Recensioni verificate Soddisfatta del servizio.
Personale disponibile e gentile. Lo consiglio a tutti ...
Cliente Sorgente Genetica
logomysorgente

02  4948  5291

Aurora magazine

Tachicardia: le cause starebbero nel Dna

Uno studio italiano, coordinato Dario DiFrancesco dell’Università Statale di Milano, avrebbe individuato la causa genetica della tachicardia ereditaria. La ricerca è stata pubblicata sula rivista European Heart Journal è ricostruisce il meccanismo molecolare che provocherebbe la tachicardia.

Chi soffre di una forma di tachicardia ha a riposo una frequenza cardiaca di 95-100 battitti al minuto, con improvvise accelerazioni non giustificate dai bisogni dell'organismo. Pur sospettando un'origine genetica per alcune di queste forme, fino ad oggi gran parte delle cause erano sconosciute.

I ricercatori hanno studiato una famiglia affetta da Tachicardia Sinusale Inappropriata. Tutti i componenti mostrerebbero un'anomalia nel gene HCN4, che controlla la produzione delle proteine canale che regolano il ritmo cardiaco. Nel 2006 lo stesso team di ricercatori aveva ricollegato a una mutazione del gene HCN4 anche una forma di bradicardia, una patologia nella quale la frequenza cardiaca è troppo bassa. Benché i risultati sulle tachicardie abbiano tardato ad arrivare rispetto a quelli delle bradicardie, lo studio del 2006 sarebbe stato determinante.

Lo studio spiegherebbe alcune caratteristiche della Tachicardia Sinusale Inappropriata fino a questo momento inspiegabili. Tra queste ci sarebbe la dipendenza dal sistema nervoso autonomo, con improvvisi aumenti della frequenza cardiaca innescati dallo stimolo simpatico adrenergico. Avrebbe inoltre spiegato il perché degli effetti positivi dell'ivabradina su questa forma di tachicardia: il farmaco bloccherebbe le proteine canale, rallentando così il ritmo cardiaco.

Fonte: ok-salute.it

Add a comment

Terapia genica per la discinesia ciliare primaria

Uno studio italiano avrebbe trovato un nuovo trattamento contro la discinesia ciliare primaria, una rara malattia respiratoria che si manifesta fin dalla nascita.

Al momento non ci sono cure per la discinesia e, nelle manifestazioni più gravi della malattia, è spesso necessario il trapianto polmonare.

La mucosa respiratoria è coperta di ciglia il cui compito è proteggere tutto l’apparato dagli agenti esterni. Queste si muovono in senso ascensionale e riversano nel tubo digerente il muco, portando via con esso anche batteri, virus e sostanze inquinanti potenzialmente pericolose se inalate.

Nella discinesia ciliare primaria, una mutazione genetica causa il malfunzionamento delle ciglia. Il muco non riesce quindi a confluire nel tubo digerente, ristagnando nell’apparato respiratorio. Questo causa progressive disfunzioni respiratorie, asma, infezioni sempre più frequenti e danni irreversibili all’apparato respiratorio. La qualità della vita dei pazienti risulta sempre più compromessa, in taluni casi si manifestano danni anche al resto dell’organismo.

Le ciglia sono anche responsabili della migrazione degli organi nel corso dello sviluppo intrauterino, influenzano le funzionalità degli organi di senso e la motilità spermatica. Un loro malfunzionamento può portare quindi ad anomalie nella disposizione degli organi, disfunzioni olfattive e uditive, sterilità.

Lo studio in questione avrebbe trovato un modo per ripristinare la mobilità ciliare, grazie a un approccio innovativo alla terapia genica. Tradizionalmente si introduce una copia dell’intero gene funzionale all’interno della cellula difettiva, ma molti geni sono troppo grandi per questa operazione. In questo caso, i ricercatori hanno sviluppato dei bisturi molecolari veicolati all’interno delle cellule malate, che avrebbero tagliato via la sezione malata del gene sostituendola.

Nei test effettuati sui modelli animali, il 30% delle cellule avrebbe ottenuto il ripristino della normale mobilità ciliare, con un sensibile miglioramento clinico. Se i risultati saranno confermati dagli altri test previsti nel resto d’Europa, si apriranno nuove strade per il trattamento di un gran numero di malattie genetiche per ora incurabili.

Fonte: salute.agi.it

Add a comment

Prima diagnosi di malattia genetica rara grazie alla banca del DNA

Una bimba di 4 anni è stata la prima paziente a ricevere una diagnosi per la malattia genetica rara che l'ha colpita grazie all'archivio del DNA nel Regno Unito.

Nel 2014 In Inghilterra è partito un progetto di raccolta e di studio del DNA (chiamato 10.000 Genomes Project) volto a mappare il codice genetico di oltre 10.000 persone affette da malattie rare e da cancro, per osservare e comprendere meglio le mutazioni genetiche e le patologie a esse correlate. Proprio grazie a questo progetto una bimba di 4 anni, Georgia, è stata la prima persona a ricevere una diagnosi precisa della rara malattia genetica di cui è affetta.

La bimba era nata con una dimensione della testa leggermente superiore alla norma ma dai risultati delle prime analisi svolte non era emersa alcuna anomalia. Nel corso del tempo ha iniziato a essere evidente che la piccola Georgia era malata e che la sua crescita non procedeva come quella degli altri bambini. La bimba mostrava disturbi renali, gravi problemi agli occhi e incapacità di parlare, ma i medici non riuscivano a fornire una diagnosi.

A dicembre del 2015 il Great Ormond Street Hospital di Londra ha convocato i genitori, comunicando loro che dal sequenziamento del genoma di Georgia erano stati in grado di rilevare una mutazione genetica rarissima, permettendo così di effettuare una diagnosi. Per questa patologia non è ancora disponibile una cura ma grazie alla diagnosi i ricercatori possono studiare trattamenti mirati per curare altri pazienti colpiti dalla stessa mutazione genetica.

Il progetto 10.000 Genomes Project ha permesso di fornire un'altra diagnosi a una giovanissima paziente, nella quale si è potuto finalmente identificare la patologia da cui era stata colpita.

Fonte: repubblica.it

 
Add a comment

Eterologa: nel liquido uterino tracce del Dna della mamma, anche se infertile

Nei nove mesi di attesa, molti futuri genitori si domandano quale aspetto avrà il bambino e se assomiglierà di più alla mamma o al papà. Nei casi in cui, invece, la coppia abbia problemi di fertilità e sia costretta a sottoporsi alla fecondazione eterologa, il sogno di mettere al mondo una piccola “copia” di sé sembra dover essere messa da parte. Oggi una ricerca dell’Università di Southampton, i cui risultati sono stati resi noti sulla rivista scientifica “Development”, sembra smentire quest’affermazione, almeno per quanto riguarda i casi in cui vengano impiegati gli ovuli di una donatrice.

Le coppie in cui uno dei due membri è infertile, spesso ricorrono alla fecondazione eterologa, in cui si utilizzano ovuli femminili o spermatozoi provenienti da donatori esterni alla coppia. Di fatto, dunque, vengono messi a contatto i gameti del donatore o della donatrice con quelli del genitore fertile, affinché si realizzi la fecondazione. Quando questa avviene con successo, il nascituro non ha nessun legame biologico con il membro infertile della coppia. Su questo tema hanno investigato alcuni ricercatori inglesi dell’Università di Southampton scoprendo che invece, nel caso delle mamme, non è così.

La ricerca ha impiegato un campione di future mamme, rimaste incinta grazie alla fecondazione eterologa. Gli studiosi hanno deciso di prelevare un piccolo campione di liquido uterino, all’interno del quale cresce il bambino, e l’hanno analizzato tramite innovativi strumenti di laboratorio: hanno così rilevato che in tutti i campioni prelevati sono presenti delle tracce del Dna materno e hanno riscontrato che quest’elemento influenza in modo significativo lo sviluppo dell’embrione.

Ovviamente occorre aspettare studi più approfonditi prima di arrivare ad affermare che, nonostante la fecondazione eterologa, la mamma possa trasmettere il proprio Dna al bambino, ma certamente da oggi è possibile sostenere che fra le donne infertili che utilizzano ovuli di una donatrice e il bimbo nella loro pancia esiste uno scambio di materiale genetico.

Fonte: “Bimbi Sani & Belli”

Add a comment