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Aurora magazine

Diagnosi di oloprosencefalia alla 18a settimana con la MRI

La risonanza magnetica fetale (MRI) può individuare l’oloprosencefalia già alla 18a settimana di gestazione. È quanto afferma uno studio pubblicato sull’American Journal of Medical Genetics. Secondo gli autori, ciò consentirebbe di intervenire il prima possibile con trattamenti volti ad arginare la malattia.

L’oloprosencefalia è la mancata separazione dei due emisferi cerebrali. La causa è principalmente genetica, ma contribuiscono anche fattori ambientali. Tra questi ci sono diabete gestazionale e l’uso di alcuni farmaci in gravidanza.

Lo studio prova come alcuni segni della malattia siano individuabili mediante una semplice risonanza magnetica. Questi comprendono:

  • malformazioni facciali;
  • forma anomala della testa;
  • difetti craniofacciali;
  • difetti nel volume dei lobi temporali.

Gli ultrasuoni sono in grado di diagnosticare le forme più gravi della malattia, legate ad anomalie facciali evidenti. Purtroppo, però, spesso non sono in grado di fare una distinzione tra oloprosencefalia e altre anomalie cerebrali. Ad esempio, è facile fare confusione con un eccesso di accumulo di fluido cerebrospinale. Gli ultrasuoni diventano più chiari solo dalla 24a settimana, quando spesso è troppo tardi per portare avanti trattamenti efficaci.

Secondo il team, la risonanza magnetica fetale è molto più accurata e rapida rispetto agli ultrasuoni. Questo strumento di screening si rivela efficace fin dalla 18a settimana e, talvolta, anche dalla 16a. Per garantire una diagnosi accurata, però, servono due elementi: immagini molto chiare; il consulto di uno specialista.

Fonte: childrensnational.org

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Schizofrenia: è anche colpa della placenta

Il team del dottor Daniel Weinberger ha scoperto una nuova possibile origine della schizofrenia: la placenta. Secondo lo studio, una placenta anomala potrebbe influenzare lo sviluppo del cervello e contribuire al manifestarsi della schizofrenia. Eventuali complicazioni in gravidanza rendono il fenomeno ancora più probabile.

La schizofrenia è una malattia psichiatrica che provoca allucinazioni visive e uditive. Di solito si manifesta in età adolescenziale o intorno ai vent’anni. Nel 2014, uno studio identificò 108 regioni nel nostro DNA collegate alla malattia. Ciononostante, si pensa che le cause siano un’unione di fattori genetici e ambientali. Complicazioni durante il parto e traumi infantili parrebbero giocare un ruolo importante, ad esempio.

Il team del dottor Weinberger ha studiato il collegamento tra genetica, complicazioni in gravidanza e schizofrenia. In particolare, i ricercatori si sono concentrati su un gruppo di complicazioni già in precedenza collegate alla malattia. Queste comprendono infezioni in gravidanza, preeclampsia, peso ridotto alla nascita, parto a rischio. Almeno 1 gravidanza su 5 sperimenta uno di questi problemi, eppure solo l’1% della popolazione soffre di schizofrenia. Ciò significa che manca un anello di congiunzione tra malattia e complicazioni.

Per il presente studio, gli scienziati hanno analizzato i dati di quasi 2900 persone. Alcune di queste erano schizofreniche, altre presentavano problematiche simili ma non manifestavano la malattia. È emerso che le 108 regioni del DNA della schizofrenia sono associate anche a complicazioni in gravidanza. Infatti, quasi la metà di queste sono legate allo sviluppo della placenta. La causa del manifestarsi della malattia starebbe quindi in un cattivo funzionamento di questo organo.

Le anomalie genetiche incriminate provocano un restringimento della placenta. Ciò causa una diminuzione dei nutrienti e dell’ossigeno che arrivano al cervello del feto, mettendo forse le basi per il manifestarsi della schizofrenia più avanti nella vita.

Fonte: newscientist.com

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La gravidanza non influenza il peso a lungo termine

Un luogo comune vuole che i chili presi in gravidanza siano per sempre. Tante future mamme temono che il lieto evento sia causa di cambiamenti di peso permanenti. Una ricerca dell’Università di Canberra, invece, suggerisce che le gravidanze abbiano poco a che fare con l’aumento di peso. Piuttosto, la colpa sarebbe di disoccupazione e depressione.

I ricercatori hanno preso in esame i dati di quasi 15 mila donne, raccolti tra il 2008 e il 2013. A partire da questi, hanno analizzato l’indice di massa corporea prima della gravidanza, durante la gestazione e dopo il parto. Hanno comparato inoltre i tassi di disturbi legati al peso materno, come diabete gestazionale e difficoltà durante il parto.

In un secondo momento, gli studiosi hanno analizzato il peso di 8.000 ragazze nel corso di 15 anni. In questa occasione, hanno messo a confronto il peso di chi era diventata mamma e di chi no. Secondo i dati, la gravidanza non ha avuto alcun impatto sul peso a lungo termine. Eventuali aumenti di peso sarebbero quindi legati a fattori diversi, come l’età, lo stress o la depressione.

Durante la gestazione è normale ingrassare. Dopo la gestazione, è normale anche impiegare un po’ di tempo per perdere il peso acquisito. L’importante è mangiare in maniera equilibrata prima, durante e dopo la gestazione. Nonostante quello che si dice, infatti, in gravidanza bisogna assumere circa 300 calorie in più. Non proprio il doppio, come vorrebbero certi luoghi comuni.

Nel corso di 15 anni, gran parte delle donne che hanno partecipato allo studio hanno guadagnato peso. Ciononostante, gli studiosi hanno rilevato pochissime differenze tra chi aveva avuto un figlio e chi no. Sarebbero invece molto più rilevanti altri fattori, come l’esercizio fisico e la salute mentale. I dati hanno infatti svelato un legame tra depressione, disoccupazione e aumento di peso.

Fonte: ansa.it

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Le future mamme che soffrono di obesità dovrebbero dimagrire in gravidanza

Uno studio del Centre Hospitalier Universitaire Sud Réunion prova l’importanza di dimagrire in gravidanza. Questo vale ovviamente per le donne obese, la cui condizione mette in pericolo la loro salute e quella del piccolo. In questi casi, le linee guida tradizionali non vanno bene.

Lo studio aveva due obbiettivi principali: determinare il BMI materno migliore per la salute del bambino; studiare il legame tra peso prima della gestazione, peso guadagnato in gestazione e dimensioni del neonato alla nascita. A questo scopo, il team del professor Pierre-Yves Robillard ha analizzato oltre 52.092 gravidanze portate a termine tra il 2001 e il 2007.

I ricercatori hanno diviso le donne in gruppi e hanno stabilito quanto peso avrebbero dovuto prendere in base al loro BMI. L’idea era stabilire un legame tra indice di massa corporeo materno e dimensioni del bambino alla nascita.

Da quanto è emerso, le donne molto magre tendono a dare alla luce bambini troppo piccoli e viceversa. Nel mezzo ci sono le donne normopeso. La dieta in gravidanza aiuterebbe però a riequilibrare almeno in parte le situazioni più estreme. Le donne molto sottopeso, con un indice di massa corporea di 17 kg/m2, dovrebbero prendere circa 21.6 kg. Le donne obese, con un BMI di 32 kg/m2, dovrebbero prendere circa 3.6 kg. Le donne molto obese, invece, dovrebbero perdere 6 kg.

Da quanto emerge dallo studio, quindi, chi ha un indice di massa corporea di 40 kg/m2 non dovrebbe prendere peso. Al contrario, queste future mamme dovrebbero addirittura portare avanti una dieta durante la gestazione. Ciò diminuirebbe i rischi legati al portare avanti una gravidanza in stato di obesità. Pur non garantendo il massimo della sicurezza, permetterebbe comunque di salvaguardare la salute del bambino.

Fonte: medscape.com

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