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Aurora magazine

I geni del colesterolo alto sono uguali ovunque?

Alcuni dei geni usati per valutare il rischio di ipercolesterolemia familiare potrebbero cambiare in base al luogo di origine. Il team della dottoressa Karoline Kuchenbaecker dell’UCL ha scoperto che gli attuali test non si applicano alle persone provenienti dall’Uganda. Ciò significa che anche altre analisi genetiche e terapie potrebbero essere non del tutto efficaci per persone non europee.

Gli studi genetici ci hanno aiutato a comprendere meglio come funziona l’essere umano, permettendo di sviluppare nuove terapie. Purtroppo, gran parte di essi sono condotti quasi esclusivamente su persone europee o discendenti da europei. C’è quindi un grosso buco analitico, che interessa tutte le popolazioni non europee e le persone che discendono da esse. La dottoressa Kuchenbaecker è partita proprio da questa premessa per il suo nuovo studio.

Il gruppo di ricercatori ha analizzato come alcune varianti genetiche note influenzano i livelli di grasso nel sangue. In particolare, si è concentrato su gruppi di persone provenienti da Regno Unito, Grecia, Cina, Giappone e Uganda. I risultati hanno confermato parte delle preoccupazioni.

I risultati tra i soggetti europei e asiatici erano simili: circa tre quarti dei marker genetici si applicavano a tutti i gruppi. Nel caso delle persone originarie dell’Uganda, invece, solo il 10% dei marker si è dimostrato valido nella diagnosi di alti livelli di trigliceridi. È quindi probabile che gli stessi rischi cardiovascolari vertano su marker diversi.

Secondo gli scienziati, le cause di queste differenze potrebbero stare nell’ambiente. A fronte di un patrimonio genetico quasi identico, i vari gruppi umani vivono in condizioni diametralmente opposte.

Fonte: ucl.ac.uk

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I geni BRCA raddoppiano il rischio di cancro alla prostata

Gli uomini positivi alle varianti del gene BRCA hanno il doppio delle probabilità di ammalarsi di cancro alla prostata. Lo rivela uno studio dell’Institute of Cancer Research, di Londra. I ricercatori hanno esaminato il DNA di quasi 1400 volontari, di cui 902 portatori delle varianti.

Le anomalie del gene BRCA2 sono associate a un rischio più alto di tumore al seno e alle ovaie. Le donne portatici della variante hanno tra il 50% e l’85% di ammalarsi di tumore al seno entro i 70 anni. Questo studio si concentra però sulle conseguenze del gene negli uomini, prese molto meno in considerazione.

Non sempre i normali test per il cancro alla prostata bastano: diversi studi lo dimostrano. La sola analisi dell’antigene PSA, collegato specificatamente a questa patologia, non è applicabile alla popolazione generale. In compenso, i test in questione hanno mostrato che i portatori di BRCA2 erano più soggetti a forme gravi di tumore. I ricercatori hanno quindi deciso di indagare la questione.

Lo studio comprende i dati genetici di 902 portatori e di 497 non portatori di BRCA2. I ricercatori hanno analizzato quanti dei soggetti analizzati erano affetti o si sarebbero ammalati di tumore alla prostata. Circa il 40% dei soggetti non portatori del gene soffriva di malattie clinicamente rilevanti, contro il 77% dell’altro gruppo. Inoltre, questi ultimi avevano il doppio delle probabilità di ammalarsi di tumore.

Fonte: telegraph.co.uk

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Trovata la causa della malattia di Krabbe

Gli scienziati della Washington University School of Medicine di St. Louis potrebbero aver trovato la causa della malattia di Krabbe. Si tratta di una malattia genetica fatale, il cui sviluppo è ancora oggi in buona parte un mistero. A partire da alcuni modelli animali, i ricercatori hanno individuato il percorso biochimico che porta alla malattia. La scoperta potrebbe portare allo sviluppo di possibili strategie terapeutiche.

La malattia causa la perdita della pellicola protettiva degli assoni, deteriorata dalla psicosina. Ciò provoca danni neurologici e la morte entro i 3 anni. In chi soffre della malattia manca infatti una proteina che distrugge la psicosina. Era però poco chiaro quale fosse la fonte esatta della psicosina, rendendo di fatto impossibile risolvere il problema.

Gli autori dello studio hanno scoperto che le cavie affette dalla malattia di Farber erano immuni alla malattia di Krabbe. La Farber è un’altra malattia genetica letale, caratterizzata dall’assenza della ceramidasi. Quando questa proteina manca, la psicosina non è più in grado di formarsi e annulla gli effetti della Krabbe. Cosa ancora più incredibile, i topi con entrambe le malattie genetiche sono sopravvissuti più delle altre cavie malate.

I test provano che la ceramidasi è il trigger della malattia, ciò che innesca i livelli tossici di psicosina. Di conseguenza, i ricercatori hanno somministrato un inibitore della proteina nei topi malati di Krabbe, di solito usato nella chemioterapia. I topi sono vissuti un po’ più a lungo, anche se non molto. Non si può quindi ancora parlare di una terapia, ma si tratta comunque di un inizio.

Fonte: medicine.wustl.edu

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Le sigarette elettroniche fanno male alla fertilità?

Gli effetti del fumo in gravidanza è noto ormai da anni. Le sigarette fanno male in qualunque fase della vita, specialmente nelle primissime. Cosa dire però delle sigarette elettroniche? Uno studio della dottoressa Kathleen Caron ne ha analizzato gli effetti sulla fertilità, concentrandosi sui pericoli per le giovani donne.

Secondo i dati raccolti, nel solo 2018 gli utilizzatori di sigarette elettroniche sotto i 18 anni sono stati 3.6 milioni. Nel 2017, erano stati circa 2.1 milioni. Le sigarette elettroniche sono infatti percepite come più sicure rispetto alle sigarette tradizionali, essendo prive di catrame e di altre sostanze nocive. Ciononostante, gli effetti a lungo termine sulla salute sono ancora poco chiari. Ecco perché la dottoressa Caron le ha testate su gruppi di cavie in età fertile.

Da quanto è emerso dalle analisi sui modelli animali, le sigarette elettroniche potrebbero danneggiare la fertilità femminile. Le cavie esposte al loro fumo durante il periodo fertile, infatti, avevano più problemi a concepire. Il loro utilizzo nel periodo del concepimento potrebbe infatti ritardare l’impianto dell’embrione fertilizzato, riducendo quindi la fertilità. Inoltre, potrebbe causare problemi metabolici a lungo termine sia nella madre sia nel feto.

Quanto è emerso dallo studio avrà bisogno di ulteriori conferme, trattandosi di risultati preliminari. Pare però chiaro che le sigarette elettroniche non siano del tutto prive di conseguenze sulla salute. Per le future mamme “svapatrici”, quindi, potrebbe essere meglio rinunciarvi quanto meno durante la gestazione e nel periodo immediatamente precendente.

Fonte: sciencetimes.com

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