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Aurora magazine

Il deficit prenatale di omega 3 e 6 provoca schizofrenia

I ricercatori dell’istituto di ricerca di RIKEN hanno scoperto un nuovo collegamento tra alimentazione in gravidanza e malattie psichiatriche. La carenza in età prenatale di omega 3 e omega 6 facilita la comparsa della schizofrenia in età adulta. Le conseguenze sono ancora più gravi se la privazione riguarda le prime fasi della gestazione.

Lo studio del dottor Takeo Yoshikawa ha analizzato come la malnutrizione nelle donne incinte influenza lo sviluppo del cervello fetale. Dai dati emerge infatti che dopo grandi carestie il tasso di schizofrenia raddoppia. Ciò ha fatto pensare a un collegamento diretto tra mancanza di nutrienti e sviluppo cerebrale anomalo.

Gli scienziati hanno fatto una lista dei possibili nutrienti il cui deficit potrebbe provocare schizofrenia. Dopo diverse analisi si sono concentrati su omega 3 e omega 6, due acidi grassi presenti in grandi quantità nel cervello. Hanno privato alcune cavie gravide dei due nutrienti e hanno seguito lo sviluppo dei loro piccoli. Una volta adulti, molti cuccioli mostravano sintomi simili a quelli della schizofrenia.

Una delle caratteristiche principali della schizofrenia è la presenza di disfunzioni nella corteccia prefrontale. Il team ha analizzato se la privazione dei due acidi grassi aveva intaccato i geni collegati a quella zona. Hanno così scoperto delle anomalie già in passato collegate alla malattia. In più, hanno rilevato disfunzioni nei geni che regolano i neurotrasmettitori GABA.

Individuati i geni intaccati dal deficit di omega 3 e omega 6, gli scienziati hanno studiato come invertire il processo. Hanno somministrato alle cavie un farmaco che agisce come recettore nucleare RXR. La terapia ha regolato l’azione dei geni colpiti e ha normalizzato molti comportamenti delle cavie.

Fonte: riken.jp/en

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Peso eccessivo nel primo trimestre legato al rischio di obesità infantile

Prendere troppo peso nel primo trimestre di gravidanza aumenta il rischio di obesità infantile nel bambino. Lo studio guidato dalla dottoressa Leanne M. Redman ha analizzato gli effetti del peso materno su quello del bambino. Non è stato il primo a farlo, ma è finora quello più esteso e importante.

I ricercatori hanno esaminato 16.218 puerpere cinesi lungo tutta la gravidanza. Hanno così scoperto che guadagnare troppo peso nelle prime 24 settimane ha un forte impatto sul bambino. Anche nei casi in cui la madre ha perso peso nelle settimane successive, gli effetti sono stati comunque evidenti. I bambini delle madri in questione avevano 2,5 volte più possibilità di nascere più grandi della media.

Obesità materna e peso eccessivo in gravidanza sono stati più volte collegati a problemi nello sviluppo fetale. I bambini nati da madri sovrappeso sono più grandi alla nascita e più a rischio di obesità infantile. È quindi importante che i ginecologi raccomandino alle pazienti una maggiore attenzione al proprio peso in gravidanza.

Il primo trimestre di gravidanza ha un forte impatto sul futuro del bambino. È infatti in questa fase che si sviluppano eventuali rischi a lungo termine per la sua salute. È perciò importante che chi sta programmando una gravidanza presti anche attenzione ad alimentazione e ai livelli di massa grassa.

Fonte: obesity.org

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Screening prenatale non invasivo anche in Galles

Il governo gallese si accinge a introdurre lo screening prenatale non invasivo a partire dal 2018. La decisione arriva in seguito a un provvedimento analogo del governo inglese. Il Ministro della Salute Pubblica Rebecca Evans assicura che tutte le future mamme riceveranno le informazioni che servono loro.

Per il momento, il test di screening prenatale sarà applicabile alla sola sindrome di Down. Servirà per individuare eventuali tracce di anomalie cromosomiche, ma soprattutto per ridurre il rischio di aborto. I test tradizionali, infatti, sono efficaci ma anche invasivi. Nell’amniocentesi si usa un ago per prelevare il liquido amniotico, operazione a volte rischiosa. Rischio inesistente con i testi di screening non invasivi, che usano un campione di sangue materno.

I nuovi test saranno offerti alle future mamme gallesi più a rischio di dare alla luce un bambino malato. Se il test non invasivo dovesse risultare positivo, solo allora sarà consigliato loro di sottoporsi all’amniocentesi. In questo modo ridurranno anche il rischio di falsi positivi, con ulteriori benefici per l’accuratezza dello screening.

Julian Hallett, della Associazione Sindrome di Down in Galles, afferma che sarà necessario formare i professionisti della salute. Dovranno infatti mettere in grado le donne di valutare i risultati del test, affinché prendano la decisione migliore per loro.

Fonte: sito bbc

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Cannabis in gravidanza: ha effetti positivi?

Ci sono molte discussioni in merito all’uso della cannabis, sia per uso medico che per uso ricreativo. Un gran numero di studi hanno provato la sua efficacia nel trattamento di alcune malattie. Uno studio del 2014 del Hawaii Journal of Medicine and Public Health ne vorrebbe sdoganare però l’uso anche in gravidanza. Sarebbe una buona idea?

Secondo lo studio, l’assunzione di cannabis terapeutica in gravidanza combatterebbe nausee mattutine. Potrebbe essere una valida alternativa ai farmaci ad oggi prescritti, almeno nei casi più gravi. La ricerca del 2014 riporta inoltre una netta riduzione dell’ansia e di altri disagi legati alla gestazione.

Quando si è sotto stress, il cervello fatica a produrre alcune sostanze utili per il mantenimento della salute psicologica. Ciò avviene anche durante la gravidanza, provocando ansia e depressione in molte future mamme. Gli scienziati dell’Università di Buffalo hanno scoperto che la cannabis contiene alcune delle sostanze utili alla salute mentale. A che prezzo, però?

Nonostante i tanti benefici della cannabis, l’assunzione in gravidanza potrebbe comportare anche dei rischi per il feto. Il team del Dr. Shayna Conner sta conducendo uno studio per determinare gli effetti dell’esposizione prenatale alla cannabis. Per il momento non pare esserci nessuna correlazione tra uso di marijuana e danni al feto. D’altra parte studi precedenti avevano indicato ritardi nello sviluppo nei bambini esposti alla cannabis.

Prima di sostituire i farmaci contro la nausea con la marijuana saranno necessari ancora molti studi.

Fonte: huffingtonpost.com

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