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Aurora magazine

Trovato collegamento tra depressione e diabete gestazionale

Un gruppo di ricercatori del National Institute of Child Health and Human Development ha trovato un collegamento tra depressione e diabete gestazionale. Lo studio mostra che le donne depresse nelle prime fasi della gravidanza più avanti tendono a soffrire di diabete gestazionale. Il diabete è a propria volta collegato alla depressione postparto.

Lo studio prende in esame i dati di 2.800 donne, raccolti sia durante che dopo la gravidanza. Le donne hanno compilato alcuni questionari nei primi due trimestri di gravidanza e nei sei mesi dopo il parto. Qui hanno indicato eventuali sintomi di depressione e la presenza o meno di diabete. Dai risultati è emerso che le donne affette da depressione hanno tre volte le possibilità in più di sviluppare il diabete gestazionale. Le donne affette da diabete hanno a loro volta quattro volte le possibilità in più di soffrire di depressione postparto.

Per provare un legame di causa ed effetto tra depressione e diabete saranno necessari più studi. Lo studio in questione prova infatti un collegamento, ma non che la depressione sia una causa diretta del diabete. Studi precedenti ipotizzano che la depressione provochi una maggiore richiesta di zuccheri da parte dell’organismo. L’introduzione di livelli troppo alti di zuccheri sarebbe poi causa del diabete.

Il diabete gestazionale è pericoloso sia per la madre che per il bambino. Provoca infatti pressione alta e anomalie nello sviluppo del feto, oltre che difficoltà durante il parto. È collegato a uno stile di vita poco sano, quindi per il momento la cosa migliore rimane che le future mamme monitorino le proprie abitudini alimentari e mantenere sotto controllo l'aumento di peso in gravidanza.

Fonte: livescience.com

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Le radiazioni lasciano la loro firma sul Dna dei tumori

Il Dna dei tumori da radiazioni presenta anomalie specifiche, provocate dalle radiazioni ionizzanti. L’ha scoperto un gruppo di ricerca del Wellcome Trust Sanger Institute, nel Regno Unito. Ciò consentirà di identificare più facilmente questo genere di tumori, così da scegliere il trattamento migliore. La scoperta aiuta inoltre a comprendere in che modo le radiazioni provocano il cancro.

I danni da radiazioni al Dna lasciano sul genoma della cellula tumorale un’impronta molecolare, detta firma mutazionale. Il nuovo studio mirava a individuare dei modelli propri di queste impronte. I ricercatori hanno quindi effettuato uno screening del Dna di alcuni tumori umani, alla ricerca della suddetta firma.

Lo studio ha coinvolto 12 pazienti affetti da tumori secondari, ovvero provocati dalle radiazioni. I ricercatori hanno confrontato il genoma dei loro tumori con quello di tumori sorti in maniera spontanea. Confrontando le sequenze di Dna hanno trovato due firme mutazionali particolari. Le firme in questione sono legate ai danni da radiazioni e sono indipendenti dalla tipologia di cancro.

Una volta individuate le firme mutazionali, i ricercatori hanno confrontato tumori alla prostata esposti a radiazioni con tumori alla prostata non esposti. Secondo gli screening del Dna effettuati, i tumori da radiazioni presentavano le due firme mutazionali, invece assenti negli altri. Un’osservazione che ha aiutato i ricercatori a spiegare in che modo le radiazioni danneggino il Dna, provocando quindi l’insorgenza del tumore. Recenti studi hanno inoltre rilevato come la tecnica di riscrittura del DNA sia in grado di far regredire il tumore.

Fonte: federfarma.it

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Morbo di Crohn: trovata la mutazione genetica che provoca la fibrosi

Un gruppo di ricerca della University of British Columbia ha trovato la possibile causa genetica della fibrosi nella Malattia di Crohn. La scoperta aiuterà i ricercatori a trovare nuovi trattamenti, così da affrontare questa debilitante complicazione. Per il momento la ricerca è stata condotta su modelli animali, ma i risultati sono incoraggianti.

Il Morbo di Crohn è una patologia che colpisce l’intestino con infiammazioni. In alcuni pazienti queste infiammazioni degenerano e provocano l’inspessimento del tessuto connettivo, una complicazione chiamata fibrosi. La fibrosi va affrontata con un intervento chirurgico, così da ripristinare le normali funzioni dell’intestino. È frequente che chi soffre di questa patologia debba farsi operare più volte nella vita, con tutti i rischi che questo comporta.

La ricerca si concentra su una mutazione genetica che pare ridurre lo sviluppo della fibrosi. I ricercatori hanno infettato le cavie con una variante della salmonella, che provoca sintomi simili a quelli del Morbo di Crohn. Una volta infettate le cavie, la mutazione ha spento il recettore ormonale ROR Alpha, che stimola la risposta immunitaria nell’intestino. Questo ha bloccato le infiammazioni e lo sviluppo della fibrosi.

Secondo i ricercatori, ora che è stato individuato il gene responsabile delle infiammazioni, è possibile sviluppare un trattamento che blocchi il recettore ormonale. In questo modo si dovrebbe ridurre anche la fibrosi. Inoltre, la scoperta potrebbe rivelarsi utile anche per il trattamento della fibrosi in altre patologie. La fibrosi è infatti una reazione all’infiammazione cronica, comune a diverse malattie, oltre che una complicazione dovuta all’invecchiamento.

Fonte: sciencedaily.com

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Collegamento tra insufficienza di vitamina D e fibrosi cistica

I ricercatori hanno individuato una marcata carenza di vitamina D nei pazienti con fibrosi cistica. Il fenomeno è frequente soprattutto nei pazienti più giovani e potrebbe influenzare la gravità della malattia. Si sa però ancora poco della correlazione tra carenza di vitamina D e i fenomeni infiammatori tipici della malattia.

I ricercatori hanno esaminato la storia clinica di 148 pazienti con meno di 12 anni. Hanno raccolto dati riguardanti indici di crescita, stato del pancreas, farmaci usati e marcatori infiammatori. Hanno inoltre analizzato i livelli di vitamina liposolubile, mettendo a confronto i dati raccolti tra il 2009 e il 2011.

Il 7% dei bambini ha mostrato una carenza grave di vitamina D, mentre nel 36% dei casi è rilevato un livello comunque basso di vitamina. La carenza di vitamina D è stata maggiore nei pazienti con pancreas sufficiente, che ne hanno sofferto nel 50% dei casi. Tra coloro affetti da insufficienza pancreatica, invece, il 41% ha mostrato livelli di vitamina D bassi. La carenza di vitamina D non sembra aver influito sulle colonie batteriche tipiche della malattia. I livelli dell’agente patogeno pseudomonas aeruginosa sono nella media in tutti i casi.

Lo studio mostra che i bambini affetti da fibrosi cistica e da insufficienza pancreatica sono soggetti a insufficienza di vitamina D. Inoltre i marcatori infiammatori non sembrano essere mutati nei soggetti con meno vitamina. 

La fibrosi cistica è una patologia che può già essere diagnosticata durante la gravidanza tramite esami di diagnosi prenatale

Fonte: malattierare.net

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