Recensioni verificate Soddisfatta del servizio.
Personale disponibile e gentile. Lo consiglio a tutti ...
Cliente Sorgente Genetica
logomysorgente

02  4948  5291

Aurora magazine

Identificato un gene chiave per le sindromi mielodisplasiche

Il team guidato dal dottor Gang Huang potrebbe aver trovato un gene chiave nello sviluppo delle sindromi mielodisplasiche (MDS). L’espressione indica un gruppo di malattie del sangue a oggi incurabili, che possono portare a una serie di altre patologie. Le disfunzioni sono tra le cause della leucemia.

Le sindromi mielodisplasiche sono legate a diverse mutazioni genetiche. Chi soffre della malattia manifesta delle anomalie ricorrenti, legate a problemi epigenici e metabolici. L’incidenza delle mutazioni non è però la causa diretta del manifestarsi della malattia. Il team ha identificato HIF1A, un gene che alimenta il processo biologico alla base dei diversi tipi di MDS. Sarebbero le anomalie in questo gene a scatenare il processo che porta alla malattia.

HIF1A è un fattore di trascrizione, ovvero un gene regolatore che guida le azioni degli altri geni. Ha un ruolo vitale in come le cellule rispondono ai cambiamenti metabolici e all’ossigenazione. In più, influenza le funzioni di migliaia di geni. Tra le tante cose, regola le funzioni biologiche delle cellule staminali ematopoietiche nel midollo osseo.

Il team del dottor Huang ha studiato il midollo osseo di alcuni pazienti affetti da sindromi mielodisplasiche. I ricercatori hanno analizzato tutte le molecole di RNA messaggere espresse dai geni nell’organismo. Si sono inoltre soffermati sugli agenti chimici che aiutano la regolazione dei geni nelle cellule. Le analisi hanno svelato anomalie in HIF1A in tutti i pazienti.

Saranno necessari ancora anni di studi prima di poter parlare di una terapia. Ciononostante, la scoperta potrebbe avere un ruolo centrale nello sviluppo di nuovi trattamenti.

Fonte: cincinnatichildrens.org

Add a comment

Un algoritmo per diagnosticare le malattie rare

Il professor Gill Bejerano dell’Università di Stanford ha elaborato un algoritmo per facilitare la diagnosi delle malattie rare. L’algoritmo compara i sintomi dei pazienti e i dati genetici a un database. In questo modo accelera la diagnosi e consente di identificare anche malattie rare e poco conosciute.

Il professor Bejerano e i colleghi descrivono l’algoritmo in un articolo pubblicato su Genetics in Medicine. Il codice automatizza la parte più meccanica del lavoro di diagnosi, ovvero il confronto tra le sequenze genetiche del paziente e la letteratura scientifica. Senza l’aiuto del computer, il processo richiede circa 20-40 ore per paziente. L’algoritmo – Phrank – taglia il 90% del tempo necessario.

Phrank compara i sintomi del paziente e i geni con i dati provenienti dalla letteratura medica. Al contrario di altri algoritmi del genere, Phrank non è vincolato a un database specifico. Dopo il confronto, l’algoritmo genera una lista delle possibili malattie genetiche, assegnando a ciascuna un punteggio di probabilità. In questo modo il medico ha un punto di partenza per effettuare una diagnosi, il tutto in meno di un’ora.

Il team di ricercatori ha validato Phrank sui dati genetici e medici di 169 pazienti. L’algoritmo si è dimostrato molto più efficace di tutti quelli elaborati fino a questo momento. È stato però testato su pazienti artificiali: per studi del genere, è difficile reperire un numero sufficiente di pazienti reali, almeno nelle prime fasi.

Per confermare l’efficacia di Phrank saranno necessari i dati di pazienti reali. Con tutti i suoi limiti, però, è un buon punto di partenza per facilitare il lavoro dei medici.

Fonte: med.stanford.edu

Add a comment

Servono più test genetici contro l’ipercolesterolemia

Secondo uno studio della dottoressa Amy Sturm, il test genetico per l’ipercolesterolemia familiare dovrebbe diventare uno standard. Il test dovrebbe includere l’analisi dei geni che codificano per i recettori LDL, l’apolipoproteina B e PCSK9. Se effettuati sui soggetti più a rischio, i test ridurrebbero il rischio di complicazioni legate alla patologia e faciliterebbero la prevenzione.

Il team di ricercatori ritiene che il test genetico dovrebbe essere proposto a coloro con una storia familiare di ipercolesterolemia. Le analisi andrebbero fatte sia ai soggetti adulti sia ai bambini, nei quali possono essere individuati i primi segni della malattia. Ciò permetterebbe di intervenire in maniera precoce contro patologie alle coronarie ed evitare complicazioni in età adulta. Per lo stesso motivo, i test andrebbero effettuati a tutti i bambini privi di una storia familiare nota.

I medici raccomandano di proporre il test genetico non solo ai figli, ma a tutti i parenti di primo grado di persone affette da ipercolesterolemia. Inoltre dovrebbero effettuare il test: bambini con segni di colesterolo alto; persone con una storia di malattia coronarica, personale o familiare.

Sapere se l’ipercolesterolemia è provocata da varianti genetiche aiuta a scegliere i trattamenti migliori. In questi casi, infatti, agire solo sullo stile di vita potrebbe non bastare. I primi studi a riguardo hanno mostrato netti miglioramenti nei soggetti che hanno ricevuto trattamenti ad hoc a seguito del test genetico.

Fonte: medpagetoday.com

Add a comment

Cancro al seno: troppe donne trascurano il test genetico

In caso di tumore al seno, il test genetico può essere una fonte preziosa di informazioni. Eppure, solo la metà delle donne che ne trarrebbe beneficio lo effettua. Perché? Uno studio del professor Steven J. Katz dell’Università del Michigan ha studiato le possibili ragioni.

Secondo l’autore dello studio, l’approccio del chirurgo verso i test genetici è determinante. I ricercatori hanno intervistato 3.910 donne con tumore al seno ai primi stadi. Hanno quindi esaminato gli approcci dei 370 chirurghi che le hanno prese in cura. È emerso che solo il 27% delle donne aveva fatto il test genetico, compreso un 52% di donne ad alto rischio. Questo nonostante quanto riportato nelle linee guida.

Le linee guide raccomandano il test per tutte le donne a rischio di mutazione genetica. Il fattore di rischio viene determinato in base a età, storia familiare, caratteristiche del tumore. Le donne con rischio molto alto – intorno al 20% – era più probabile che avessero fatto il test genetico. Per le altre, invece, i consigli del chirurgo sono stati determinanti.

I consigli del medico hanno determinato un 17% di variazione nelle probabilità di effettuare o no il test. Alcuni medici hanno insistito più di altri sull’importanza del test genetico, al di là del livello di rischio. A seconda del medico, la probabilità che una donna a rischio avesse fatto il test oscillava tra il 26% e il 72%.

In un secondo momento, i ricercatori hanno chiesto ai medici cosa ne pensassero dei test genetici. Hanno così scoperto che le competenze a riguardo erano molto variabili, così come la tendenza a consigliarli o meno. Ciò suggerisce che sia necessaria una maggiore formazione, così da portare i professionisti del settore medico su un livello quanto meno simile.

Fonte: med.umich.edu

Add a comment