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Scoperta nuova causa genetica dell’epilessia

Uno studio del Centro per le Neuroscienze e Tecnologie sinaptiche dell’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) mostra una nuova possibile causa genetica dell’epilessia. I ricercatori hanno usato le cellule staminali di alcuni pazienti per ottenere dei neuroni malati. Hanno così potuto osservare lo sviluppo della malattia e le sue cause.

I ricercatori sono partiti dalle cellule staminali pluripotenti indotte di alcuni soggetti affetti da epilessia. A partire da queste, hanno sviluppato dei neuroni con lo stesso patrimonio genetico dei donatori. In questo modo sono stati in grado di analizzare i comportamenti dei neuroni malati. Hanno inoltre individuato le anomalie genetiche che accomunavano tutti i pazienti.

Nel corso dello studio, gli scienziati hanno registrato tutto lo sviluppo dei neuroni malati. Ne hanno osservato le attività elettriche e hanno ripercorso i meccanismi alla base della malattia. Tutte operazioni impossibili da effettuare in vivo, specie quando si parla di cellule del sistema nervoso. In un secondo momento, si sono concentrati sulle caratteristiche genetiche dei neuroni.

I neuroni malati hanno mostrato una serie di mutazioni del gene Prrt2. Le anomalie individuate provocano un malfunzionamento del gene, con conseguente inattivazione dell’omonima proteina per cui il gene codifica. Ciò rende i neuroni più eccitabili della media, il che provoca a propria volta emicranie, discinesie e attacchi epilettici.

La ricerca è stato pubblicata sulla rivista Brain e dimostra per l’ennesima volta il grande potenziale della riprogrammazione cellulare. Bastano poche cellule del paziente per individuare le possibili cause genetiche di una malattia.

Fonte: ansa.it

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Migliaia di malattie mitocondriali rimangono senza diagnosi

Chi soffre di malattie mitocondriali rimane spesso per anni senza diagnosi. Uno studio della Columbia University Irving Medical Center documenta le difficoltà di questi pazienti. Si calcola che infatti circa 75.000 statunitensi convivano con queste malattie genetiche. Ciononostante, molti di loro non conoscono la fonte dei problemi che li affliggono.

I ricercatori hanno intervistato 210 pazienti affetti da malattie mitocondriali. In media, i soggetti hanno dovuto consultare 8 medici diversi prima di ricevere una diagnosi. Molti di loro hanno eseguito test diagnostici di vario genere, dagli esami del sangue alle biopsie. Più di metà dei partecipanti – il 55% – ha riportato di aver ricevuto una diagnosi sbagliata. Quasi un terzo – il 32% – ha ricevuto due o più diagnosi sbagliate, quali:

  • 13% un disordine psichiatrico;
  • 12% una fibromialgia;
  • 9% sindrome da fatica cronica;
  • 8% sclerosi multipla.

Lo studio ha dimostrato quanto sia difficile diagnosticare le malattie mitocondriali. La strada che porta alla verità è per molti costellata di diagnosi sbagliate e contrastanti, domande e medici diversi. Per questo motivo Michio Hirano, autore principale dello studio, ha deciso di documentare il tutto.

I partecipanti allo studio hanno riportato in tutto più di 800 sintomi diversi. Il più comune è la debolezza cronica, riportata da circa il 62% delle persone. Seguono la fatica permanente (56%), la difficoltà a camminare (39%), le palpebre cadenti (33%) e la mancanza di coordinazione (32%). La varietà di sintomi ha dato origine al gran numero di diagnosi sbagliate di cui sopra.

Le difficoltà a trovare una diagnosi corretta sono in buona parte frutto di un quadro sintomatologico variegato. Molti medici di base non sono abituati a trattare con i sintomi di una malattia genetica rara. Questo li porta a confonderli con qualcos’altro e a dare diagnosi sbagliate, anche se in buona fede. Ciò indica la necessità di nuovi strumenti standard per facilitare la diagnosi di certe malattie.

Fonte: mailman.columbia.edu

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Nuove diagnosi di malattie genetiche grazie alle cartelle cliniche elettroniche

Dietro ad alcuni casi di infarto, ictus, infertilità e malattia renale si potrebbero nascondere malattie genetiche ancora non diagnosticate. I ricercatori del Vanderbilt University Medical Center hanno trovato un modo per cercare i dati genetici nelle cartelle cliniche elettroniche. In questo modo sarà più facile identificare la presenza di malattie genetiche in ampie fette di popolazione.

La scoperta potrebbe avere ripercussioni importanti sulla scelta dei trattamenti. Si calcola infatti che il 14% di coloro con una variante genetica che interessa i reni abbia subito un trapianti. Lo stesso vale per un 10% di persone con una variante che colpisce il fegato. Se i medici avessero tutte le informazioni necessarie, sarebbe possibile evitare trapianti poco utili e puntare su altri trattamenti.

Il team del professor Josh Denny ha cercato in 21.701 cartelle cliniche degli insiemi di sintomi legati a determinate varianti genetiche. Ha quindi assegnato un punteggio in base alla vicinanza con una delle 1.204 malattie prese in considerazione. Più il punteggio era alto, più era probabile che il paziente soffrisse di quella malattia genetica.

Il procedimento ha permesso ai ricercatori di isolare decine di possibili casi di malattie rare non diagnosticate. Tra queste, hanno identificato 18 associazioni tra varianti genetiche e punteggio di rischio. La scoperta ha inoltre fornito nuovi dati riguardanti la natura di alcune malattie genetiche ereditarie.

Secondo i ricercatori, molte problematiche altrimenti inspiegabili potrebbero essere legate a malattie genetiche. Una volta diagnosticata l’eventuale patologia, trovare un trattamento ad hoc diventa più facile. Per questo motivo, il nuovo procedimento elaborato potrebbe cambiare in maniera positiva la vita di molte persone.

Fonte: news.vanderbilt.edu

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Mappati i geni dell’intelligenza umana

I ricercatori dell’Università di Edimburgo hanno creato una mappa dei geni dell'intelligenza. È lo studio più vasto riguardante questo tema e potrebbe dare inizio a veri e propri test genetici di intelligenza. I ricercatori hanno già usato la mappa per identificare il 7% delle differenze tra le loro intelligenze.

Il dottor David Hill e il professor Ian Deary sono partiti dal genoma di 240.000 persone nel mondo. Hanno confrontato le caratteristiche genetiche degli individui con i loro risultati nei test di intelligenza. In questo modo hanno identificato 538 geni distribuiti in 187 regioni del DNA. Nel 2017 un team olandese aveva svolto uno studio simile, coinvolgendo 60.000 adulti e 20.000 bambini. In questa occasione erano stati identificati solo 52 geni, quindi meno di un decimo.

Lo studio scozzese ha svelato che i geni dell’intelligenza sono collegati anche ad altri processi biologici. Ad esempio, alcuni di questi sono associati alla longevità o alla migrazione delle cellule nervose nelle varie aree del cervello. Ciò proverebbe la presenza di un legame molto stretto tra intelligenza e processi biologici.

Era già noto come ambiente e cultura possano essere determinanti nello sviluppo intellettivo di una persona. Adesso sappiamo anche che condizioni fisiche, salute e intelligenza potrebbero essere correlati. Questi tre fattori sembrano infatti condividere almeno parte degli stessi geni. Il prossimo passo sarà determinare il grado e il tipo di intelligenza di un individuo a partire dal suo DNA.

Fonte: ansa.it

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