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Aurora magazine

Assumi omega 3 in gravidanza e riduci i rischi del sovrappeso

Assumere integratori di omega 3 in gravidanza riduce i rischi legati al sovrappeso per il bambino. Secondo uno studio della dottoressa Susan Carlson, della Università del Kansas, l’esposizione prenatale all’acido riduce la pressione sanguigna. I bambini sovrappeso le cui madri hanno assunto omega 3 durante la gestazione, hanno infatti i stessi livelli dei bambini normopeso. Questo ovviamente non annulla tutte le conseguenze negative legate alla condizione.

Un alto indice di massa corporea (BMI) è legato a un gran numero di patologie cardiovascolari, soprattutto in età adulta. Perfino i bambini obesi possono avere problemi come pressione alta precoce. Non tutti, però: coloro le cui madri hanno assunto grosse quantità di omega 3 sono più sani. Pur soffrendo di altri problemi fisici e psicologici legati al sovrappeso, hanno una pressione diastolica e sistolica nella media.

Il team della dottoressa Carlson hanno seguito gruppi di bambini esposti all’omega 3. Parte delle madri l’hanno assunto in gravidanza, parte durante durante l’allattamento o l’hanno aggiunto al latte in polvere. Dai dati è emerso che l’esposizione intrauterina è la più efficace. Può darsi che agisca sui meccanismi stessi che legano peso e pressione sanguigna, ma bisognerà approfondire il tema. Ad ogni modo, anche l’assunzione durante l’allattamento ha i suoi pregi.

Esiste un altro studio che ha analizzato gli effetti dell’omega 3 sulla pressione sanguigna. Questa volta, i bambini hanno assunto gli integratori per i primi 4 mesi di vita. A 6 anni, avevano una pressione sanguigna più bassa.

Fonte: medpagetoday.com

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In gravidanza cresce la percezione dello spazio personale

In gravidanza ci sono molti cambiamenti evidenti nel corpo della donna, che si adatta per accogliere il feto. Uno studio della dottoressa Flavia Cardini svela che insieme all’espansione fisica se ne verifica una mentale. Nel corso del terzo trimestre, le donne incinte sperimenta un aumento del proprio spazio personale.

I ricercatori hanno chiesto a un gruppo di donne incinte di definire il proprio spazio personale. Le donne erano bendate e dovevano premere un bottone appena avessero sentito un tocco contro l’addome. In alcuni casi la risposta era disturbata da un suono lungo, che sembrava iniziare da lontano e avvicinarsi.

Di solito, le persone reagiscono più lentamente al tocco quando il suono sembra lontano. Quando inizia ad avvicinarsi, invece, sono più reattive. La dottoressa Cardini e il suo team hanno verificato se le risposte delle donne incinte reagivano in modo diverso. Da quanto è emerso, nel corso della gravidanza le risposte variano.

Le donne alla 34a settimana di gestazione hanno risposto più velocemente al tocco, specie se comparate ad altre non incinte. Questo significa che la loro percezione dello spazio personale è più ampia. Secondo alcuni psicologi, potrebbe essere una reazione protettiva verso il pancione da difendere. Eppure, il fenomeno si verifica solo molto avanti nella gestazione: le donne alla 20a settimana non hanno infatti manifestato alcun cambiamento.

La dottoressa Cardini si aspettava dei cambiamenti anche nelle prime fasi della gestazione. Forse, nelle prime settimane si percepisce meno la necessità di proteggere il pancione. Ad ogni modo, questo spiega anche perché tante donne provino un accentuato fastidio quando parenti e amici insistono per toccare il pancione.

Fonte: sciencenews.org

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Combinare test genetici ed ecografia per individuare più anomalie

Un team di ricercatori nel Regno Unito ha studiato l’efficacia dei test genetici combinati alle normali ecografie. Il team includeva scienziati provenienti dal Wellcome Sanger Institute, dall’Università di Cambridge, dall’Università di Birmingham, dal Great Ormond Street Hospital.

Secondo lo studio, il sequenziamento del DNA fetale permette di individuare circa il 10% di anomalie in più. Molte di queste sarebbero state impossibili da individuare anche dopo la nascita, rendendo più difficile intervenire per tempo. Di conseguenza, aggiungere il sequenziamento del genoma agli screening tradizionali potrebbe apportare un gran numero di benefici.

Il team ha sequenziato il DNA fetale in 610 gravidanze; in tutte queste, i feti presentavano almeno un’anomalia evidente già dall’ecografia. Grazie al test genetico, gli scienziati hanno diagnosticato la presenza di una malattia genetica in 52 casi. Gran parte di questi feti presentavano problemi cardiaci, anomalie scheletriche, problemi a più organi.

Individuare l’eventuale presenza di una malattia genetica può aiutare i genitori in più di un modo. Permette loro di indagare se sono o meno portatori sani della malattia, così da prendere le adeguate precauzioni nel caso di una seconda gravidanza. Consente loro di parlare con degli specialisti prima ancora che il bambino nasca, per individuare le terapie migliori. Tutto questo è impossibile senza una diagnosi prenatale.

Secondo gli autori dello studio, i test genetici dovrebbero diventare di routine. Quanto meno, bisognerebbe applicarli in caso di anomalie evidenti fin dall’ecografia.

Fonte: medicaldevice-network.com

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Pensare positivo in gravidanza aumenta le capacità matematiche

Ci potrebbe essere un legame tra pensiero positivo in gravidanza e abilità matematiche del nascituro. Lo riporta uno studio dell’Università di Bristol, parte di una serie più ampia che esamina il legame tra “locus del controllo” nei genitori e tratti dei figli.

Il locus del controllo è una misura psicologica che indica il grado percepito di controllo sul mondo. Coloro con un locus esterno credono che sforzarsi non serva a niente, che tutto dipenda solo dal mondo esterno. Chi invece ha un locus interno è più propenso all’azione, perché ritiene che tutto dipenda da sé. Negli anni ‘90, i ricercatori hanno valutato questa misura in oltre 1600 donne incinte. Anni dopo, hanno valutato le capacità matematiche dei figli a 8, 11 e 13 anni.

Secondo lo studio, le donne con un locus interno durante la gravidanza hanno avuto più bambini abili in matematica. È probabile che buona parte del merito sia legato al modo in cui queste donna hanno cresciuto i figli. Molte di loro davano ai piccoli alimenti pensati per lo sviluppo cerebrale, leggevano loro storie, li aiutavano a fare i compiti. Tutti comportamenti che aiutano a sviluppare le proprie capacità e ad affrontare meglio il mondo. Eppure c’è di più.

Le donne con locus interno erano molto più consapevoli delle conseguenze del proprio stile di vita sul feto. Di conseguenza mangiavano bene, dormivano il necessario, cercavano di evitare fonti di stress. Tutti comportamenti con un impatto positivo sullo sviluppo fetale, che potrebbe spiegare in parte i benefici a lungo termine sui bambini.

Fonte: bristol.ac.uk

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