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Aurora magazine

Un test genetico per decidere quando fare la radioterapia

Uno studio clinico dell’Università di Leicester ha testato l’utilità dei test genetici del trattamento dei tumori. Da quanto risulta, i test aiutano a decidere a che ora è meglio effettuare la radioterapia. La scelta del momento della giornata può infatti aiutare a sopportare meglio la tossicità del trattamento. In questo modo è possibile ridurre gli effetti negativi e aumentare le probabilità di successo.

Il test genetico analizza i geni che regolano il ciclo circadiano, ovvero in nostro orologio interno. Identificando le variazioni in questi geni, è possibile capire se sia meglio effettuare il trattamento la mattina o la sera. I ricercatori hanno applicato questo principio al trattamento di 879 pazienti affetti da tumore al seno.

Le variazioni dei geni PER3 e NOCT sono collegate a una minore resistenza la mattina. Questi pazienti, se trattati nelle prime ore del giorno, sono esposti al rischio di effetti collaterali a breve e lungo termine. Questo accade perché le loro cellule tendono a dividersi più presto nel corso della giornata. Durante questa fase, le cellule sono più vulnerabili ed è più facile che la radioterapia le danneggi.

Il test è un nuovo tassello nella creazione di trattamenti sempre più personalizzati. Potrebbe bastare un semplice test genetico per decidere quale sia l’orario migliore per effettuare la radioterapia. Basterebbe questo per risparmiare sofferenze a moltissime persone malate. Ad oggi, infatti, sono migliaia i pazienti che soffrono per gli effetti collaterali del trattamento, soprattutto sulla pelle. Tra questi ci sono bruciature, zone arrossate e cambiamenti di colore della pelle.

Fonte: medicalxpress.com

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La terapia genica restituisce la vista a 12 persone

I ricercatori dell’Università di Oxford hanno usato la terapia genica per restituire la vista a 12 pazienti affetti da coroideremia. Si tratta di una malattia genetica rara che provoca una progressiva cecità. Chi ne soffre, è destinato a perdere la vista prima dei 40 anni. Il primo test per il nuovo trattamento ha però funzionato: la degenerazione si è fermata e ci è stato un significativo incremento della vista.

I primi test sono cominciati nel 2011. La malattia è causata dalla mutazione in un singolo gene, che il trattamento prende di mira. I medici hanno montato una versione corretta del gene su un vettore virale e l’hanno iniettata in un occhio dei pazienti. Il virus ha infettato le cellule, sostituendo il gene sbagliato con una copia corretta. Ad anni dal trattamento, i pazienti hanno mostrato un netto miglioramento nell’occhio trattato e un peggioramento in quello non trattato.

Si calcola che solo in Italia siano un migliaio le persone che soffrono di coroideremia, ma potrebbero essere anche di più. È possibile che la mancanza di terapie e la rarità della malattia abbia impedito la diagnosi in molti casi. Gli oculisti non sono preparati all’eventualità che il peggioramento della visione periferica sia causato da una malattia genetica.

Questo primo test è stato un successo importante nella lotta alla coroideremia, che oggi non a cura. Se confermato con altri trial clinici, potrebbe salvare la vista di migliaia di persone nel mondo. Per il momento si sa che la procedura è sicura. Il prossimo passo sarà testarla su più pazienti e confermarne l’efficacia.

Fonte: corriere.it

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Una lanterna per migliorare la diagnosi delle malattie da accumulo lisosomiale

Le malattie da accumulo lisosomiale sono tra le malattie genetiche rare meno conosciute. Spesso i medici attribuiscono i sintomi a malattie più note, ritardando la diagnosi. Un nuovo programma, The Lantern Project, mira a risolvere questo problema. Il progetto offrirà test genetici per la diagnosi delle malattie da accumulo lisosomiale, come la sindrome di Fabry o la malattia di Gaucher.

Si calcola che ci siano circa 10.000 casi di malattie da accumulo lisosomiale non diagnosticate. A volte, la diagnosi richiede anni ed estenuanti pellegrinaggi da un dottore all’altro. Per la malattia di Fabry, il periodo medio di diagnosi si aggira attorno ai 15 anni. Tra le ragioni c’è l’impossibilità di accedere a test diagnostici completi, che comprendano anche l’aspetto genetico. The Lantern Project mira ad affrontare questo problema.

Lo scopo del progetto è facilitare le diagnosi per i tanti dottori e pazienti statunitensi. In particolare, il progetto si focalizzerà su coloro che temono di soffrire della malattia di Gaucher, di Pompe, di Niemann-Pick e di Fabry. In aggiunta ai test genetici, saranno disponibili test per i livelli degli enzimi e test per alcune distrofie muscolari.

Il progetto verte sulle possibilità offerte dalla tecnologia di sequenziamento di nuova generazione. Il nuovo metodo è infatti più veloce e meno costoso rispetto a quelli precedenti, dato che permette di analizzare più geni allo stesso tempo. Di conseguenza, è possibile testare ciascun paziente per diverse malattie da accumulo lisosomiale in poco tempo.

Fonte: fabrydiseasenews.com

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Trovati 102 geni associati all’autismo

L’American Society of Human Genetics (Ashg) ha condotto il più ampio studio sui disturbi dello spettro autistico. I ricercatori hanno sequenziato e analizzato quasi 38.000 campioni genetici, che hanno portato a scoprire 102 geni collegati alla malattia. L’ultimo studio del 2015 ne aveva individuati solo 65. Gli studiosi hanno presentato i dati al meeting annuale 2018 dell’Ashg, a San Diego, in California.

Per effettuare lo studio, gli scienziati hanno analizzato 37.269 campioni, quasi il doppio rispetto agli studi precedenti. In questo modo sono riusciti ad analizzare un numero maggiore di geni e di varianti. Inoltre, hanno incorporato gli ultimi avanzamenti nella metodologia analitica. Tutti questi elementi insieme hanno consentito un sequenziamento dell’esoma senza precedenti.

L’esoma è la porzione del genoma che produce le proteine. I geni qui contenuti danno forma a tutte le caratteristiche del nostro organismo. Quando non funzionano come dovrebbero, provocano manifestazioni anomale come l’autismo. Ecco perché il sequenziamento di questa zona è così rilevante e ha dato risultati eccezionali.

I ricercatori hanno usato complessi metodi statistici per individuare 102 geni collegati all’autismo, con un tasso di errore del 10%. Di questi, 52 sono legati a disturbi dello spettro autistico, 47 all’autismo vero e proprio e a disabilità intellettive.

La scoperta consentirà di osservare non solo la genesi dell’autismo, ma anche quella di altri disturbi del neurosviluppo. L’obiettivo è comprendere meglio quali sono i geni che causano l’ampio ventaglio di disturbi presenti nello spettro. In questo modo sarà possibile individuare i meccanismi dietro all’ereditarietà dell’autismo.

Fonte: repubblica.it

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