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Miopia e Alzheimer forse causati dagli stessi geni

Uno studio della Columbia University ha studiato come gli stessi geni possono scatenare diverse malattie, analizzando le basi genetiche delle malattie più diffuse. I risultati hanno rivelato legami insospettabili, che potrebbero portare a una nuova classificazione delle malattie.

Era già noto che alcuni geni sono responsabili di più funzioni, ma nessuno li aveva mai studiati in maniera sistematica. La ricerca ha identificato 341 geni con responsabilità multiple: a ciascuno di essi sono collegate almeno due malattie. Alcune varianti genetiche sono legate a un intero gruppo di malattie, anche molto diverse tra loro. Si parla ad esempio di collegamenti tra le cause genetiche di miopia e di Alzheimer, o quelle di artrite reumatoide e infezioni dell’orecchio ricorrenti.

Joseph Pickrell, il coordinatore della ricerca, sostiene l’importanza di comprendere tutte le possibili competenze di una singola variante genetica. Ciò infatti aiuterebbe a scegliere meglio i trattamenti, optando per quelli più efficaci e con i minori effetti collaterali.

Fonte: ansa.it

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Correlazione tra varianti genetiche e risultati a scuola?

Un gruppo di ricercatori del Social Science Genetic Association Consortium ha studiato la correlazione tra variazioni genetiche e risultati a scuola. Lo studio ha però dimostrato che l’influenza dei geni, seppure presente, è molto più bassa di quella dei fattori ambientali. Al progetto hanno partecipato tra gli altri l'Istituto di genetica molecolare IGM-CNR di Pavia e gli Istituti di ricerca genetica e biomedica IRGB-CNR di Sassari e di Cagliari.

Lo studio ha coinvolto oltre 300 mila individui, di cui i ricercatori hanno studiato il DNA. Il risultato è la scoperta di 74 varianti genetiche comuni tra le persone di cultura più alta. Sarebbe però semplicistico dare il merito solo ai geni: affinché le varianti abbiano il massimo effetto, serve una frequenza scolastica comunque più alta rispetto a chi non le ha. Inoltre, lo studio tralascia aree del mondo con un sistema scolastico molto diverso da quello europeo e occidentale, come Asia e Africa.

Le varianti genetiche scoperte hanno un’influenza minima sui risultati effettivi raggiunti da una persona. Sono molto più determinanti altri fattori genetici scoperti in passato, nonché i fattori ambientali. Ciononostante, la scoperta è utile per comprendere come tante varianti genetiche agiscano di concerto, influenzando lo sviluppo della persona.

Secondo lo studio, le varianti riguardano in prevalenza tessuti cerebrali e si esprimono soprattutto nel periodo prenatale. I geni influenzano lo sviluppo delle funzioni cognitive, ma anche quello di alcuni tratti della personalità come la capacità di problem solving. È inoltre emerso che le sarebbero associabili a una maggiore predisposizione allo sviluppo di disturbo bipolare, ma anche a un minor rischio di Alzheimer.

Fonte: lescienze.it

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Trovate 13 persone resilienti alle malattie mendeliane

I ricercatori del Sage Bionetworks di Seattle e dell’Icahn School of Medicine al Mount Sinai di New York hanno sottoposto a test genetici quasi 600 mila soggetti. Dalla ricerca sono emersi 13 soggetti resilienti ad alcune malattie causate da mutazioni genetiche. Queste persone sono portatori dei geni mutati, ma non hanno sviluppato le malattie.

Le malattie mendeliane sono patologie genetiche causate da alcuni geni mutati, ereditati da uno o entrambi i genitori. In condizioni normali, chi presenta queste mutazioni sviluppa anche la malattia. Dallo studio, condotto su oltre 870 geni, sono però emersi 13 persone nelle quali i geni malati non hanno provocato conseguenze. Capire come sia possibile potrebbe apportare un grosso aiuto alla ricerca contro queste malattie.

Il problema principale è identificare le persone in questione. I ricercatori hanno infatti esaminato il materiale genetico, senza però conoscerne i proprietari. Trovare i 13 soggetti permetterebbe di studiare i meccanismi alla base delle mutazione genetiche e della loro resistenza ad esse. Purtroppo le persone coinvolte nello studio hanno dato l’autorizzazione solo per l’utilizzo dei geni, il che rende tutto molto più difficile.

Il genoma umano è estremamente complesso, ricco di meccanismi ancora difficili da capire e che potrebbero cambiare milioni di vite. I 13 misteriosi soggetti potrebbero apportare il loro contributo alla comprensione di come siamo fatti, aiutando a prevenire malattie molto gravi.

Fonte: nanopress.it

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L’amore per l’esercizio fisico si passa di madre in figlio?

Una ricerca del Baylor College of Medicine e della Rice University di Houston ha studiato come l’esercizio fisico in gravidanza trasmette l’amore per la corsa anche alla prole.

Le osservazioni su cavie gravide mostrano che i piccoli con mamme sedentarie sono meno propensi verso l’esercizio fisico. Al contrario, i cuccioli di cavie attive durante la gravidanza sono anch’essi molto attivi.

I figli imitano gli atteggiamenti dei genitori e ciò influenza certi atteggiamenti. Tuttavia potrebbe esserci di più: ci sono frammenti di DNA che predispongono all’attività fisica. I ricercatori stanno inoltre prendendo in esame il ruolo dell’epigenetica. Secondo questa teoria, le caratteristiche fisiche e il DNA di un individuo possono essere alterati dall’ambiente all’interno del grembo materno. Sono cambiamenti che influenzano anche la durata della vita e il rischio di contrarre certe tipologie di patologie. Ad esempio, i cuccioli nati da cavie sovrappeso durante la gravidanza tendono ad essere anch’essi in sovrappeso. Al contrario, cuccioli geneticamente identici ma nati da madri normopeso non hanno questi problemi.

La ricerca di Houston ha preso in esame un gruppo di cavie geneticamente identiche, tutte femmine. I ricercatori hanno messo le cavie in gabbie con delle ruote per farle correre, attività che i topi amano. Dopo una settimana di corse, le femmine sono state accoppiate a maschi della stessa linea genetica. I ricercatori hanno quindi diviso le cavie gravide in due gruppi: uno è stato lasciato in gabbie con le ruote per correre, l’altro invece in gabbie dove era impossibile correre.

Dopo lo svezzamento, i ricercatori hanno separato i cuccioli dalle madri in modo che non fossero spinti a imitarle. Le gabbie dei cuccioli erano dotate di ruote per correre in grado di tracciare la quantità di attività fisica fatta. Durante la prima infanzia, le osservazioni hanno rivelato poche differenze tra i due gruppi di cuccioli. Una volta entrati nell’adolescenza, i cuccioli figli delle cavie cui era stato permesso di correre hanno iniziato anch’essi a correre. I cuccioli delle cavie senza ruota, invece, hanno iniziato a fare molto meno esercizio fisico.

Poiché i cuccioli sono geneticamente identici e sono cresciuti in condizioni identiche, l’unica variante è la quantità di attività fisica fatta dalle madri. Ciononostante, il modo in cui l’esercizio in gravidanza riesca a influenzare l’amore per l’attività fisica nel nascituro è ancora dubbio. Per il momento l’unica cosa certa è che, salvo situazioni particolari, un po’ di esercizio in gravidanza non può fare che bene.

Fonte: nytimes.com

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