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Aurora magazine

La pressione alta in gravidanza aumenta il rischio di infarto

Le donne che soffrono di pressione alta in gravidanza sono più soggette a preeclampsia, il che comporta alti rischi per il bambino. Uno studio evidenzia come questa condizione sia pericolosa anche per la madre. Chi ha problemi di pressione alta durante la gestazione, ha più probabilità di avere attacchi cardiaci o ictus. La ricerca è stata finanziata dalla British Heart Foundation (BHF) e presentata al British Cardiovascular Society Conference di Manchester.

Un team delle Università di Cambridge e Bristol ha esaminato i dati di 6,5 milioni di donne, raccolti tra il 1997 e il 2015. Di queste, oltre 276.000 avevano avuto problemi di pressione alta e 223.715 di preeclampsia. La mole di dati ha permesso ai ricercatori di esaminare anche la frequenza di malattie cardiache e cardiocircolatorie, compresi attacchi cardiaci e ictus.

Una donna con problemi di pressione alta in gravidanza ha il 45% di probabilità di avere un attacco di cuore. La percentuale sale del 70%, se la donna ha sofferto anche di preeclampsia. In condizioni normali, circa 3 donne su 1.000 soffrono di problemi cardiocircolatori dopo la gravidanza. Con la pressione alta, il numero sale a 5 ogni 1.000. Con la preeclampsia, si arriva a 6 donne su 1.000. Le percentuali riguardanti il rischio di ictus sono ancora più gravi.

Una donna che ha sofferto di pressione alta in gravidanza ha l’80% di probabilità in più di avere un ictus. La condizione raddoppia le probabilità di avere cardiomiopatie fatali. Conoscere questi dati potrebbe salvare la vita a tante donne a rischio di malattie cardiocircolatorie.

Fonte: eurekalert.org

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Troppi Omega 6 in gravidanza fanno male

Nella nostra società, consumiamo grandi quantità di grassi omega 6, in particolare acido linoleico. Quest’ultimo è presente nelle patatine in busta e negli oli vegetali. Uno studio mostra però come l’eccesso di questa sostanza possa diventare pericoloso in gravidanza. Pare infatti essere associato a un tasso maggiore di malattie cardiache. La ricerca è stata pubblicata su The Journal of Physiology.

I medici raccomandano di consumare acido linoleico circa tre volte alla settimana. I ricercatori hanno analizzato gli effetti della sostanza in gravidanza, sottoponendo delle cavie a una dieta ricca di acido linoleico per 10 settimane. Dopodiché le hanno fatte accoppiare e hanno continuato ad analizzare gli effetti della dieta sulla gravidanza.

Le cavie che seguivano la dieta prima e durante la gestazione hanno manifestato tre cambiamenti:

  • aumento delle proteine infiammatorie nel fegato;
  • livelli maggiori di una proteina che causa le contrazioni dell’utero;
  • riduzione di un ormone che regola la crescita e lo sviluppo del feto.

Tutti questi cambiamenti sono collegati a un aumento delle complicazioni e a problemi nello sviluppo del feto. Bisogna però verificare se gli effetti dell’acido linoleico sono gli stessi in ratti ed esseri umani. Se così fosse, le donne in gravidanza dovrebbero ridurre il consumo di omega 6 durante la gestazione.

Parlando dei ratti, l’unica variante rispetto al gruppo di controllo erano le quantità di acido linoleico. I livelli di grassi e zuccheri erano nella norma, quindi non si può attribuire loro nessuno di questi effetti. Quando si parla di esseri umani, bisogna tenere di conto che i cibi ricchi di omega 6 tendono ad essere anche grassi e salati. Questo comporta un ulteriore rischio per la salute.

Fonte: physoc.org

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Arriveranno i test genetici per prevedere il peso alla nascita?

I ricercatori di ben quattro università inglesi hanno identificato 190 fattori genetici che influiscono sul peso alla nascita. Lo studio potrebbe portare allo sviluppo di un test genetico ad hoc, che permetta di calcolare il rischio di peso ridotto. I bambini troppo piccoli al momento del parto, infatti, corrono rischi sia sul breve sia sul lungo periodo.

Il peso alla nascita è un fattore determinante per lo stato di salute del bambino. Ecco perché i ricercatori hanno cercato eventuali anomalie genetiche collegate al fenomeno. Ciò ha portato all’identificazione dei geni di cui sopra, un quarto dei quali sono analizzabili tramite il sangue materno. Un eventuale test prenatale sarebbe quindi del tutto sicuro per il bambino.

I ricercatori hanno studiato 230.069 madri e 321.223 bambini. Hanno preso nota del peso alla nascita e hanno cercato eventuali anomalie genetiche in comune. Ne hanno identificate 190, di cui 129 mai riportate in precedenza. Inoltre, hanno identificato un collegamento tra anomalie, peso ridotto alla nascita e pressione alta più avanti nella vita.

Lo studio in questione non è il primo sul tema. Un altro team aveva esaminato gli effetti della modulazione genetica della placenta su sviluppo fetale e obesità infantile. In quella sede, era emerso un altro collegamento tra peso alla nascita e probabilità di diventare obeso più avanti nella vita. I risultati avevano inoltre individuato delle alterazione nell’espressione di alcuni geni della placenta.

Fonte: news-medical.net

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Progesterone contro il sanguinamento in gravidanza

Secondo i ricercatori dell’Università di Birmingham, il progesterone potrebbe aiutare contro il sanguinamento nei primi mesi di gestazione. Inoltre, aumenterebbe le chance di successo in quante hanno una storia di aborti spontanei alle spalle.

I ricercatori hanno coinvolto 4.153 donne incinte con problemi di sanguinamento, età media 31 anni. Il sanguinamento precoce è solitamente collegato all’aborto spontaneo, che colpisce circa una donna su 5. I ricercatori hanno quindi somministrato progesterone a metà delle donne, mentre all’altra metà hanno somministrato un placebo. In questo modo hanno testato un’ipotesi emersa nel corso di tanti piccoli studi: l’ormone riduce davvero il rischio di aborto?

I dati mostrano un modesto miglioramento tra le donne del primo gruppo, specie tra quante avevano sperimentato più aborti spontanei. Rispetto al gruppo di controllo, c’è stato il 4% in più di gravidanze andate a buon fine. Su 777 di loro, 591 (76%) hanno portato a termine la gravidanza. Su 738 del gruppo di controllo, le gravidanze arrivate a termine sono state 534 (72%).

Sono ormai 60 anni che si discute il ruolo del progesterone durante la gestazione. Insieme a un altro studio con circa 4000 partecipanti, questo di Birmingham conferma quanto si sospettava: il progesterone aiuta a prevenire l’aborto spontaneo. Una scoperta che potrebbe aiutare migliaia di donne che hanno perso uno o più bambini, in apparenza senza motivo.

Gli autori dello studio sperano che la scoperta possa aiutare a rinnovare le linee guida dell’Istituto Nazionale per la Sanità.

Fonte: bham.ac.uk

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