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Aurora magazine

IVF: far maturare più gli ovociti aumenta le chance

I ricercatori della Sahlgrenska Academy hanno scoperto un modo per alzare le probabilità di successo della fecondazione in vitro (IVF). Stimolare 20 ovociti, invece che i 10 canonici, rende più facile che il ciclo vada a buon fine. I risultati potrebbero migliorare i risultati dei trattamenti per centinaia di donne.

Uno studio precedente aveva stabilito che 10 era il numero perfetto di ovociti da usare per la IVF. A detta degli scienziati, andare oltre questo numero era inutile e aumentava il rischio di effetti collaterali. Ciononostante, avevano esaminato solo i dati degli impianti eseguiti pochi giorni dopo la raccolta degli ovociti. Lo studio non includeva impianti successivi, eseguiti con embrioni congelati.

Secondo quest’ultimo studio, non c’è alcun legame tra l’uso di più ovociti ed eventuali complicazioni fetali. C’è però un lieve aumento dei rischio di sanguinamento durante gestazione e parto. In compenso, raccogliere più ovociti in una volta sola risparmierebbe ulteriori trattamenti ormonali a un gran numero di donne.

I ricercatori hanno esaminato i dati raccolti tra il 2002 e il 2015 dal Swedish National Quality Registry of Assisted Reproduction (Q-IVF). Hanno confrontato i dati legati a numero di ovociti raccolti, tasso di impianti, tasso di nati vivi e complicazioni gravi per madre e bambino. Ciò ha permesso di alzare il numero ideale di ovociti da raccogliere.

Secondo il dottor Asa Magnusson, il numero ottimale di ovociti da far maturare sarebbe circa 20. Sopra questo numero, ci sarebbe un aumento delle complicazioni.

Fonte: gu.se/english

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La chirurgia per l’endometriosi riduce l’efficacia dell’IVF?

La fecondazione in vitro (IVF) è meno efficace nelle donne che si sottopongono a interventi chirurgici contro l’endometriosi ovarica. Rispondono infatti peggio all’iperstimolazione ovarica necessaria per i trattamenti contro l’infertilità. Ciononostante, il tasso di nati vivi rispetto alle gravidanze rimane nella media. È quanto afferma uno studio pubblicato sulla rivista PLOS One.

L’infertilità è una delle conseguenze dell’endometriosi, spingendo molte donne a ricorrere alla fecondazione assistita. Secondo lo studio, l’endometriosi ovarica avrebbe un impatto negativo sui trattamenti. Le cisti endometriosiche, anche quando benigne, ostacolano infatti la stimolazione delle ovaie. Rimane poco chiaro come questo si verifichi.

I ricercatori hanno coinvolto 201 donne infertili con endometriosi ovarica. In 108 di loro, la malattia aveva toccato solo una delle due ovaie. In più, hanno incluso 402 donne sane che si stavano sottoponendo a fecondazione assistita, come gruppo di controllo. Per avere dati più precisi, gli scienziati hanno tenuto conto di fattori come l’età e i livelli di ormone antimulleriano.

Secondo i dati, le donne affette da endometriosi mostravano una risposta peggiore alla stimolazione ormonale. Il 30,8% del primo gruppo ha fallito il primo ciclo del trattamento, contro il 22,3% del secondo gruppo. A un’analisi più approfondita è emerso che le donne che si erano operate contro l’endometriosi hanno avuto risultati ancora peggiori.

L’endometriosi ovarica limita il numero di ovociti. L’intervento chirurgico parrebbe peggiorare ulteriormente la situazione. Gli autori dello studio consigliano quindi di conservare alcuni ovociti prima di operarsi.

Fonte: endometriosisnews.com

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La chiave dell’impianto nell’IVF sta nell’RNA degli spermatozoi

Uno studio pubblicato sulla rivista Developmental Cell analizza il ruolo degli spermatozoi nel successo di una gravidanza. Il team del dottor Colin C. Conine ha studiato come le molecole di micro RNA influiscono sulla funzionalità degli spermatozoi. Secondo lo studio, queste molecole sono essenziali per lo sviluppo embrionale e determinano il successo di un impianto nella IVF.

I ricercatori hanno studiato gli spermatozoi di un gruppo di cavie e gli embrioni così ottenuti. Gli spermatozoi prelevati direttamente dai testicoli avevano un’ampia varietà di molecole di RNA, tutte con una regolazione anomala. Li hanno quindi usati per creare degli embrioni, che hanno impiantato in alcune cavie femmina. Gli embrioni non hanno attecchito e le gravidanze sono fallite.

Per ovviare al problema degli spermatozoi anomali, gli scienziati hanno iniettato molecole di micro RNA negli embrioni. Gli embrioni così trattati sono riusciti ad attecchire e le gravidanze sono andate avanti. Ciò significa che il problema può essere corretto e che il micro RNA ha un ruolo essenziale nella buona riuscita della IVF.

Come altri studi avevano suggerito, la salute degli spermatozoi influenza il buon esito della gravidanza. Uno stile di vita poco sano e l’esposizione a sostanze tossiche può abbassare la qualità dello sperma. Spermatozoi poco attivi o privi di molecole di micro RNA possono quindi rendere impossibile la buona riuscita della gravidanza.

Il prossimo passo sarà studiare il ruolo del micro RNA anche nello sviluppo embrionale. Ciò che i ricercatori scopriranno aiuterà a migliorare le attuali tecniche di fecondazione in vitro. In particolare permetterà di comprendere le differenze tra sperma testicolare e sperma eiaculato.

Fonte: cellpress.com

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Scovare anomalie cromosomiche senza test genetici preimpianto?

La fecondazione in vitro prevede un’analisi preliminare degli embrioni, per decidere quali impiantare. L’opzione oggi più affidabile è data dai test genetici preimpianto, che hanno però un problema: sono invasivi. I ricercatori stanno quindi cercando tecniche non invasive per ovviare al problema.

Esistono test prenatale non invasivi ad altissima affidabilità, in grado di individuare tutte le anomalie cromosomiche più importanti. Questo non vale per i test genetici praticati per la IVF sugli embrioni, caratterizzati da una certa invasività. Un recente articolo analizza quindi le capacità predittive dei parametri morfocinetici. I risultati per il momento non sono incoraggianti.

I ricercatori hanno studiato i risultati ottenuti da diversi studi a riguardo. Alcuni di questi hanno individuato un’associazione parziale tra misure degli embrioni e caratteristiche cromosomiche. Ciononostante, nessuno degli studi ha individuato dei criteri che da soli permetterebbero di sostituire i test genetici.

Sulla base dei risultati ottenuti, per il momento i test genetici preimpianto rimangono lo strumento migliore a disposizione. Permettono di individuare gli embrioni con anomalie cromosomiche, destinati quindi a non impiantarsi in utero. Bisogna però considerare l’utilità delle analisi morfocinetiche, che rappresentano uno strumento in più per selezionare gli embrioni.

Per il momento, i test genetici preimpianto rimangono invasivi e costosi. Obbligano inoltre a crioconservare gli embrioni durante tutto il procedimento. Sono però essenziali per evitare la trasmissione di malattie genetiche anche mortali. Inoltre, Così come c’è stata una rivoluzione nei test prenatali, si spera che questo accadrà presto anche in queste analisi.

Fonte: medscape.com

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