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Aurora magazine

Le differenze genetiche della IVF spariscono con il tempo

Le tecnologie di fecondazione assistita come la IVF paiono lasciare il segno sui geni. I bambini concepiti con queste tecnologie manifestano infatti delle varianti dei geni, molte delle quali misurabili alla nascita. Uno studio pubblicato su Nature prova che questi segni spariscono però con il tempo, di solito entro l’età adulta. Le persone concepite in questo modo risultano addirittura più sane della media.

I ricercatori hanno misurato il profilo epigenetico di 158 persone concepite con la fecondazione assistita. L’hanno confrontato con quello di altre 75 persone, concepite invece in modo naturale. Inoltre, hanno suddiviso il primo gruppo in due: coloro concepiti con la fecondazione in vitro (IVF) e coloro concepiti con il trasferimento intratubarico dei gameti (GIFT). Entrambe le tecniche richiedono la stimolazione delle ovaie.

Gli scienziati hanno analizzato il DNA dei volontari adulti – tutti tra i 22 e i 35 anni – e quello di quando erano bambini. Nessuno degli adulti concepiti con la fecondazione assistita mostrava problemi di salute sopra la media, nonostante i campioni di quando erano bambini mostrassero delle variazioni. Confrontando i campioni di adulti e bambini, infatti, sono emersi dei chiari cambiamenti epigenetici avvenuti nel tempo.

Gran parte delle varianti che erano presenti da bambini sono invece assenti nei campioni più recenti. Questo suggerisce che si siano risolte naturalmente nel tempo. È quindi probabile che il tipo di concepimento non influisca sull’attività dei geni nel lungo periodo.

Fonte: theconversation.com

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Identificata una causa ereditaria del cancro al pancreas

Uno studio del Dana-Farber/Brigham e del Women's Cancer Center ha analizzato il DNA di una famiglia con un alto tasso di tumori al pancreas. I ricercatori hanno così identificato una rara mutazione genetica, che aumenta il rischio di sviluppare questo cancro in maniera drammatica. Questa stessa mutazione potrebbe essere collegata anche ad altre forme di tumore. Grazie alla scoperta, si potranno sviluppare nuovi test genetici per valutare il rischio di ammalarsi.

Circa il 10% dei casi di tumore al pancreas è legato a cause ereditarie, paragonabili alle mutazioni BRCA nel cancro al seno. Purtroppo, le mutazioni genetiche in questione non sono sempre identificabili. Il nuovo studio è riuscito a svelare una di queste, il che potrebbe facilitare il trattamento di tanti casi di tumore. Il cancro al pancreas è infatti una malattia difficile da affrontare, specie se individuata nelle fasi più avanzate.

La famiglia analizzata nello studio è stata colpita da ben 5 casi di tumore al pancreas, cui si aggiungono altri membri colpiti da tumori diversi. Questo ha fatto subito pensare a una predisposizione genetica. I ricercatori hanno quindi sequenziato il DNA di due membri della famiglia colpiti dal tumore, uno a 48 anni e l’altro a 80 anni. Così facendo hanno individuato la mutazione in RABL3, che hanno ritrovato anche in membri della famiglia colpiti da altre forme di tumore.

Dopo aver analizzato il DNA dei volontari, i ricercatori hanno riprodotto la mutazione in un gruppo di pesci zebra. Le cavie con la versione mutata del gene presentavano un rischio nettamente maggiore di ammalarsi.

Fonte: dana-farber.org

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Il sequenziamento genetico rivela come si impiantano gli embrioni

Un team di ricercatori cinesi ha usato il sequenziamento genetico per studiare come un embrione si impianta nell’utero. Il gruppo ha analizzato il DNA di migliaia di cellule embrionali prima, durante e dopo l’impianto. In questo modo ha fatto luce su alcune delicate fasi del processo.

Poco dopo la fecondazione da parte dello spermatozoo, l’ovulo si impianta all’interno dell’utero. Ciò gli permette di ricevere ossigeno e nutrienti dalla madre. Per analizzare il fenomeno dal punto di vista cellulare, i ricercatori hanno fecondato 65 ovuli umani e li hanno fatti crescere in vitro. Dopodiché hanno prelevato dei campioni di cellule e ne hanno analizzato il DNA. Hanno ripetuto l’operazione subito dopo l’impianto e in un periodo successivo. Questo ha dato loro una visione d’insieme dei geni coinvolti.

Dalle analisi è emerso che la re-metilazione del DNA avviene prima nelle cellule più primitive. Inoltre, gli scienziati sono riusciti a tracciare il processo di inattivazione del cromosoma X negli embrioni femmina. Nello studio riportano anche di aver seguito i cambiamenti di trascrizione e i cambiamenti nei network di regolazione.

Le scoperte fatte hanno permesso di imparare di più riguardo la metilazione del DNA e sulle cellule coinvolte nel processo di impianto. Secondo i ricercatori, alcune linee genetiche si sviluppano in modo diverso e ci sono vie graduali nell’impianto, che fanno parte dello sviluppo stesso. Ci sono anche prove di cellule che anticipano l’interazione tra embrione e madre durante l’impianto.

Tutte queste informazioni aiuteranno a migliorare la fecondazione in vitro, nonché a individuare cause di infertilità ancora sconosciute.

Fonte: nature.com

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Mettere a dieta le cellule combatte la progeria

La progeria è una malattia genetica rara che fa invecchiare prima del tempo. I bambini che ne soffrono mostrano gli stessi sintomi di una persona di 80 anni, come ossa fragili e malattie cardiache. Di solito muoiono entro i 14 anni, per un attacco cardiaco o un ictus. La dottoressa Zoe Gillespie ha scoperto che mettere a dieta le cellule potrebbe rallentare il processo.

La ricercatrice ha testato la metformina su cellule di pazienti affetti da progeria. Si tratta di un farmaco usato per il diabete di tipo 2 che imita le condizioni di un organismo a dieta. Secondo lo studio, le cellule trattate in questa maniera hanno funzioni migliori e vivono più a lungo. La scoperta potrebbe quindi migliorare la qualità della vita di altre categorie di persone, come anziani e obesi.

Il farmaco fa credere alle cellule che il corpo stia mangiano meno. Di conseguenza, le cellule entrano in uno stato di risparmio energetico e iniziano a riciclare il materiale già presente. Ciò le spinge a usare anche la progerina, la proteina che causa la malattia. Il tutto rallenta l’invecchiamento ultra rapido delle cellule e potrebbe rallentare alle il decorso della malattia.

Applicando la cosa ai bambini affetti da progeria, si potrebbe aumentarne la qualità e l’aspettativa di vita. Le cellule riuscirebbero infatti a funzionare meglio e vivere più a lungo. Inoltre, il farmaco rimette a posto alcuni dei cromosomi anomali propri della malattia. In questo modo la forma e le funzioni delle cellule migliorano ulteriormente, con un effetto benefico sull’intero organismo.

Secondo la ricercatrice una combinazione di metformina e dieta potrebbe cambiare la vita di chi soffre della malattia. Prima che la terapia sia applicata agli esseri umani, però, serviranno ulteriori test su modelli animali.

Fonte: usask.ca

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