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Aurora magazine

Fare sport in gravidanza accorcia il travaglio

Fare sport in gravidanza aiuta a rimanere in forma e fa bene sia alla mamma che al bambino. Secondo uno studio della Technical University of Madrid, l’attività fisica aiuta anche ad accorciare il travaglio.

Il team del professor Ruben Barakat ha effettuato uno studio su 508 donne incinte e in buona salute. 253 di loro hanno fatto da gruppo di controllo, mentre 255 hanno fatto sport in gravidanza. Le donne del secondo gruppo hanno seguito un programma di aerobica tre volte a settimana durante tutta la gestazione.

Al momento del parto, i ricercatori hanno preso nota di una serie di fattori, tra cui:

  • durata del travaglio;
  • peso guadagnato dalla madre;
  • uso dell’epidurale;
  • peso del bambino.

Le donne che avevano partecipato alle lezioni di aerobica avevano un travaglio in media più breve. In particolare, l’esercizio fisico sembra aver ridotto la durata della prima fase del travaglio e quella totale. Inoltre, le donne del secondo gruppo hanno fatto meno ricorso all’epidurale di quelle del primo gruppo. Anche il peso dei neonati è risultato più nella norma tra le neo-mamme che avevano fatto sport in gravidanza.

Lo studio è l’ennesima prova di quanto fare esercizio fisico in gravidanza sia utile sia per la mamma sia per il bambino. Serve che la donna si attenga a un programma di esercizi moderato e in linea con le esigenze della gravidanza. Ciononostante, basta un minimo di attenzione per godere di grandi benefici anche sul lungo periodo.

Fonte: independent.co.uk

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L’esposizione prenatale al bisfenolo A altera il cervello?

Secondo un team dell’Università di Calgary, l’esposizione prenatale al bisfenolo A (BPA) potrebbe alterare lo sviluppo cerebrale. Anche i livelli considerati sicuri, causerebbero invece anomalie comportamentali in età adulta.

Il bisfenolo A è una sostanza chimica contenuta in un gran numero di oggetti di uso comune. Lo si usa per le bottiglie d’acqua, la carta, i contenitori per i cibi già pronti. Si sa che in grosse quantità interferisce con il sistema endocrino. Secondo alcuni studi, avrebbe effetti negativi sugli ormoni anche in quantità più piccole. Per la prima volta i ricercatori mettono in luce un possibile legame tra BPA e anomalie cerebrali.

La ricerca riassume gli studi effettuati su modelli animali ed esseri umani. Ne emerge un quadro sconfortante sugli effetti dell’esposizione prenatale alla sostanza. Tra i bambini più esposti al bisfenolo A nel grembo materno, infatti, ci sarebbe un alto tasso di problemi comportamentali. I ricercatori sospettano quindi che la sostanza alteri in maniera permanente lo sviluppo cerebrale del feto.

Ad oggi le agenzie mondiali considerano la sostanza sicura. Se il BPA è davvero così tossico, dove sono i presunti danni cerebrali? Questo studio è il primo ad aver mostrato la natura delle anomalie e ad aver evidenziato un possibile legame con la sostanza. Gli embrioni esposti al bisfenolo A sviluppano un numero maggiore di neuroni rispetto a quelli non esposti.

Lo sviluppo cerebrale segue una serie di passi ben distinti. Uno sviluppo precoce di certi neuroni significa che questi migreranno in zone sbagliate del cervello. Creeranno così connessioni sbagliate e provocheranno conseguenze sul lungo periodo. L’esposizione prenatale al BPA pare quindi avere effetti permanenti, simili nelle cavie e negli esseri umani. Almeno questo è quanto afferma lo studio. Per confermarlo saranno necessarie altre ricerche mirate.

Fonte: endocrine.org

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L’esposizione prenatale allo smog altera il cervello

Uno studio del Barcelona Institute for Global Health (ISGlobal) ha individuato un collegamento tra esposizione prenatale allo smog e anomalie cerebrali. Secondo i ricercatori, respirare molto smog in gravidanza potrebbe causare alterazioni nel feto. Queste si tradurrebbero in difficoltà cognitive durante l’infanzia.

Lo studio ha mostrato per la prima volta un collegamento tra smog e difficoltà nell’inibizione della risposta. L’esposizione prenatale alle polveri sottili pare infatti essere collegata a una corteccia più sottile. Qui risiedono i nostri freni inibitori e la capacità di controllare gli impulsi. Le anomalie in quelle zone possono essere collegate a deficit dell’attenzione e predisposizione alle dipendenze.

I ricercatori hanno seguito un gruppo di donne incinte olandesi e in seguito i loro 783 bambini. Hanno misurato i livelli di inquinamento dell’aria a casa e nelle zone frequentate dalle future mamme. In particolare, si sono concentrati sui livelli di diossido di azoto e di polveri sottili. Tra i 6 e i 10 anni, hanno inoltre monitorato lo sviluppo cerebrale dei bambini usando tecniche di diagnostica per immagini.

Combinando i dati raccolti, i ricercatori hanno rilevato un collegamento tra i livelli di polveri sottili e la presenza di anomalie. La gran parte delle donne hanno trascorso la gestazione in ambienti considerati salubri. Ciononostante, anche i livelli medi si sono dimostrati forse dannosi per il feto. Secondo i ricercatori, questo dovrebbe spingere a rivedere gli attuali livelli di inquinamento dell’aria nelle nostre città.

Fonte: eurekalert.org

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Sindrome alcolico fetale: cos’è e quali sono i sintomi

La sindrome alcolico fetale o FAS è un disturbo provocato dall’esposizione prenatale all’alcol. Comprende un gran numero di sintomi, di gravità variabile e di natura sia fisica sia comportamentale. La letteratura medica la segnala solo a partire dagli anni ‘70 del secolo scorso, quindi è una patologia riconosciuta solo di recente.

Secondo gli studi, il corpo femminile contiene meno acqua rispetto a quello maschile. Per questo motivo, le donne tendono a impiegare più tempo per smaltire l’alcol ingerito. I tempi già lunghi si dilatano ancora in caso di gravidanza. In questo caso, l’alcol e i prodotti della sua metabolizzazione arrivano al feto attraverso la placenta. Il feto è incapace di metabolizzare l’alcol e lo mantiene in circolo più a lungo.

Maggiore è il consumo di alcol materno, maggiori sono i rischi cui è esposto il feto. Ciononostante, anche il consumo sporadico può essere dannoso, influendo sulle diverse fasi dello sviluppo fetale. Se consumato nei vari momenti della gestazione, l’alcol provoca infatti:

  • nella 4° settimana, sviluppo anomalo del cranio;
  • nel primo trimestre, dismorfologie facciali, problemi cerebrali, difetti congeniti;
  • nel secondo trimestre, deficit di crescita.

L’espressione sindrome alcolico fetale è usata anche per le manifestazioni parziali del consumo di alcol. In gran parte dei casi, queste prevedono anomalie nello sviluppo fisico che rendono la diagnosi immediata. Chi soffre di FAS presenta pieghe agli angoli degli occhi, naso corto e piatto, strabismo, fronte lunga e stretta, ipoplasia mascellare e mandibolare.

La FAS è collegata anche a problemi mentali e comportamentali, quali ritardo mentale, disturbo dell’attenzione e iperattività. Alcuni soggetti presentano solo questi sintomi, il che rende la diagnosi più difficile.

Fonte: epicentro.iss.it

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