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Aurora magazine

La terapia genica è efficace contro la Beta Talassemia

Il primo trial clinico di terapia genica per la beta talassemia ne ha dimostrato l’efficacia. Se somministrata in giovane età, la terapia rende superflue le trasfusioni per oltre 3 pazienti su 4. I risultati sono frutto di un lavoro di oltre 10 anni, condotto da ricercatori dell’Università San Raffaele, della Fondazione Telethon e Orchard Therapeutics.

Lo studio ha coinvolto 9 pazienti di età diverse:

  • 3 bambini sotto i 6 anni;
  • 3 adolescenti;
  • 3 adulti sopra i 30 anni.

Tutti i pazienti soffrivano di forme di talassemia gravi, che li costringevano a trasfusioni periodiche.  I ricercatori hanno raccolto le cellule staminali dei pazienti stessi, dopodiché vi hanno introdotto una copia funzionante del gene della beta-globina. A questo punto hanno reinfuso le cellule staminali corrette e hanno aspettato che attecchissero nel midollo osseo.

A oltre un anno dall’ultimo trapianto e tre anni dal primo, la terapia si è dimostrata efficace. Dei 4 pazienti più giovani, 3 sono del tutto indipendenti dalle trasfusioni. I pazienti adulti devono ancora effettuare le trasfusioni, ma con una frequenza di gran lunga minore. Solo uno dei bambini non ha tratto benefici dalla terapia, ma i ricercatori non sanno ancora perché.

Secondo i ricercatori, il trial prova quanto sia importante intervenire nelle prime fasi della malattia. La beta talassemia intacca infatti l’integrità del midollo osseo: intervenire in giovane età interrompe la progressione della malattia quando i danni sono relativamente pochi.

Fonte: corriere.it

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L’emocromatosi: un malattia silenziosa molto pericolosa

L’emocromatosi è la malattia genetica più diffusa nel mondo occidentale. La chiamano la “malattia silenziosa”, eppure potrebbe essere molto più pericolosa di quanto si pensasse in precedenza. Secondo due studi di alto livello, la patologia alzerebbe il rischio di contrarre altre malattie pericolose e perfino disabilità. Il primo studio arriva da un team dell’Università di Exeter, nel Regno Unito; il secondo arriva dall’Università del Connecticut, negli Stati Uniti. I due gruppi hanno collaborato, arrivando alle conclusioni di cui sopra.

Chi soffre di emocromatosi assorbe troppo ferro e lo accumula nell’organismo. Con il tempo, il ferro in eccesso danneggia gli organi e può provocare ulteriori malattie. Si stima che circa 1 milione di statunitensi soffrano della forma ereditaria della malattia. Gli autori dello studio suggeriscono di creare screening di routine per le persone a rischio. Esami del sangue e test genetici potrebbero infatti salvare la vita di molte persone.

Si pensava che l’emocromatosi ereditaria fosse relativamente innocua. Il professor David Melzer afferma che non è così. Il team ha esaminato i dati di 2.890 pazienti britannici con le mutazioni genetiche HFE e C282Y. Nel gruppo l’incidenza di ulteriori malattie è risultata di 1 su 5 negli uomini e 1 su 10 nelle donne, più alta rispetto a chi non aveva mutazioni.

Queste persone, tutte tra i 65 e i 70 anni, sono risultate più soggette a fragilità e dolori cronici. Durante lo studio, 14 di loro sono morte di cancro al fegato. Uno studio addizionale ha mostrato che il 9% dei pazienti con le due mutazioni si ammala gravemente di cancro al fegato. Eppure le diagnosi sono spesso tardive, non lasciando il tempo per terapie preventive. In tanti casi, basterebbe poco per ridurre in maniera significativa l’incidenza di ulteriori patologie mortali.

Fonte: exeter.ac.uk

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L’eccesso di cannabis riduce la fertilità?

Secondo uno studio guidato dalla professoressa Susan Murphy, presso la Duke University, troppa cannabis potrebbe ridurre la fertilità maschile. Il THC potrebbe infatti condizionare la metilazione del DNA degli spermatozoi. Il risultato? Gameti meno sani e meno in gradi di fecondare un ovocita, innescando il processo di sviluppo dell’embrione. Inoltre, la cannabis potrebbe ridurre in maniera significativa il numero di spermatozoi. Per questo motivo, la professoressa consiglia di tagliare il consumo almeno sei mesi prima di cominciare a provare ad avere un figlio.

L’utilizzo di cannabis subito prima e durante una gravidanza è al centro di un gran numero di studi. Ad oggi, è poco chiaro in che modo la sostanza influisca sullo sviluppo embrionale. In questo caso, però, al centro dello studio c’è stato l’impatto sulla fertilità maschile più che sull’embrione in sé. I ricercatori hanno infatti analizzato gli effetti del consumo su modelli animali e su 24 volontari umani.

Gli studiosi hanno comparato lo sperma di chi faceva uso di cannabis regolarmente, di chi aveva smesso da sei mesi e di chi l’aveva usata non più di 10 volte nella vita. Lo sperma degli uomini con alti livelli di THC nelle urine mostrava molte più anomalie genetiche rispetto a quello degli altri. I geni coinvolti avrebbero un impatto importante sulla fertilità e, si pensa, anche sull’eventuale sviluppo di un embrione.

Il prossimo passo sarà raccogliere un gruppo di volontari molto più ampio. In questo modo ci sarà più materiale per valutare gli effetti reali della sostanza sulla fertilità maschile.

Fonte: medicaldialogues.in

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Il bisfenolo A, contenuto nella plastica, rende sterili?

Il calo della fertilità e la vera e propria infertilità è un problema sempre più diffuso nel mondo. Sempre più studi provano che buona parte della colpa è dello stile di vita. Il fumo, la sedentarietà, la mancanza di sonno e un’alimentazione poco sana riducono il tasso di fertilità. Parte dei casi di infertilità potrebbero però essere legati anche al bisfenolo A (BPA), sostanza contenuta in gran parte dei contenitori di plastica.

Il BPA è una molecola usata per la sintesi di alcune materie plastiche, come quelle usate per le bottiglie dell’acqua. Con l’aumento dell’urbanizzazione, sono aumentati anche i contenitori di plastica. Di conseguenza, veniamo sempre più in contatto con il bisfenolo A contenuto dei packaging degli alimenti e dei saponi. Il problema è che pare che questa molecola abbia delle serie conseguenze sulla fertilità, soprattutto su quella maschile.

Un buon numero di studi suggerisce che il BPA riduca la motilità degli spermatozoi, intaccando quindi la fertilità. Si pensa che circa un 15% dell’aumento dell’infertilità maschile sia proprio legato agli alti livelli di BPA. Questo, insieme al consumo di sempre più cibi ricchi di grassi e ossidanti, potrebbe spiegare almeno una fetta dei casi di infertilità. Il fenomeno è evidente soprattutto nelle grandi città come Bangalore, in India.

Bancalore soffre di una vera e propria epidemia di infertilità maschile e femminile. Negli ultimi 10 anni, i casi di infertilità sono aumentati di circa il 30%, molti dei quali senza apparente motivo. In parallelo, c’è stato un aumento nell’uso di confezioni e bottiglie di plastica, soprattutto nel comparto alimentare. Pare strano che i due fenomeni non siano in qualche modo legati. Ecco perché sempre più dottori puntano il dito contro il bisfenolo A, anche alla luce di diversi studi internazionali.

Il bisfenolo A agirebbe in maniera simile agli estrogeni, intaccando il sistema endocrino. Questo si potrebbe tradurre in una minore motilità degli spermatozoi e in problemi di ovulazione. Per avere risposte certe, serviranno però studi ulteriori.

Fonte: deccanherald.com

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