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Aurora magazine

L’utero arcuato aumenta il rischio di aborto spontaneo?

Lo sviluppo embrionale dell’utero comporta la fusione dei due dotti mulleriani. Il tessuto tra i due si riassorbe, così da ottenere un organo unico. A volte, la fusione o il riassorbimento dei tessuti non va a buon fine. In questi casi, si sviluppano una serie di anomalie congenite, tra cui l’utero arcuato. In che modo questo influenza le probabilità di portare a termine una gravidanza?

Le anomalie uterine possono avere conseguenze negative sulla gestazione. Una recente analisi si è concentrata sull’utero arcuato in relazione alle tecniche di fecondazione in vitro. I ricercatori hanno analizzato i tassi di successo delle tecniche di fecondazione nelle donne con questa anomalia. A questo scopo, hanno valutato la cavità uterina di un gruppo di donne che si stavano sottoponendo a IVF.

Tra le donne coinvolte, 76 avevano l’utero arcuato e 354 facevano parte del gruppo di controllo. Le prime hanno subito in tutto 83 tentativi di impianti, contro i 378 del secondo gruppo. Il tasso di successo dell’impianto è stato del 63,7% tra le donne con utero arcuato e del 65,4% tra le altre. Anche il tasso di nati vivi si è rivelato simile e quello di aborto spontaneo (4,8% nel primo gruppo, 4,3% nel secondo). Pare quindi che l’utero arcuato non influenzi in maniera significativa i risultati della fecondazione in vitro.

La criticità maggiore dello studio riguarda i criteri per la diagnosi dell’utero arcuato. Ad oggi non esiste un criterio unico, per cui si mettono nello stesso gruppo donne con uteri molto diversi. Il tasso di variazione può andare dal 3% fino al 38%.

Fonte: medscape.com

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In aumento l’uso di cannabis tra le future mamme

Uno studio Kaiser Permanente ha analizzato l’uso di cannabis tra le future mamme. I ricercatori hanno scoperto che è più comune tra le donne con gravi problemi di nausea sono più inclini. Il tasso di consumo è invece più basso tra le donne che non soffrono di nausee mattutine.

Lo studio approfondisce lavori precedenti, che attestavano un aumento del consumo di cannabis tra le donne incinte. Nessuno di questi si soffermava però sul “perché” di questo aumento. Le ragioni starebbero nelle nausee mattutine. Secondo i ricercatori, è probabile che molte donne usino la sostanza come automedicazione.

I ricercatori hanno coinvolto oltre 220.000 donne incinte, raccogliendo dati sul consumo di sostanze e su eventuali disagi. Si tratta dello studio più ampio fatto fino a oggi sul tema. Il team della dottoressa Kelly Young-Wolff ha così scoperto che le donne con nausee gravi avevano 4 volte in più le probabilità di consumare cannabis. Il tasso era 2 volte più alto tra quante lamentavano nausee lievi.

La percentuale di consumo prenatale di marijuana tra le donne era del 5,3%. Delle oltre 220.000 donne il 2,3% lamentava problemi gravi di nausea. L’11,3% di queste usava la cannabis per alleviare i disagi. Le donne con problemi lievi di nausea erano invece il 15,3%, l’8,4% delle quali consumava marijuana in gravidanza. Tra le donne senza problemi di nausea, invece, il consumo era del 4,5%.

I medici sconsigliano il consumo di cannabis in gravidanza. La sostanza potrebbe avere conseguenze sullo sviluppo neurale del feto e sul peso alla nascita. Saranno però necessari ulteriori studi anche su questi dati.

Fonte: medicalxpress.com

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Lo stress in gravidanza aumenta il rischio di disturbi dell’umore

Alti livelli di cortisolo in gravidanza sono legati a una prole più ansiosa e incline a disturbi depressivi. Uno studio pubblicato su Biological Psychiatry ha analizzato le conseguenze dello stress su un gruppo di future mamme. Alti livelli di cortisolo rinforzerebbero i canali comunicativi tra regioni cerebrali adibite all’elaborazione di sentimenti e sensazioni. Le conseguenze più evidenti sono state sulla prole di sesso femminile, mentre quella di sesso maschile non ha manifestato conseguenze.

Le dottoresse Alice Graham e Claudia Buss hanno misurato i livelli di cortisolo in 70 donne incinte. Per avere dati più affidabili, hanno ripetuto l’operazione più volte nel corso di primo, secondo e terzo trimestre. Inoltre, hanno tenuto conto delle variazioni tipiche della gravidanza. Una volta nati i piccoli, hanno subito usato la risonanza magnetica per analizzare le connessioni neurali. Hanno ripetuto le analisi dopo 2 anni, analizzandone i comportamenti.

Gli alti livelli di cortisolo sono risultati legati ad alterazioni nel cervello dei neonati. I piccoli hanno mostrato conseguenze nello sviluppo di diverse regioni cerebrali e nel modo in cui comunicano tra loro. La connettività alterata coinvolgeva regioni legate all’elaborazione delle emozione, l’amigdala. Secondo lo studio, i neonati che mostravano queste alterazioni erano gli stessi che 2 anni dopo avrebbero manifestato sintomi ansiosi e depressivi.

Lo studio è l’ennesima prova di come lo stato di salute materno influenzi le condizioni future del bambino. Nello specifico, dimostra che la predisposizione alle malattie mentali si sviluppa nel ventre materno. Nel caso del cortisolo, però, le conseguenze hanno toccato solo l’attività cerebrale delle bambine.

Fonte: elsevier.com

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Il DDT aumenta il rischio di autismo?

Un team di ricerca internazionale ha analizzato più di 1 milione di gravidanze finlandesi. Secondo quanto emerso, alti livelli di DDT nel sangue materno alzano il rischio di autismo per i figli. È la prima volta che uno studio collega l’insetticida alla malattia. Lo studio è stato guidato dai ricercatori della Columbia University, in collaborazione con l’Univesità di Turku.

I ricercatori hanno seguito 1 milione di gravidanze tra il 1987 e il 2005, tra le quali hanno identificato 778 casi di autismo. Hanno quindi confrontato i dati delle mamme dei bambini autistici con quelli delle mamme dei bambini sani. In particolare, hanno cercato tracce di DDE nei campioni di sangue prelevati nelle prime fasi della gestazione. Trattasi di un metabolita del DDT, ovvero un prodotto derivante dall’assimilazione del DDT.

Secondo i dati, le donne con alti livelli di DDE nel sangue avevano due volte le probabilità di dare alla luce un bambino autistico. Per avere dati più affidabili, i ricercatori hanno tenuto conto anche di fattori di rischio come l’età materna e la predisposizione genetica. Gli aggiustamenti hanno confermato quanto emerso in un primo momento. Ciò significa che l’esposizione prenatale al DDT potrebbe causare l’autismo.

Il DDT è illegale sia negli Stati Uniti sia in Finlandia, ma le sue tracce persistono nella catena alimentare. Ci vorranno decadi prima che spariscano del tutto e nel mentre continuano a influenzarci. La sostanza è in grado di attraversare la placenta, quindi è pericolosa anche per il feto.

Fonte: mailman.columbia.edu

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