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Aurora magazine

Arriva il primo test di gravidanza eco-sostenibile

Una compagnia potrebbe rivoluzionare il mondo dei test di gravidanza. È infatti in arrivo Lia, il test eco-sostenibile che si può piegare e buttare nel gabinetto.

I test di gravidanza elaborati negli ultimi 30 anni sono diventati sempre più tecnologici. Alcuni di questi segnano addirittura le settimane di gestazione e i falsi positivi sono pochissimi. Ciononostante, hanno tutti un problema: dove buttarli una volta visto il risultato? La risposta arriva da una start-up, che ha elaborato il primo test di gravidanza eco-sostenibile.

Come gli altri test di gravidanza domestici, anche Lia reagisce agli ormoni presenti nelle urine. Se il test è positivo, compaiono due linee; se il test è negativo, ne compare solo una. La differenza è che Lia è composto dalle stesse fibre vegetali usate per la normale carta igienica. Ciò significa che lo si può buttare nel gabinetto, dato che è completamente biodegradabile.

Il nuovo test di gravidanza eco-sostenibile è preciso proprio come quelli tradizionali, molto più inquinanti. Ha un’affidabilità che si aggira intorno al 99% e, in più, contribuisce a lasciare un mondo migliore alla nuova vita in arrivo.

Fonte: independent.co.uk

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Nato primo bambino statunitense grazie al trapianto di utero

Per la prima volta negli Stati Uniti, una donna nata senza utero ha potuto dare alla luce suo figlio. Il merito è stato del trapianto di utero guidato dalla dottoressa Liza Johannesson. La tecnica ha già dato i suoi frutti in altre parti nel mondo, ma questo è stato il primo caso statunitense.

Il parto ha avuto luogo presso il Baylor University Medical Center, dove è in corso il trial clinico per il trapianto di utero. Le donne che vi partecipano soffrono tutte di infertilità assoluta dovuta al fattore uterino. Molte di loro hanno un utero non funzionante o del tutto assente a causa di difetti congeniti. Altre soffrono delle conseguenze di tumori o di altre patologie.

L’utero usato per il trapianto è quello dell’infermiera Taylor Siler, di 36 anni. La donna ha due figli e ha deciso di non averne altri. Per questo motivo, ha deciso di donare il proprio utero per dare a un’altra donna la possibilità di diventare madre. A questo scopo si è sottoposta a una serie di screening fisici e psicologici, culminati in un intervento di oltre cinque ore.

Il trapianto dell’utero di Siler è stato solo uno degli 8 avvenuti nella prima fase del trial. Di questi 5 hanno avuto successo, mentre gli altri 3 si sono conclusi con un rigetto. Tutte le partecipanti hanno tra i 20 e i 35 anni e tutte le donatrici hanno tra i 30 e i 60 anni.

Dopo il trapianto, le donne hanno aspettato le prime mestruazioni, dopo di che sono ricorse alla fecondazione in vitro. Nel caso dello studio statunitense, infatti, le donne hanno tutte ovaie funzionanti ma non collegate con l’utero. Possono quindi ovulare, ma il concepimento è possibile solo mediante fecondazione assistita.

Il bambino protagonista della storia è il primo nato grazie al programma statunitense. Il parto è avvenuto mediante taglio cesareo e il piccolo sta bene.

Fonte: time.com

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Lo stress in gravidanza influenza il peso del bambino

Uno studio delle Università del New Mexico e di Göttingen ha svelato che lo stress in gravidanza può influenzare il peso del bambino al momento del parto. La scoperta segue una serie di altre ricerche, incentrate sul ruolo dello stress nello sviluppo fetale.

Secondo i ricercatori, determinante è anche la fase della gravidanza in cui si registrano i maggiori livelli di stress. Nelle ultime fasi della gravidanza, lo stress spinge la donna a investire meno energie nel feto. Ciò provoca un rallentamento nello sviluppo, che si traduce in un peso minore del bambino sia alla nascita sia nei primi mesi. Una volta che il bambino viene svezzato, però, riprende a crescere in maniera normale.

Lo stress prenatale è ben più dannoso nelle prime fasi della gestazione, quanto il feto si sta ancora sviluppando. In questi mesi, può spingere il feto a svilupparsi più velocemente per sopravvivere a un’aspettativa di vita ridotta. Ciò ha conseguenze negative anche dopo il parto. Il feto sviluppatosi in gravi situazioni di stress, infatti, crescerà più velocemente dei coetanei anche una volta nato. La scoperta potrebbe spiegare perché i casi di menarca precoce siano più comuni tra le famiglie povere.

Lo stress durante le prime fasi della gestazione aumenta anche il rischio di obesità. Una volta che l’individuo è indipendente dalla madre, l’organismo mantiene comunque un ritmo di sviluppo accelerato. Ciò si traduce in problemi metabolici e talvolta in obesità. In alcuni casi le conseguenze toccano anche la sfera psicologica del bambino.

Fonte: unm.edu

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Qual è l’impatto dei gas naturali in gravidanza?

La valle del fiume Peace, in Canada, è nota anche per l’abbondanza di fratture da cui provengono gas naturali. La ricercatrice Élyse Caron-Beaudoin ha guidato uno studio sugli effetti di questi composti volatili. In particolare, si è concentrata sulle conseguenze dell’esposizione al benzene in gravidanza.

L’acido muconico è un prodotto di degradazione del benzene, una sostanza volatile tossica e cancerogena. Tra le partecipanti allo studio, 29 presentavano livelli di concentrazione della sostanza 3.5 volte maggiori rispetto alla media nazionale. In 5 di queste, la concentrazione superava i limiti raccomandati dalla American Conference of Governmental Industrial Hygienists (ACGIH).

Il collegamento tra livelli di acido muconico ed esposizione al benzene non è scontato. Bisogna ancora verificare se in effetti c’è un rapporto causale tra le due cose, anche se è molto probabile. I livelli eccessivi di acido muconico potrebbero essere causati da additivi presenti nei cibi già pronti. È però improbabile che la dieta da sola possa aver influito così tanto.

Un ulteriore dato di interesse è il tasso di donne indigene coinvolte dalla contaminazione. Delle 29 donne con alti livelli di acido muconico, 14 erano indigene. Inoltre, i risultati hanno rivelato che tra queste donne presentavano una concentrazione della sostanza 2.3 volte maggiore rispetto alle altre. Il dato non è significativo dal punto di vista statistico, dato lo scarso numero di partecipanti. È però vero che queste donne vivevano in media in zone più esposte alle fratturazioni idrauliche.

Le conseguenze negaste dell’esposizione al benzene in gravidanza sono note. Gli studi lo collegano a un maggior tasso di leucemia infantile, spina bifida ed altri difetti congeniti. Ecco perché è importante comprendere l’esatta provenienza dell’acido muconico rilevato nell’urina delle partecipanti allo studio. Per farlo, sarà necessario uno studio molto più ampio.

Fonte: medicalxpress.com

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