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Aurora magazine

Essere in sovrappeso riduce la fertilità?

In questo periodo storico, l’Australia sta vivendo un periodo buio per quanto riguarda il rapporto con il peso. Sempre più australiani sono in sovrappeso o obesi, con conseguenze gravi sulla salute pubblica. Secondo gli ultimi studi, pesare troppo avrebbe implicazioni negative anche per la fertilità.

La regolazione del ciclo mestruale è legata a un delicato equilibrio ormonale. Sia l’eccesso di peso sia il deficit possono intaccarlo. Nello specifico, le donne sovrappeso e obese hanno alti livello dell’ormone leptina. Ciò può minare all’equilibrio ormonale e ridurre la fertilità. Inoltre, l’eccesso di massa grassa è legato a una maggiore resistenza insulina. Per regolare i livelli di zucchero nel sangue, l’organismo deve quindi produrre più insulina e abbassare i livelli di ormoni sessuali.

Uno studio ha esaminato le probabilità di concepire entro un anno nelle donne normopeso e in quelle obese. Nelle donne normopeso, le probabilità sono dell’81,4%. In quelle obese, invece, sono del 66,4%. Una differenza molto marcata, ricollegabile ai fattori di cui sopra. Nei casi più gravi, l’obesità intacca così tanto l’equilibrio ormonale da bloccare il rilascio degli ovociti. Il fenomeno è 3 volte più probabile nelle donne con un indice di massa corporeo sopra il 27, quindi in sovrappeso.

Molte donne sovrappeso continuano comunque ad ovulare, ma ciò non significa che la loro fertilità sia intatta. Secondo i dati, ogni unità sopra il 29 di BMI (soglia dell’obesità) abbassa le probabilità di concepire del 4% circa. Una donna con BMI 35 (obesità grave), quindi, ha il 43% di possibilità in meno di concepire, rispetto a una donna normopeso.

Obesità e sovrappeso hanno conseguenze gravi anche sulla fertilità maschile. L’eccesso di peso è infatti legato a problemi ormonali e a un maggior rischio di disfunzione erettile. Secondo gli studi, bastano 10 kg di troppo per ridurre del 10% la fertilità maschile. Inoltre, troppa massa grassa riduce la qualità e la quantità di spermatozoi.

I dati sono sconfortanti, ma offrono anche una soluzione. Questi problemi non sono permanenti. Perdere peso aumenta le probabilità di concepire. Nelle donne obese basta una perdita di 5-10 kg per aumentare le chance di una gravidanza. Perdere il 7% del peso corporeo e fare almeno 150 minuti di attività fisica a settimana migliora la salute e rende più fertili.

Fonte: independent.co.uk

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L’agopuntura non influisce sulla fecondazione in vitro

Uno studio condotto su oltre 848 donne australiane e neozelandesi ha provato l’inefficacia dell’agopuntura nella fecondazione in vitro. I ricercatori hanno coinvolto 16 centri per la fecondazione sparsi tra i due paesi tra il 2011 e il 2015. In questo lasso di tempo, hanno sottoposto le partecipanti a sedute di agopuntura prima e dopo il trasferimento dell’embrione. Lo scopo era verificare l’impatto della pratica sulle tecniche di fecondazione assistita.

Metà delle donne ha ricevuto una vera seduta di agopuntura. Le altre, invece, sono state sottoposte a sedute “placebo”: gli aghi non venivano inseriti ed erano distanti dai punti usati nell’agopuntura. L’agopuntura ha aumentato il tasso di successo della IVF? Secondo i dati, parrebbe di no. Il tasso di nascite nel primo gruppo è stato del 18,3%, contro il 17,8% del secondo gruppo. Una differenza non significativa.

Secondo la professoressa Caroline Smith, autore principale dello studio, i dati provano solo l’inefficacia di sedute di breve durata. A detta sua, la pratica clinica dell’agopuntura è molto più personalizzata e lunga. Le donne intenzionate a seguirla, si sottopongono a sedute ripetute ancora prima dell’inizio dei cicli di IVF. Ne consegue che lo studio non rifletterebbe la realtà clinica.

L’efficacia dell’agopuntura nella fecondazione in vitro pare essere nulla. Ciononostante, la pratica potrebbe avere conseguenze positive sul piano psicologico. Le donne che si sottopongono a questi cicli di agopuntura manifestano una maggiore tranquillità rispetto a chi non fa nulla. Questo si potrebbe tradurre in benefici anche per la fertilità.

Fonte: nicm.edu.au

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Fecondazione assistita: gli embrioni maturi si sviluppano meglio

Uno dei momenti più critici in un ciclo di fecondazione assistita è il trasferimento in utero. Gran parte degli embrioni impiantati non riesce a sopravvivere al processo, determinando il fallimento del processo. Ecco perché stanno fiorendo ricerche su ricerche riguardanti proprio questa fase. Un nuovo studio mostra come impiantare embrioni già maturi dia chance maggiori.

Tenere gli embrioni in un incubatore per più di un paio di giorni è un’impresa. Serve un’attrezzatura di alto livello, che non tutti i centri per la fertilità si possono permettere. Eppure aspettare cinque o sei giorni prima dell’impianto aumenterebbe le possibilità di successo dell’impianto. Il lasso di tempo passato fuori dall’utero funge infatti da selezione, lasciando solo gli embrioni migliori per l’impianto. Lo dimostrano i dati presentati al convegno sulla Riproduzione assistita e Diagnosi Prenatale organizzato da GynePro e CECOS Italia.

La procedura standard prevede di mantenere l’embrione in vitro per due o tre giorni. La nuova procedura allunga questo lasso di tempo di ulteriori due o tre giorni. Nonostante sembri poco, tanto basta per aumentare le possibilità di successo del ciclo. Si calcola che aspettare faccia salire le probabilità dal 30-35% al 56%. Perché?

La procedura allungata sfrutta il processo di selezione che avviene in utero. Gli embrioni che non resistono al periodo di incubazione sono quelli che non attecchirebbero nell’utero. In questo modo si impiantano solo gli embrioni più forti, risparmiando tempo e costi inutili. Inoltre, il processo evita un gran numero di dolorosi aborti spontanei.

Il periodo di incubazione allungato non è disponibile ovunque. Per metterlo in atto servono infatti apparecchiature che consentano di monitorare l’embrione senza estrarlo dall’incubatore. Purtroppo le ha solo metà dei centri italiani.

Fonte: corriere.it

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La depressione maschile rende poco fertili

Tra le coppie in cura per problemi di infertilità, la depressione maschile è legata a un tasso minore di successo. Invece, la depressione femminile non trattata pare non influire sulle tecniche di fecondazione assistita. È quanto risulta da uno studio della dottoressa Esther Eisenberg.

Il 41% delle donne in cura per problemi di infertilità ha problemi di depressione. La percentuale sale al 50% tra i partner maschili coinvolti nei cicli di fecondazione in vitro. Il team della dottoressa Eisenberg ha quindi esaminato gli effetti della depressione sulla fertilità. L’obbiettivo era valutare quanto la depressione influisse sul successo della fecondazione in vitro.

I ricercatori hanno combinato i dati di due studi finanziati dal NICHD’s Reproductive Medicine Network. Uno studio comparava l’efficacia di due farmaci per indurre l’ovulazione in donne con l’ovaio policistico. L’altro comparava l’efficacia di altri tre farmaci in casi di infertilità inspiegata. In entrambi gli studi, uomini e donne avevano stilato un questionario riguardante la depressione. In quell’occasione, i ricercatori avevano chiesto solo alle donne che farmaci assumessero.

Gli inibitori della ricaptazione della serotonina non selettivi aumentavano il rischio di aborto spontaneo. Diversamente, gli  inibitori della ricaptazione della serotonina selettivi non sono stati legati a fenomeni del genere. Questi effetti si verificavano se ad assumere il farmaco era la partner femminile. La depressione femminile non trattata, invece, non aveva influito sul successo dei cicli di fecondazione.

Nel caso dei partner maschili depressi, mancavano dati precisi sull’assunzione di antidepressivi. In caso di depressione nell’uomo, però, le probabilità di concepire sono risultate del 60% più basse. Per quanto perfettibile, lo studio offre uno spunto per scegliere gli antidepressivi da usare in concomitanza con i trattamenti per la fertilità.

Fonte: nih.gov

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