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Aurora magazine

Scoperto nuovo trattamento contro l’alcaptonuria

Un team delle Università di Liverpool e Cambridge ha scoperto un farmaco efficace contro l’alcaptonuria, una malattia genetica rara. Secondo i ricercatori, un farmaco chiamato nitisinone fermerebbe l’avanzare della patologia.

L’alcaptonuria è una malattia genetica che provoca accumuli dell'ossido dell'acido omogentisico, che causano danni alle articolazioni e ai reni. Se non trattata, causa anche osteoporosi, rotture di tendini e legamenti, danni cardiaci a carico delle valvole aortica e mitrale.

Lo studio ha coinvolto 39 persone affette della malattia, che hanno assunto 2 mg di nitisinone ogni giorno per tre anni. Il farmaco avrebbe fermato la progressione dell'alcaptonuria e avrebbe fatto regredire parte dei sintomi. I risultati mostrano anche una significativa riduzione dei danni da ocronosi, specie a livello di ginocchia e gomiti.

Secondo il professor Lakshminarayan Ranganath, i risultati sono una speranza per le tante persone che soffrono della malattia. Gli effetti positivi del nitisinone sull’accumulo dell'ossido dell'acido omogentisico erano già noti. Allo stesso modo, studi precedenti avevano già mostrato gli effetti positivi del farmaco nella prevenzione. Non c’erano prove che il nitisinone fosse efficace anche su persone affette da alcaptonuria in stadio avanzato.

Duncan Batty, uno dei partecipanti allo studio come paziente, ha voluto lasciare la sua testimonianza. L’uomo soffre di alcaptonuria da quasi 30 anni. Il nuovo trattamento lo ha aiutato ad evitare le tante complicazioni che di solito iniziano a manifestarsi alla sua età.

Fonte: liv.ac.uk

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Una scossa per correggere il DNA degli spermatozoi

Una delle possibili applicazioni della Crispr è legata alle malattie genetiche ereditarie. I ricercatori sperano di poterla usare per correggere i difetti genetici nell’embrione, evitando che le patologie si manifestano. È però ancora presto per la pratica, poiché prevede ancora punti oscuri e incognite. I ricercatori della Weill Cornell Medical di New York hanno proposto un’alternativa: modificare il DNA degli spermatozoi.

Manipolare il DNA degli spermatozoi è molto difficile: a dispetto della membrana molto dura, sono cellule delicate. I ricercatori hanno usato un approccio nuovo per fare le modifiche senza distruggere gli spermatozoi. Hanno sottoposto le cellule a un impulso elettrico, facendo così penetrare il sistema Crispr. Gli spermatozoi sono usciti dal trattamento un po’ rallentati, ma comunque in grado di fecondare e utilizzabili nella fecondazione in vitro.

Il lavoro è stato presentato al congresso della European Society of Human Reproduction and Embryology. Secondo la rivista New Scientist, arrivare a questa conclusione è stata una vera e propria sfida. I ricercatori hanno avuto bisogno di moltissimi tentativi per trovare l’impulso ideale: 1.100 volt per 20 millisecondi.

La scoperta consentirebbe di trattare le malattie genetiche alla fonte, quanto meno nel caso di quelle trasmesse dal padre. Si calcola che le malattie genetiche causate da un solo gene mutato siano più di 10.000. La scoperta potrebbe quindi evitare la trasmissione di patologie come l’anemia falciforme, la fibrosi cistica e alcune forme di distrofia muscolare. Sarà però necessario ancora del tempo, in modo da condurre ulteriori studi e analizzare eventuali effetti negativi.

Fonte: focus.it

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Nuovo progetto di ricerca contro linfoma non-Hodgkin

Antonio Candidi era un ragazzo di Lariano, morto nel 2017 a causa di un linfoma non-Hodgkin. La famiglia e gli amici di Antonio hanno deciso di celebrarne il ricordo nel modo migliore: aiutando a salvare altre vite. Hanno infatti attivato un torneo sportivo con una raccolta fondi, destinata alla Fondazione Italiana Linfomi (FIL). Grazie alla loro generosità e a quella dei partecipanti, la FIL avvierà un nuovo progetto di ricerca sulla malattia.

Il progetto della Fondazione Italiana Linfomi avrà il titolo “Confronto tra espressione Immunoistochimica e Genica delle vie metaboliche di BCL-2, CD38, PD1 e PD1-L mediante piattaforma NanoString in pazienti con Linfoma T Periferico Nodali”. Qual è l’obiettivo che si cela dietro un titolo tanto lungo?

I ricercatori confronteranno due tecniche usate per analizzare i marcatori genetici. Si concentreranno in particolare sulle molecole di mRNA, responsabili della codifica delle informazioni durante la trascrizione del DNA. Le molecole portano le informazioni ai siti in cui avviene la sintesi proteica. Il loro livello di espressione potrebbe quindi influenzare la risposta alle terapie farmacologiche.

Comprendere il legame tra livelli di espressione di mRNA ed efficacia dei trattamenti è fondamentale. Permetterebbe di individuare fin da subito i farmaci più efficaci per un determinato paziente. In questo modo sarebbe più facile massimizzare l’efficacia delle terapie grazie a soluzioni personalizzate.

I ricercatori hanno presentato il Progetto alla Commissione Scientifica Linfomi T della Fondazione Italiana Linfomi, che lo ha già approvato. A capo dello studio ci saranno il professor Francesco Zaja, Responsabile dell'Ematologia dell'Azienda sanitaria-universitaria integrata Trieste (ASUITS), e il professor Stefano Pileri, docente di Anatomia Patologica all’Alma Mater Studiorum e direttore dell’Unità di Diagnosi Emolinfopatologia all’Istituto Europeo di Oncologia a Milano.

Fonte: osservatoriomalattierare.it

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Terapia genica in utero contro la malattia di Gaucher

Una terapia genetica somministrata in utero per sconfiggere una malattia mortale. È quanto suggerisce uno studio condotto per ora solo su modelli animali. Se i risultati si confermassero positivi, si avrebbe forse un modo per minimizzare le conseguenze di certe malattie genetiche. Nonostante la US Food and Drug Administration abbia approvato la prima terapia genica, ci vorrà del tempo prima che questo trattamento diventi effettivo.

Il team del dottor Simon Waddington ha usato la terapia genica prenatale contro la malattia di Gaucher. La malattia è causata da un’anomalia nel gene GBA, che impedisce lo smaltimento dei lipidi. Questi si accumulano nelle cellule cerebrali e nel resto del corpo, impedendone il funzionamento. La malattia provoca danni cerebrali irreparabili e porta alla morte.

In alcune forme della malattia, è possibile introdurre l’enzima mancante nell’organismo e distruggere parte degli accumuli. Purtroppo l’enzima responsabile del processo non attraversa le barriere del cervello, quindi non può agire su quella zona. Per questo motivo, per il momento non esiste una vera terapia contro la malattia, che spesso uccide prima dei due anni di vita. Lo studio di Gaucher rappresenta una speranza.

I ricercatori hanno usato un virus per veicolare copie di GBA sane nel cervello dei feti in via di sviluppo. Basta una normale iniezione affinché il virus passi dal sistema circolatorio al sistema nervoso centrale. Da qui si disperde in tutto il cervello, arrivando là dove l’enzima da solo non riesce.

Lo studio è stato condotto su cavie malate di un corrispettivo della malattia di Gaucher. Le cavie non trattate vivono per circa 15 giorni dopo il parto. Quelle trattate, invece, sono sopravvissute per almeno 18 settimane e sono state in grado di muoversi normalmente.

Fonte: nature.com

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