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Aurora magazine

Un test genetico per predire le capacità cognitive

I ricercatori dell’Air Force Research Laboratory hanno sviluppato un modo per predire le capacità cognitive. Si tratta di un test genetiche che analizza FTCD, da affiancare ai classici test della memoria. Secondo gli studi, infatti, il segreto della memoria perfetta sta nell’allele C del gene, specie per i soggetti tra i 18 e i 27 anni.

FTCD è un enzima che stimola la produzione di glutammato e di folati, determinanti per lo sviluppo dei neurotrasmettitori. Di conseguenza, potrebbe aiutare le abilità cognitive, seppure in maniera indiretta. Per provare la loro tesi, i ricercatori hanno analizzato il DNA di 642 volontari. Dopodiché hanno confrontato i dati raccolti con i risultati dei test cognitivi classici. Da quanto è emerso, sembra esserci davvero una correlazione tra l’allele C del gene e le facoltà cognitive della persona.

Sulla base della scoperta, i ricercatori hanno ipotizzato due possibili trattamenti per il futuro. I soggetti con un allele C “debole” potrebbero assumere integratori di acido folico e svolgere esercizi cognitivi. Altrimenti, si potrebbe pensare a un mini editing genetico usando la CRISPR. Per il momento è però ancora presto: prima bisognerà fare ulteriori test e comprendere il reale funzionamento del gene.

La scoperta, se confermata, potrebbe avere applicazioni in ambito militare e civile. I test genetici potrebbero individuare le persone più adatte a svolgere mansioni complesse, che richiedono un modo di pensare rapido. Oppure, aiutare chi ha problemi cognitivi.

Fonte: medicalxpress.com

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Terapie contro cancro e infezioni più efficaci grazie a uno scudo

Molte delle malattie più difficili da trattare hanno una base genetica: malattie genetiche, certo, ma anche tumori e infezioni virali. Gli scienziati stanno lavorando da tempo a farmaci che riparino i geni difettosi, eppure pochi di questi sono disponibili sul mercato. Perché? I ricercatori della Northeastern University hanno elaborato una risposta.

Il team del professor Ke Zhang ha sviluppato un modo per aumentare l’efficacia di una classe di questi farmaci, gli oligonucleotidi. È infatti frequente che fegato e reni elimino i farmaci di questa classe, rendendoli inefficaci. I ricercatori stanno quindi elaborando una struttura difensiva per la molecola, che la isoli e le permetta di agire sull’organismo. Questo in che modo influenza il futuro della medicina genetica?

Lo scudo è costituito da più catene di glicole polietilenico attaccate agli oligonucleotidi. Le catene rendono il farmaco troppo grande per essere filtrato, lo proteggono dagli enzimi e gli permettono di interagire con i geni. In questo modo il farmaco rimane in circolo più a lungo e ha più tempo per distruggere i geni danneggiati. Ciò potrebbe dare una nuova speranza a tanti trattamenti, naufragati perché il farmaco non riusciva a rimanere in circolo.

Il team ha testato lo scudo su un farmaco antitumorale. Gran parte degli oligonucleotidi hanno attaccato il materiale genetico delle cellule tumorali. Di conseguenza, il tasso di crescita del tumore è diminuito e c’è stato un miglioramento nelle condizioni di salute delle cavie.

Fonte: medicalxpress.com

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Malattia di Huntington: un chip facilita la diagnosi

Un team di ricercatori francesi e svizzeri ha sviluppato un chip per facilitare la diagnosi della malattia di Huntington. Il micro dispositivo misura la lunghezza delle regioni di DNA collegate alla malattia in meno di 5 minuti. Gli scienziati l’hanno testato anche su campioni di pazienti affetti da distrofia miotonica di tipo 1, con ottimi risultati.

Malattie genetiche come la Huntington sono causate dalla presenza di ripetizioni trinucleotidiche in un gene. Nel caso della malattia di Huntington, ci sono troppe ripetizioni dei trinucleotide CAG. La natura particolare del difetto genetico, allunga le tempistiche della diagnosi mediante il sequenziamento tradizionale.

I ricercatori delle Università di Toulouse e di Losanna hanno testato un chip chiamato μLAS, che misura i trinucleotidi associati alla Huntington. Il chip agisce come un imbuto, dividendo il DNA in frammenti più piccoli. A questo punto si usano una tinta fluorescente e un marker che divide i frammenti in base al peso. Tutto questo facilita la misurazione delle diverse sezioni di DNA, determinando se ci sono aree anomale.

Il nuovo sistema si è dimostrato efficace per diagnosticare 5 casi di Huntington e 3 di distrofia. Le diagnosi hanno richiesto tutte 5 minuti o meno, pur coprendo tutto il ventaglio di espansioni possibili in entrambe le malattie. Inoltre, il test si è dimostrato molto sensibile, tanto che i ricercatori non hanno dovuto espandere i campioni.

Fonte: huntingtonsdiseasenews.com

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Si potrà preservare la fertilità dei bambini malati di tumore?

I ricercatori dell’Università di Pittsburgh hanno trovato un modo per preservare il tessuto testicolare. È infatti nata la prima scimmietta concepita grazie a questo metodo ed è perfettamente sana. Ciò significa che il nuovo metodo potrebbe salvare la fertilità di tanti bambini e ragazzini malati di tumore.

Il primo esperimento è stato piccolo, limitato ai primati. Eppure questo successo suscita la speranza che la tecnica possa essere applicata anche agli esseri umani. Se tutto andrà bene, potrebbe diventare routine per coloro che devono sottoporsi a chemioterapia o radioterapia, rischiando quindi l’infertilità.

Il concetto alla base è simile a quello che sta dietro la conservazione del tessuto ovarico: “si possono ottenere gameti maturi da tessuto immaturo?” Adesso pare che la risposta sia “sì”. Questo è importante soprattutto per i bambini che si sottopongono ai trattamenti. Adulti e adolescenti possono far congelare il proprio sperma, ma questo non vale per chi non ha ancora raggiunto la pubertà.

Il team ha prelevato campioni di tessuto dai testicoli di cinque giovani macachi. Li hanno congelati per un periodo variabile, dalle cinque ore fino ai cinque mesi. A questo punto hanno impiantato di nuovo i campioni e hanno lasciato che maturassero. Una volta rimossi di nuovo, tutti i campioni erano pronti per produrre spermatozoi.

Con gli spermatozoi ottenuti, i ricercatori hanno fecondato 138 ovociti, dei quali il 40% ha raggiunto i primi stadi dello sviluppo. Uno di questi ha portato alla nascita della scimmietta Grady.

Fonte: sciencealert.com

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