Recensioni verificate Soddisfatta del servizio.
Personale disponibile e gentile. Lo consiglio a tutti ...
Cliente Sorgente Genetica
logomysorgente

02  4948  5291

Aurora magazine

C’è un collegamento tra schizofrenia e orologio interno

I ricercatori dell’Università di Pittsburgh hanno individuato un collegamento tra schizofrenia e orologio interno. Le persone affette dalla malattia mostrano infatti delle anomalie nei geni che regolano il nostro senso del tempo. La scoperta potrebbe aiutarci a comprendere meglio come si sviluppa la malattia e quindi come combatterla.

Molte delle nostre funzioni corporee dipendono da un orologio interno di 24 ore, il ciclo circadiano. Questo ciclo regola anche l’espressione di alcuni geni all’interno di determinate cellule. L’orologio aiuta infatti a spegnere o accendere i geni in questione, a seconda che sia notte o giorno. Secondo gli autori dello studio, nelle persone malate di schizofrenia il meccanismo non funzionerebbe. Per provarlo, hanno analizzato l’espressione genica di 46 persone schizofreniche e di 46 sane.

I ricercatori hanno analizzato l’espressione genica delle cellule della corteccia prefrontale, l’area responsabile della memoria e delle facoltà cognitive. A questo punto, hanno combinato le informazioni raccolte con dati come l’ora della morte. In questo modo, gli scienziati hanno determinato i cambiamenti nel ritmo interno dei diversi geni. Questo ha rivelato alcuni pattern interessanti.

Le analisi hanno rivelato anomalie nell’espressione genica di alcune cellule, che influenzato l’intero funzionamento del cervello. Il fenomeno potrebbe provocare infiammazioni in alcune aree del cervello, con ripercussioni sui sintomi legati alla malattia. Soprattutto, potrebbe chiarire alcuni punti oscuri della malattia, ancora oggi poco compresa e quindi difficile da curare.

Fonte: pitt.edu

Add a comment

Lo stress paterno influenza il comportamento dei figli

I padri molto stressati durante la gravidanza tendono ad avere figli con problemi comportamentali. Lo afferma uno studio dell’Università di Cambridge. I ricercatori hanno seguito i bambini per due anni, analizzando i loro comportamenti e quelli di entrambi i genitori. Da quanto emerge, le madri non sono le uniche ad avere un grosso impatto sui piccoli durante la gestazione.

Ci sono numerosi studi che mostrano una correlazione tra condizioni psicologiche delle future mamme e quelle dei loro bambini. Per quanto possa sembrare strano, lo stesso vale per i padri. I futuri papà che vivono la gestazione come uno stress tendono ad avere un impatto peggiore sui figli. Spesso hanno più difficoltà a relazionarsi con i piccoli, con effetti che si ripercuotono anche nella loro vita adulta. Ciò significa che anche i papà hanno bisogno di supporto psicologico durante la gravidanza.

Lo studio ha seguito 438 coppie in attesa del primo figlio. I genitori hanno risposto a questionari e interviste riguardati la loro vita di coppia, le preoccupazioni, gli eventi stressanti. Il primo ciclo di domande è stato fatto entro la fine del terzo trimestre di gestazione. Dopodiché i ricercatori li hanno intervistati 4 mesi, 12 mesi e 24 mesi dopo il parto. Nel mentre, hanno analizzato i comportamenti e lo sviluppo dei bambini.

I figli di padri stressati e infelici, sono risultati più propensi a esibire a propria volta problemi emozionali. Molti di questi sono risultati preoccupati, infelici, inclini al pianto, spaventati dalle situazioni nuove. Tutte condizioni che potrebbero essere causate da problemi relazionali nella primissima infanzia, anche se la correlazione non è del tutto chiara.

Fonte: telegraph.co.uk

Add a comment

L’ovaio policistico è collegato a problemi cardiaci nel bambino?

Uno studio pubblicato su Cardiovascular Research mostra un possibile collegamento tra ovaio policistico materno e disfunzioni cardiache nei figli. I ricercatori hanno analizzato i piccoli partoriti da cavie affette dalla sindrome, notando un rischio maggiore di problemi cardiaci.

L’ovaio policistico colpisce circa 1 donna su 10 ed è il disturbo riproduttivo più diffuso. Il problema ha una forte componente genetica, ma alcuni studi suggeriscono altre possibili cause. Tra queste potrebbe esserci un ambiente ostile nell’utero materno, caratterizzato da livelli troppo alti di androgeni. Gli autori dello studio si sono però concentrati sulle conseguenze della sindrome sulla prole.

Le donne affette da ovaio policistico tendono a produrre alti livelli di diidrotestosterone nelle ultime fasi della gestazione. Secondo i ricercatori, questo potrebbe causare disfunzioni future nella prole, soprattutto nelle femmine. Per testare la cosa, i ricercatori hanno seguito due gruppi di cavie gravide, ciascuno con un problema diverso.

  • Alti livelli di diidrotestosterone nell’ultimo trimestre.
  • Obesità prima e durante la gestazione.

Dopo il parto, i ricercatori hanno separato i piccoli dalla madre e hanno somministrato loro una dieta controllata. Raggiunta l’età adulta, hanno verificato l’eventuale presenza di anomalie cardiache e di malformazioni nei tessuti del cuore. Inoltre, hanno verificato gli effetti di alti livelli di diidrotestosterone durante la pubertà.

Gli esperimenti mostrano che alti livelli di diidrotestosterone nell’ultimo trimestre e durante la pubertà possono causare patologie cardiache in età adulta. Paradossalmente, l’obesità materna non sembra avere conseguenze altrettanto gravi sul profilo cardiaco dei piccoli di sesso femminile.

Fonte: medicalxpress.com

Add a comment

Una donna transgender può tornare fertile?

Uno studio della dottoressa Hanna Valli-Pulaski esamina il caso di due giovani donne transgender che sono tornate fertili. Le due hanno interrotto la terapia ormonale nella speranza di riprendere la produzione di spermatozoi. Un tentativo ha dato risultati positivi, l’altro no.

Una donna transgender deve seguire una specifica terapia ormonale che la aiuta ad apparire più femminile. La terapia interrompe però la produzione degli spermatozoi, rendendo la persona di fatto sterile. D’altra parte, interrompere l’assunzione dei farmaci è un grosso trauma per una persona transgender e non sempre dà dei risultati.

Il team ha esaminato i registri medici di due donne transgender che hanno interrotto la terapia ormonale per avere campioni di sperma utilizzabili. Li ha confrontati con i dati di un’altra donna transgender che aveva conservato lo sperma prima della transizione.

La prima paziente stava prendendo un farmaco chiamato Lupron. Preso durante l’adolescenza per almeno 6 mesi, il farmaco blocca la pubertà. La paziente ha interrotto l’assunzione e dopo 5 mesi ha ripreso a produrre spermatozoi. I campioni sono risultati di buona qualità e utilizzabili per la IVF. Purtroppo per la seconda paziente è stato più difficile.

Interrompere l’assunzione dei farmaci provoca una serie di cambiamenti fisici: ricresce la barba, la voce si fa più profonda. Per tornare a un aspetto più femmineo serve tempo e può essere un grosso stress per una persona. È quanto è successo alla seconda paziente: la donna assumeva estradiolo e spironolactone da più di due anni. Dopo 4 mesi di interruzione e ancora nessun risultato, la paziente si è arresa e ha ripreso con il percorso di transizione.

Fonte: deccanchronicle.com

Add a comment