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Aurora magazine

Gli anticorpi dell’herpes si trasmettono di madre in figlio

Le donne incinte con un grave caso di herpes alle spalle trasmettono i propri anticorpi al bambino. Il corpo mantiene attiva la protezione contro il virus e la trasferisce nel sistema nervoso del feto. In questo modo lo protegge contro infezioni simili, che potrebbero avere gravi conseguenze sullo sviluppo del cervello.

La scoperta arriva dalla Dartmouth College's Geisel School of Medicine. I ricercatori hanno analizzato sia campioni umani che campioni presi da modelli animali. Le analisi hanno rivelato che gli anticorpi prodotti contro il virus dell’herpes di tipo 1 (HSV-1) si trasmettono di madre in figlio. Ciò impedisce al bambino di rimanere contagiato durante il parto. Gli effetti si estendono però anche ai primi mesi di vita, proteggendo il sistema nervoso del neonato.

I figli di madri infette in gravidanza hanno il 50% delle possibilità di contagiare il bambino. La trasmissione dell’herpes avviene durante il parto e ha conseguenze che vanno ben oltre le piaghe sulla pelle. Infatti, l’herpes provoca anche infezioni degli occhi ed encefaliti. L’infezione perinatale porta spesso a danni cerebrali anche molto gravi, se non addirittura alla morte.

Gli esperimenti di laboratorio hanno rilevato anticorpi contro HSV-1 molto dopo l’estinzione dell’infezione. Gli anticorpi presenti nelle cellule nervose materne possono attraversare la placenta e insediarsi in quelle fetali. In questo modo il nuovo nato è protetto contro il virus dell’herpes e altri simili.

I tentativi di elaborare un vaccino contro l’herpes per gli adulti sono per ora falliti. Questi stessi vaccini potrebbero però prevenire la trasmissione da madre a figlio. Saranno però necessari ulteriori test.

Fonte: asm.org

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I farmaci per l’artrite sono sicuri anche in gravidanza

Il farmaco antinfiammatorio contro l’artrite certolizumab pegol è sicuro anche in gravidanza. Infatti, si ferma davanti alla barriera della placenta e non riesce ad arrivare al bambino. La scoperta è stata fatta da un team guidato dal Dr. Xavier Mariette dell’Ospedale Bicêtre di Parigi.

Lo studio ha coinvolto 16 donne incinte tra la 1° e la 30° settimana di gestazione. Le donne stavano assumendo 200 milligrammi di certolizumab pegol ogni 2 settimane e 400 ogni 4 settimane. Le ragioni della terapia farmacologia spaziavano dall’artrite reumatoide alla psoriasi artritica, comprendendo anche il morbo di Crohn. Tutte le pazienti hanno proseguito con la terapia fino a 35 giorni prima della data prevista per il parto.

Una volta nati i bambini, i ricercatori hanno usato delle micropiastre per analizzarne il sangue. I medici hanno raccolto campioni tra la 4° e la 8° settimana di vita. Nel caso di 14 di loro, sono riusciti ad ottenere anche un campione del sangue alla nascita. Hanno così verificato se ci fosse traccia del farmaco preso dalle madri nell’organismo dei bambini.

I dati non hanno mostrato livelli significativi di certolizumab pegol in 13 dei 14 campioni raccolti al momento del parto. Nessuno dei campioni raccolti nelle settimane successive mostrava tracce del farmaco. Erano inoltre assenti anticorpi che facessero pensare a una reazione al farmaco. Questo dimostra che la terapia non intacca la salute del bambino, poiché il farmaco si blocca alla barriera della placenta.

Fonte: medicalnewstoday.com

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Paracetamolo in gravidanza: interferisce con lo sviluppo del feto

Il paracetamolo in gravidanza interferisce con lo sviluppo del feto. In particolare, il farmaco avrebbe conseguenze negative sul comportamento sessuale maschile. È la scoperta del team di David Møbjerg Kristensen, dell’Università di Copenhagen. Per il momento gli studi si sono limitati all’osservazione di modelli animali, ma sollevano comunque un problema importante.

Il paracetamolo è uno degli antidolorifici più usati e i medici lo considerano sicuro anche in gravidanza. Lo studio in questione e altri precedenti, condotti sempre su modelli animali, sollevano però un dubbio a riguardo. Altre ricerche avevano dimostrato che l’esposizione fetale al farmaco può alterare la produzione di testosterone. Questo studio analizza invece le possibili alterazioni a livello di comportamento sessuale.

I ricercatori hanno somministrato a cavie gravide paracetamolo. I dosaggi usati erano equivalenti a quelli consigliati alle puerpere umane. Hanno quindi seguito i piccoli di sesso maschile dalla nascita all’età adulta. Le cavie esposte al paracetamolo in fase fetale sono risultate incapaci di copulare come le altre. Secondo lo studio, il farmaco ha interferito con lo sviluppo delle caratteristiche maschili, con ricadute in età adulta.

Le ragioni del comportamento sessuale anomalo potrebbero stare nei bassi livelli di testosterone. Il testosterone ha infatti un ruolo fondamentale nello sviluppo sessuale maschile. I topi esposti al paracetamolo avevano meno testosterone, erano meno aggressivi e meno attivi sul piano sessuale. Inoltre l’area cerebrale che controlla la spinta sessuale risultata più piccola.

La scoperta potrebbe cambiare le linee guida sull'assunzione del farmaco in gravidanza. Secondo gli autori, il paracetamolo andrebbe preso solo in casi di estrema necessità.

Fonte: quotidianosanita.it

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I nostri gusti si sviluppano nel pancione

I gusti in fatto di cibo sono una scoperta precoce, che risale addirittura alla vita nel grembo materno. Lo ha evidenziato un team di esperti durante la tavola rotonda “Alimentazione nei primi 1000 giorni di vita”. L’evento si è tenuto a Napoli, durante il congresso della Società Italiana di Pediatria.

Secondo i pediatri, il rapporto del bambino con il cibo comincia addirittura prima del parto. È importante che la futura mamma controlli l’alimentazione in gravidanza. Il passaggio di sostanze nutritive attraverso la placenta influenza non solo lo sviluppo del bambino, ma anche il suo gusto. Un’alimentazione poco sana può avere conseguenze negative sia da punto di vista fisico, sia sul fronte delle abitudini alimentari future. Durante la gravidanza è consigliabile sottoporsi ad esami di screening prenatale, come il test del DNA fetale. Questi esami calcolano la percentuale di probabilità per cui il feto può essere affetto da anomalie cromosomiche.

Dopo il parto, è consigliabile scegliere l’allattamento al seno là dove possibile. L’allattamento dovrebbe andare avanti il più possibile, anche fino all’anno di vita. L’allattamento al seno è infatti fondamentale per un corretto sviluppo sia fisico che psicologico. Nel caso in cui la madre fosse impossibilitata ad allattare, è bene accertarsi che il bambino assuma omega3.

Al momento dello svezzamento emergono eventuali gusti già presenti nel bambino. Il modo migliore per guidarli verso un’alimentazione sana e bilanciata è rivolgersi al pediatra. Lui sarà in grado di consigliare gli alimenti da introdurre, nei modi e nei tempi opportuni.

Fonte: ansa.it

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