriori analisi sui campioni umani hanno mostrato 17 aree genetiche coinvolte nella metilazione. Una di queste è il gene DLGAP2, che codifica per una proteina essenziale nello sviluppo neuronale e delle sinapsi. L’alterazione potrebbe causare anomalie nel collegamento tra le sinapsi, portando allo sviluppo di schizofrenia e autismo.

Fonte: tandfonline.com

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Individuata una nuova causa genetica dell’epilessia

I ricercatori del Walter and Eliza Hall Institute hanno individuato le origini di una mutazione genetica legata all’epilessia. Grazie alle tecnologie di sequenziamento genetico hanno studiato l’anomalia nei campioni, seguendone la storia a ritroso. In questo modo hanno scoperto nuove informazioni sull’epilessia mioclonica familiare benigna dell’adulto (FAME), una rara forma di epilessia.

La mutazione genetica studiata è causata da una espansione ripetuta, una forma di anomalia tipica delle malattie neurologiche. Tra queste ci sono la malattia di Huntington, l’atassia, l’autismo e l’epilessia, appunto. Secondo l’autore dello studio, questa scoperta potrebbe facilitare la diagnosi precoce della malattia.

Per oltre vent’anni, ricercatori provenienti da tutto il mondo hanno cercato le mutazioni genetiche causa della FAME. In quest’ultimo anno, gli autori dello studio hanno scoperto l’espansione ripetuta in questione e hanno scoperto che è collegata alla malattia. È stata una strada lunga, però: individuare le mutazioni di questo tipo è sempre difficile.

Gli scienziati hanno sviluppato un tool chiamato exSTRa, che vaglia l’intero genoma in cerca di espansioni ripetute. Grazie al nuovo software, hanno individuato l’anomalia e ne hanno ricostruito l’albero genealogico. Ciò consentirà loro di studiare lo sviluppo della malattia, così da facilitare la ricerca di nuovi trattamenti.

Fonte: wehi.edu.au

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L’esposizione prenatale agli oppioidi va identificata il prima possibile

I neonati esposti agli oppioidi in età prenatale andrebbero identificati il prima possibile. Ciò permette infatti di prevenire almeno parte dei problemi in cui si imbatteranno, fornendo loro cure migliori. È quanto dicono i ricercatori della Marshall University, in collaborazione con il Marshall Health, il Cabell Huntington Hospital e il Centers for Disease Control and Prevention.

I ricercatori si sono concentrati sugli effetti combinati di oppioidi e gabapentin. Quest’ultimo è un farmaco usato per alleviare i dolori causati dai nervi e l’epilessia. Lo si usa anche per trattare la dipendenza da oppioidi, ma tante persone lo usano in modo poco consono. Ciò si verifica anche tra le donne in gravidanza, con tutto ciò che ne consegue per i bambini.

I bambini esposti in fase prenatale agli oppioidi manifestano spesso vere e proprie crisi d’astinenza. Le due sostanze rendono però i sintomi atipici: movimenti incontrollati degli occhi; scatti in braccia e gambe; spinte linguali; contrazioni involontari dei muscoli. Tutto questo rende molto più difficile individuare il problema in tempo e, di conseguenza, trattarlo fin da subito nei modi necessari. I ricercatori hanno quindi analizzato i benefici di uno screening tossicologico totale.

I questionari compilati dalle madri sono quasi sempre parziali. I test neonatali standard, invece, si concentrano solo su certe sostanze e trascurano tutte le altre. In queste condizioni, possono passare fino a 20 giorni prima dell’inizio dei trattamenti, che comprendono un’ospedalizzazione di 58 giorni in media. Con lo screening tossicologico totale, invece, ne passano solo 14 e i neonati rimangono in ospedale circa 48 giorni.

Fonte: jcesom.marshall.edu

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Individuato un nuovo target terapeutico contro l’accumulo di lipidi

I ricercatori dell’Università di Barcellona hanno individuato un meccanismo molecolare coinvolto nella regolazione del colesterolo nelle cellule. Si tratta di un processo fondamentale per il corretto funzionamento delle cellule, che può aiutare contro le malattie che provocano un accumulo di lipidi. Ad esempio, è presente dia nella malattia di Niemann-Pick tipo C.

Lo studio è stato guidato da Carles Enrich e Carles Rentero, che si sono poggiati alla tecnica di editing genetico CRISPR-Cas9.

Il colesterolo serve a organizzare le membrane e modula alcune delle funzioni fondamentali delle cellule. Per regolare il colesterolo, le cellule hanno sviluppato dei meccanismi molecolari che comprendiamo solo in parte. Svelare come funzionano potrebbe aiutarci a trovare nuovi trattamenti, così da evitare le conseguenze nefaste degli accumuli di colesterolo ed altri lipidi. Malattie come la Niemann-Pick sono infatti causate dai lipidi in eccesso dentro le cellule, che provocano alterazioni del sistema nervoso e negli organi interni.

La Niemann-Pick è causata da un’alterazione del gene NPC1. Per studiare i meccanismi collegati, i ricercatori hanno usato l’editing genetico per bloccare una molecola – AnxA6 – nelle cellule malate. Il blocco si è tradotto in un rilascio del colesterolo in eccesso, dimostrando il ruolo della proteina nella regolazione del colesterolo e dei lipidi.

Lo studio mostra che il rilascio del colesterolo è legato a un aumento dei siti di contatto della membrana. Secondo gli autori, nelle cellule dei pazienti malati ci sono troppi pochi di questi siti. Silenziando AnxA6, invece, si induce un aumento degli stessi che riduce gli effetti dell’anomalia in NPC1.

Fonte: medicalxpress.com

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