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Aurora magazine

Nuove linee guida sull’obesità in gravidanza

Le nuove linee guida sull’obesità in gravidanza del Royal College of Obstetricians and Gynaecologists (RCOG) invitano a usare un approccio multidisciplinare. I medici dovrebbero invitare le aspiranti mamme a perdere peso prima del concepimento e tra le gravidanze. In questo modo si avrebbe un aumento delle chance di concepire, con anche una diminuzione dei rischi per mamme e bambino.

Nel Regno Unito circa il 22% delle donne incinte è obesa, il 28% è sovrappeso e il 47% è normopeso. Le donne del primo gruppo sono a rischio di aborto spontaneo, parto prematuro, diabete gestazionale ed emorragie postpartum. I loro figli, invece, sono più soggetti ad anomalie congenite e a diventare essi stessi obesi e diabetici. Per questo motivo è fondamentale che i medici britannici sensibilizzino le future mamme sul tema, invitandole a mantenere sotto controllo il peso.

Le linee guide del testo Care of Women with Obesity in Pregnancy contengono diversi consigli, tra i quali i seguenti.

  • Incentivare la perdita di peso prima del concepimento.
  • Informare le donne con indice di massa corporea sopra il 30 sui rischi dell’obesità in gravidanza.
  • Informare che la perdita di peso aumenta le possibilità di avere un parto naturale, anche dopo un primo cesareo.
  • Indirizzare le future mamme obese verso nutrizionisti, che diano loro indicazioni per perdere peso in modo sicuro.

Alla base di tutti questi consigli ci dev’essere sempre un approccio empatico. Il medico curante deve incentivare la futura mamma a cambiare stile di vita, senza colpevolizzarla e sempre con sensibilità. In caso di necessità, è bene anche che la indirizzi verso professionisti che la aiutino ad affrontare eventuali difficoltà psicologiche.

Fonte: medscape.com

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La fertilità sta crollando in metà del mondo

In metà del mondo, le persone non stanno più facendo figli. La rivista The Lancet ha pubblicato un nuovo report sulla fertilità globale tra il 1950 e il 2017. Secondo la ricerca, in tutto il mondo le persone stanno facendo meno figli rispetto al passato. Questo potrebbe avere un impatto catastrofico sull’evoluzione della società.

Nel 1950, ogni donna partoriva in media 4,7 figli in tutta la vita. Nel 2017, la media era 2,4 figli per donna. Il tasso di fertilità si è dimezzato nell’arco di neanche un secolo. Ciò significa che in metà dei paesi ci sono più persone anziane che bambini, di conseguenza il numero di abitanti sta scendendo.

Se il trend prosegue, in pochi anni ci saranno pochissimi bambini e moltissime persone dai 65 anni in su. Qual è il problema? In questa condizione sarà quasi impossibile sostenere l’economia mondiale, specie ai livelli cui siamo abituati. È quindi probabile che ci saranno profonde conseguenze sul piano sociale ed economico. La società si dovrà adattare a una situazione nel quale i nonni abbondando, ma i nipoti sono sempre di meno.

Sotto certi aspetti, il crollo del tasso di fertilità è anche un indice di progresso. Nascono sempre meno bambini, è vero, ma sono sempre di più quelli che raggiungono l’età adulta. Questo è uno dei motivi per cui le donne partoriscono meno: gran parte dei loro figli superano l’infanzia e arrivano all’età adulta. Inoltre, negli ultimi anni stiamo assistendo a una crescente consapevolezza di temi come la contraccezione.

Fonte: futurism.com

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Dovrebbe passare almeno un anno tra una gravidanza e l’altra

Le neo-mamme dovrebbero aspettare almeno un anno prima di una nuova gravidanza. È quanto rivela uno studio guidato dalla dottoressa Wendy Norman. Le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità consigliano un’attesa di addirittura 24 mesi. Secondo il team di scienziati, però, non sarebbe necessario aspettare tanto; un’ottima notizia per le mamme più adulte.

Rimanere incinte subito dopo una gravidanza aumenta il rischio di parto prematuro, basso peso alla nascita, mortalità materna. Ecco perché sarebbe meglio aspettare un po’ di tempo prima di tentare di nuovo il concepimento. Il tempo di attesa ideale sarebbero 12-18 mesi, almeno secondo il team della dottoressa Norman. Questo lasso di tempo andrebbe bene sia per le neo-mamme più giovani sia per quelle più adulte, che magari hanno avuto il primo figlio dopo i 35 anni.

Se concepiscono a 6 mesi dal primo figlio, le neo-mamme dopo i 35 anni hanno l’1,2% di rischio di mortalità. Aspettando 18 mesi, il rischio cala allo 0,5%. Nel caso delle donne più giovani, invece, c’è l’8,5% di rischio di parto prematuro se rimangono incinte a 6 mesi dalla prima gravidanza. Il rischio cala al 3,7% aspettando.

Lo studio dà delle indicazioni chiare sui tempi di attesa tra una gestazione e l’altra, utili soprattutto al giorno d’oggi. Infatti, è frequente che le donne più grandi preferiscano accorciare i tempi tra le gravidanze. Nel caso delle donne più giovani, invece, le gravidanze molto vicine sono spesso frutto di una contraccezione carente.

Per ridurre i rischi per mamma e bambino, i medici consigliano di ricorrere a un’adeguata contraccezione dopo il parto.

Fonte: bbc.com

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Silenziare un gene per evitare la pressione alta in gravidanza?

L’alta pressione in gravidanza è uno dei rischi maggiori per mamma e bambino. Secondo uno studio dell’Università del Massachusetts, la si potrebbe evitare spegnendo alcuni geni della placenta. La tecnica si chiama silenziamento dell’RNA è ha già dato buoni risultati nei primati. Le cavie trattate in questa maniera sono tornate a valori normali in breve tempo.

La condizione si chiama preeclampsia e colpisce oltre il 10% delle future mamme. La pressione troppo alta può danneggiare reni e fegato, provocare ictus e convulsioni. Nei casi peggiori l’unico modo per fermarla è anticipare il parto. Questo mette le donne nella condizione di dover scegliere tra la propria salute e quella del piccolo, con conseguenze psicologiche anche gravi.

La preeclampsia si manifesta quando la placenta smette di funzionare a dovere. Per compensare la cosa e aumentare l’afflusso di sangue, rilascia quindi delle proteine che aumentano la pressione della donna. In questo modo il feto riesce a ottenere la giusta quantità di ossigeno e nutrienti, a prezzo però della salute materna.

Trattare la preeclampsia non è facile. I ricercatori devono tenere conto sia della salute della madre sia di quella del feto, evitando l’insorgere di eventuali malformazioni. Agire sui geni che causano il malfunzionamento della placenta pare l’approccio più sicuro per entrambe le parti. La tecnica distrugge infatti le molecole di RNA che spingono la produzione della proteina causa della malattia.

Per il momento i ricercatori hanno testato l’approccio su forme lievi di preeclampsia nei babbuini. Hanno iniettato il trattamento in 3 cavie su 9, riducendo i loro livelli di pressione e i danni agli organi interni.

Fonte: newscientist.com

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