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Aurora magazine

Sviluppato screening per diagnosticare l’ansia in gravidanza

Uno studio pubblicato sul British Journal of Psychiatry Open mira a migliorare la diagnosi dell’ansia in gravidanza. Gli autori hanno infatti sviluppato un tipo di screening specifico per le future mamme. In questo modo si individueranno più casi di ansia prenatale, che oggi tendono a rimanere non diagnosticati e quindi non trattati.

Per il momento il National Institute for Clinical Excellence raccomanda gli strumenti diagnosti tradizionali. Secondo lo studio, però, questi potrebbero non essere sufficienti per le donne in gravidanza. Gli screening tradizionali puntano infatti su sintomi quali palpitazioni e difficoltà a prendere sonno, che però sono comuni anche nelle gravidanze non problematiche. Di conseguenza, i ricercatori della Nursing, Midwifery and Allied Health Professions Research Unit (NMAHP-RU) hanno sviluppato uno screening più specifico.

I ricercatori hanno individuato una serie di sintomi specifici per l’ansia prenatale. A questo scopo, hanno valutato tutti gli studi condotti sul tema negli ultimi anni. Per ottenere risultati più precisi, hanno usato le scale dell’ansia anche su donne incinte e in buona salute. In questo modo hanno individuato sintomi molto più rilevanti per questo ambito preciso, che potrebbero diventare indicatori affidabili di ansia prenatale.

I sintomi di ansia prenatale individuati includono: preoccupazioni eccessive sulla propria salute e quella del bambino; panico; paura del parto. Se non trattati, tutti questi sintomi possono sfociare in vera e propria depressione, con conseguenze negative per la mamma e per il bambino. Grazie allo studio, invece, rientreranno in una nuova scala da usare per lo screening nelle donne in gravidanza.

Fonte: stir.ac.uk

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La placenta si adatta ai deficit nutrizionali

Un team di Cambridge ha scoperto che la placenta si adatta ad eventuali deficit nutrizionali o di ossigeno. In base alle condizioni della madre, modifica l’apporto di sostante nutrienti e di ossigeno al feto.

I ricercatori si sono concentrati su come i mitocondri della placenta cambiano per adattarsi alle esigenze di mamma e bambino. In alcuni casi, le carenze portano ad aborti spontanei e parti pretermine. Altre volte, influiscono negativamente sul peso del bambino alla nascita e ne minano la salute. I bambini troppo piccoli rischiano infatti morte in culla, paralisi cerebrale, problemi nello sviluppo, obesità.

Per provare la propria tesi, gli scienziati hanno inserito gruppi di cavie gravide in ambienti ostili. Alcune di esse sono rimaste in ambienti con poco ossigeno, simili al Perù o ad altri paesi situati in alta quota. Altre hanno ricevuto meno nutrienti di necessario. In entrambi i casi, i mitocondri hanno reagito alle condizioni ambientali e il cambiamento ha avuto ripercussioni sui feti. Molti di questi si sono sviluppati meno di quanto avrebbero dovuto, con ritardi nello sviluppo fetale.

Lo studio prova che i mitocondri sono fondamentali per il corretto funzionamento della placenta. Il prossimo passo sarà comprendere come questo influenza alcune gravidanze anche in condizioni ottimali. In questo modo, si potrebbe intervenire per migliorare l’apporto di ossigeno e nutrienti al feto.

I ritardi nello sviluppo fetale hanno gravi conseguenze anche nella vita adulta del bambino. Sono infatti legati a problemi cardiovascolari e di obesità. I bambini molto piccoli alla nascita rischiano inoltre di avere problemi ai reni, al fegati e ai muscoli, sviluppatisi meno durante la gestazione.

Fonte: joh.cam.ac.uk

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Troppi grassi in gravidanza segnano il metabolismo

Prendere peso in gravidanza è normale, entro certi limiti. Numerosi studi dimostrano come mangiare troppo in gravidanza influenzi la salute sia della madre sia del bambino. I ricercatori dell’Università della California sono però andati oltre. Il loro studio analizza infatti gli effetti sul lungo periodo di una dieta in gravidanza troppo ricca di grassi. Da quanto è emerso, una dieta sregolata durante la gestazione riprogramma il metabolismo anche dopo il parto. Rende quindi più più facile guadagnare peso negli anni successivi.

Un team di ricercatori ha analizzato lo stato di salute di un gruppo di cavie in gravidanza. Gli studiosi ha nutrito parte delle cavie in maniera normale e parte con alimenti molto grassi. Le cavie del secondo gruppo hanno ovviamente preso molto peso, che però hanno perso quasi subito dopo il parto. Nonostante questo, gli effetti dell’alimentazione ricca di grassi si sono visti mesi dopo il parto.

Le cavie hanno ripreso a mangiare normalmente dopo aver perso peso. Anche con una dieta normale, a tre mesi dal parto hanno cominciato a prendere peso. A nove mesi dal parto, pesavano circa due volte oltre la media. Secondo gli studiosi, l’alimentazione ricca di grassi condotta in gravidanza ne ha rallentato il metabolismo anche a termine della gestazione. Ciò ha reso più facile accumulare massa grassa e peso in eccesso.

Quanto scoperto per i topi è applicabile anche agli esseri umani. Una dieta troppo grassa in gravidanza potrebbe aumentare il rischio di obesità ad anni dal parto. Anche perdendo subito peso, infatti, rimarrebbero le modifiche apportate al metabolismo con un’alimentazione così sregolata. Per avere ulteriori conferme servirà però un’analisi condotta anche sugli esseri umani.

Fonte: medicalxpress.com

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L'ondansetron comporta pochi rischi in gravidanza

L’ondansetron è un farmaco contro la nausea prescritto in gravidanza. Nel 2014, circa il 22% delle donne incinte statunitensi lo prendeva. Ciononostante, i dati sulla sua affidabilità in gravidanza sono molto pochi. Gli studi sono stati in prevalenza su piccola scala e con risultati conflittuali. Per questo motivo, i ricercatori di Harvard e Brigham hanno analizzato le conseguenze del farmaco in 88.000 gestazioni.

I ricercatori si sono concentrati sulle conseguenze dell’assunzione del farmaco nel primo trimestre. Hanno cercato eventuali conseguenze per la salute del bambino, come malformazioni cardiache e labbro leporino. Secondo lo studio, il farmaco sarebbe legato a un aumento nullo del rischio di malformazioni cardiache. Ci sarebbe invece un aumento molto lieve del rischio di labbro leporino.

Lo studio ha preso in esame retrospettivamente i dati di 1,8 milioni di gravidanze, tutte avvenute tra il 2000 e il 2013. In circa il 4,9% di queste, il medico aveva prescritto l’ondansetron durante il primo trimestre. I ricercatori hanno così confrontato l’incidenza di problemi nel feto tra i due gruppi.

Tra i bambini che non erano stati esposti al farmaco, 84,4 su 10.000 sono nati con malformazioni cardiache. Tra i piccoli del secondo gruppo, invece, sono stati 94,4 su 10.000. Per i casi di labbro leporino si parla invece di 11 casi ogni 10.000 nuovi nati contro 14 casi ogni 10.000 nuovi nati. Dal punto di vista statistico, non c’è quindi una differenza consistente.

Fonte: harvard.edu

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