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Aurora magazine

L’esposizione prenatale allo smog alza la pressione

L’esposizione prenatale ad alti livelli di polveri sottili è associata a un aumento del rischio di pressione alta. Lo rivela uno studio della Johns Hopkins University, che ha esaminato i dati di 1293 coppie madre-figlio. I bambini più esposti allo smog in utero avevano il 61% di probabilità in più di soffrire di pressione alta. I più colpiti sono stati i neonati nati prematuri o sottopeso.

Si conoscevano già gli effetti nefasti dell’inquinamento sul feto. È noto come le polveri sottili agiscano sullo sviluppo fetale e sul peso del bambino. L’associazione tra smog e pressione alta è però una novità. Per la prima volta si dimostra che respirare aria inquinata in gravidanza danneggia la salute cardiovascolare del feto.

I dati su madri e figli sono stati raccolti tra il 1998 e il 2012. I medici hanno prima raccolto dati riguardanti la concentrazione di polveri sottili nei luoghi frequentati dalle donne in gravidanza. Per quanto riguarda il follow-up, hanno misurato la pressione dei bambini a 3 e 9 anni. Combinando i dati, è emerso che pressione dei bambini e inquinamento erano proporzionali. Più polveri sottili c’erano nell’area frequentata dalla madre, maggiore era il rischio di pressione alta per il bambino.

Secondo lo studio, le conseguenze più rilevanti si sono registrate con l’esposizione durante il terzo trimestre. In questo periodo il feto acquisisce buona parte del proprio peso, elemento che potrebbe influenzare anche la pressione. Se questo dato fosse confermato, si potrebbero sviluppare nuovi criteri per la diagnosi precoce dell’ipertensione. Per avere un quadro più chiaro, però, sarebbe stato utile acquisire dati anche sulla pressione dei bambini nel periodo adolescenziale.

Fonte: medpagetoday.com

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Prematuri più sani con l’eritropoietina e la regolazione genica

L’eritropoietina o EPO è un farmaco contro l’anemia usato anche sui bimbi prematuri. Aiuta infatti a proteggere e riparare i loro piccoli cervelli, anche se il come rimane un mistero. Un mistero che il team della dottoressa An Massaro ha in parte svelato. Pare che il farmaco agisca su alcuni geni responsabili dello sviluppo nervoso e che regolano le infiammazioni.

Durante il terzo trimestre, il cervello fetale cresce in maniera molto importante. Quindi, quando un bambino nasce settimane prima del termine il suo cervello non è ancora del tutto sviluppato. L’EPO protegge e ripara i neuroni di questi piccoli cervelli, supportando le ultime fasi dello sviluppo cerebrale.

Il team ha analizzato il DNA di 18 neonati nati tra la 24a e la 27a settimana. Il materiale è stato raccolto 24 ore dopo il parto e 14 giorni dopo. Gli 11 piccoli trattati con l’eritropoietina avevano profili di metilazione del DNA diversi e, di conseguenza, un’espressione genica diversa. La differenza era evidente in particolare nei geni legati alla regolazione di infiammazione, ipossia e stress ossidativo.

L’analisi del DNA ha svelato 240 regioni metilate e 50 geni forse influenzati dal farmaco. Una seconda a analisi ha ristretto il campo a 5 geni, essenziali per uno sviluppo normale del cervello. Tra questi ci sono un fattore di trascrizione che regola la neurogenesi e un gene essenziale per generare nuove cellule cerebrali.

La scoperta dà una possibile spiegazione per gli effetti positivi dell’eritropoietina. Questi potrebbero essere mediati dalla regolazione epigenetica di geni coinvolti nello sviluppo del sistema nervoso. Inoltre, i geni potrebbero giocare un ruolo primario nel modo in cui il corpo risponde a infiammazioni e ipossia.

Fonte: childrensnational.org

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La caffeina in gravidanza aumenta il rischio di sovrappeso?

Uno studio del Norwegian Institute of Public Health mostra un collegamento tra caffeina in gravidanza e sovrappeso nella prole. Secondo l’autore principale, Eleni Papadopoulou, le future mamme dovrebbero eliminare la sostanza in toto dalla dieta.

Le linee guida del Norwegian Institute of Public Health consigliano di non bere più di due tazze di caffè al giorno in gravidanza. Ciononostante, dai dati emerge che bastano 2 tazze per aumentare del 30% il rischio di sovrappeso. Sopra le 3 tazze, il rischio sale addirittura al 66%. La caffeina potrebbe inoltre aumentare il rischio di aborto spontaneo e di complicazione in gravidanza. Per questo motivo, i ricercatori consigliano di eliminare la caffeina in toto durante la gestazione.

I ricercatori hanno analizzato i dati di 50.943 madri con i loro figli, raccolti tra il 2002 e il 2008. Tutte le donne hanno compilato un questionario dedicato alle loro abitudini alimentari. Dopo il parto, gli scienziati hanno messo a confronto la quantità giornaliera di caffeina in gravidanza e il peso del bambino.

L’esposizione prenatale di caffeina è risultata collegata a un alto rischio di sovrappeso nel bambino. Più caffè aveva bevuto la madre in gravidanza, maggiore era il rischio. L’organismo impiega infatti molto tempo a smaltire la caffeina, che quindi ha il tempo di attraversare la placenta. Secondo lo studio, però, potrebbero esserci anche altre motivazioni.

Il collegamento tra caffeina e peso del bambino potrebbe essere solo indiretto. Le donne che consumano più caffeina tendono ad essere più adulte, sovrappeso e spesso anche fumatrici. Tutti questi fattori potrebbero influenzare la salute del feto ben più della caffeina. In ogni caso, è bene tagliare tutti gli alimenti contenenti la sostanza, almeno durante la gestazione. Questi comprendono caffè, tè e cioccolata.

Fonte: bmjopen.bmj.com

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Dubbi sugli effetti prenatali di un farmaco contro l’epilessia

La Commissione Europea sta prendendo in esame un bando parziale del sodio valproato in gravidanza. Il farmaco contro l’epilessia comporterebbe infatti gravi rischi per il feto. Per questo motivo, i ricercatori della BMJ stanno discutendo il rapporto tra rischi e benefici del trattamento.

Il sodio valproato si è dimostrato efficace contro epilessia, disordine bipolare ed emicrania. In alcuni casi di epilessia, è addirittura l’unica opzione viabile. Purtroppo, pare che l’esposizione prenatale al farmaco aumenti di molto il rischio di malformazioni.

Secondo i dati, il farmaco aumenta del 10% il rischio di anomalie fisiche e del 30-40% il rischio di problemi mentali. Tra i possibili effetti ci sono disturbi dello spettro autistico e deficit comportamentali. Nel solo Regno Unito, i bambini che hanno subito danni dal sodio valproato sono stati 20.000 a partire dagli anni ‘70. D’altra parte, la messa a bando del farmaco in gravidanza non è una scelta facile.

L’Agenzia Europea per i Medicinali ha raccomandato l’uso del farmaco in gravidanza solo in assenza di altre terapie. Inoltre, ha decretato che non debba essere prescritto a donne in età fertile che non usino metodi contraccettivi. Purtroppo, non tutte le donne che soffrono di epilessia conoscono i rischi del sodio valproato e non tutte hanno alternative.

I neurologi Heather Angus-Leppan e Rebecca Liu consigliano comunque l’uso del farmaco in gravidanza. Almeno in alcuni casi. Secondo i due, infatti, un attacco epilettico è un grosso rischio sia per la donna sia per il feto. Qualora non ci fossero terapie alternative, quindi, sarebbe comunque meglio affrontare la malattia. Piuttosto, il vero pericolo sarebbe proseguire la terapia senza farsi seguire da uno specialista.

Fonte: medicalxpress.com

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