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Aurora magazine

La diagnosi genetica preimpianto fa nascere un bambino sano

Una coppia svizzera portatrice sana di una rara malattia genetica ha dato alla luce un bambino sano. È la storia a lieto fine di Lisa e Claudio, portatori sani della malattia di Gaucher. Senza l’analisi preimpianto il loro bambino sarebbe nato affetto da un’orribile malattia. In questo modo, invece, sono riusciti a diventare genitori, seppure dopo tre anni e mezzo di tentativi.

Lisa e Claudio sono entrambi portatori sani della malattia di Gaucher, una grave patologia del sistema nervoso. L’hanno scoperto alla ventitreesima settimana della prima gravidanza, nel maggio 2013. Purtroppo durante l’ecografia sono emerse pericolose complicanze, che hanno reso necessaria l’interruzione di gravidanza. In seguito a questo primo episodio, hanno ritentato nel 2015. Di nuovo, il test del Dna fetale ha rivelato la presenza della malattia e la coppia ha dovuto interrompere la gravidanza. In seguito a questo secondo tragico episodio, i due hanno deciso di ricorrere alla procreazione assistita.

La diagnosi genetica preimpianto prevede l’analisi preliminare degli ovociti, così da individuarne uno privo della mutazione genetica. Poiché infatti la malattia è data da una mutazione genetica recessiva, affinché si manifesti la devono trasmettere entrambi i genitori. Un metodo che ha consentito a Lisa e Claudio di avere la sicurezza di un figlio sano, senza intervenire in alcun modo sull’embrione. In seguito all’impianto, è stato eseguito un nuovo test del Dna fetale che ha confermato lo stato di salute del feto.

Fonte: ilgiornale.it

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Il Dna rivela l’aggressività del rene policistico

Uno studio dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano ha effettuato il test del Dna su oltre 400 persone affette da rene policistico. I ricercatori hanno così ottenuto una mappa genetica dettagliata, che individua le cause genetiche della patologia. In base al tipo di mutazione, è anche possibile comprendere quanto la malattia sarà aggressiva e precoce.

Il rene policistico è la prima causa di insufficienza renale al mondo. È tra le malattie genetiche più comuni e solo in Italia ne soffrono oltre 60.000 persone. Nonostante si stiano facendo grandi passi avanti nel trattamento sintomatico della malattia, per il momento non esistono cure. Il procedere della malattia provoca un dolore cronico trattabile, ma anche l’insufficienza renale e la perdita dell’organo. Per contrastare quest’ultime non c’è nulla che si possa fare al momento.

Alla base della malattia c’è la mutazione dei geni PKD1 o PKD2. In base al tipo di mutazione, cambia anche la gravità delle anomalie nel funzionamento del gene. Per questo motivo il rene policistico è una malattia dalle tante facce, che si può presentare a diverse età e con diversi livelli di gravità. Lo scopo della ricerca era fare ordine in questa eterogeneità, creando un database di informazioni che permettesse di collegare tipo di mutazione e variante della malattia.

Lo studio è il primo passo per comprendere in che modo funziona la malattia. Consentirà inoltre di migliorare i test genetici per individuare la gravità della malattia, così da elaborare il trattamento giusto per ciascun paziente. I test del Dna attuali, infatti, si limitano a confermare o negare la presenza dei geni mutati. In futuro si potrebbero conoscere l’età in cui probabilmente la malattia si manifesterà e con quale aggressività.

Fonte: lastampa.it

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Dipendenza da caffè: è colpa di un gene

Un gruppo di ricerca dell’Università di Edimburgo ha trovato il gene che provoca la dipendenza da caffè. La ricerca, coordinata dall’italiano Nicola Pirastu, è stata pubblicata sulla rivista Scientific Reports.

Gli scienziati hanno preso come punto di riferimento due popolazioni italiane: quella pugliese e quella friulana. Dei 1.213 volontari che hanno partecipato, 370 provenivano dalla città pugliese di Carlantino, mentre 843 erano originari di sei paesi in Friuli Venezia Giulia. L’obiettivo era individuare eventuali associazioni genetiche, ricollegabili alla dipendenza da caffè.

I ricercatori hanno chiesto ai volontari quante tazzine di caffè consumassero ogni giorno. Hanno quindi fatto la stessa domanda ad altrettanti volontari olandesi. Raccolte le risposte, le hanno incrociate con i dati del genoma dei volontari. È emersa una correlazione inversa tra numero di tazze di caffè e presenza di una variante del gene PDSS2.

La variante di PDSS2 influenzerebbe un altro gene ancora, che regola il metabolismo della caffeina. Quanti hanno mostrato di possedere la variante, smaltirebbero la sostanza più lentamente. Trattenendo la caffeina più a lungo, il bisogno di assumerne dell’altra sarebbe quindi minore, riducendo il numero di tazzine giornaliere.

Fonte: wired.it

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La riscrittura del Dna con la Crispr fa regredire i tumori

I ricercatori dell'Università di Shenzhen hanno usato la tecnica Crispr per frenare l’avanzare di tumori nelle cavie. La riscrittura del Dna ha non solo fermato il tumore, ma ne ha provocato anche la regressione. Se si dimostrasse sicura anche per l’uomo, la tecnica rivoluzionerebbe i trattamenti contro il cancro.

Il nuovo metodo consente di agire sul tumore su più livelli, controllandone il meccanismo metabolico a cascata. Alla base della crescita tumorale ci sono infatti dei segnali molecolari, che inducono la proliferazione delle cellule. Gli scienziati hanno usato la Crispr-Cas9 in modo che si attivasse in risposta a questi segnali. La Crispr ha quindi stimolato l’azione di due geni oncosoppressori, che hanno bloccato la crescita delle cellule tumorali. In una seconda fase dei test, i ricercatori hanno addirittura riprogrammato le cellule così da stimolare la regressione del tumore.

Lo studio dei ricercatori cinesi mostra solo una delle tante applicazioni della Crispr. La tecnica consente infatti di agire sulle cause stesse delle malattie, arrivando là dove i normali farmaci poco possono. Altre ricerche in corso nel mondo ne prevedono l’uso per la creazione di zanzare anti-malaria, oltre che per la correzione di malattie genetiche gravi e per ora incurabili.

I risultati dello studio cinese sono stati pubblicati su Nature Methods e hanno provocato grande fermento. La tecnica consente infatti di agire su tutti i tumori di cui si conoscono gli eventi metabolici alla base, ovvero la gran parte. Nonostante i risultati, è però ancora presto per parlare di sperimentazione umana. Prima sarà infatti necessario verificarne fino in fondo gli effetti.

Fonte: ansa.it

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