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Aurora magazine

Creato maxi database con più di 7 milioni di varianti genetiche

Un gruppo di ricercatori aderenti all’ExAC ha catalogato circa 7,4 milioni di varianti genetiche in un unico database. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature ed è il catalogo più ampio e dettagliato creato fino a oggi. Grazie alla sua mole di informazioni, potrebbe permettere di scoprire nuovi collegamenti tra malattie e anomalie genetiche.

Il database parte dal sequenziamento del genoma di oltre 60.700 persone, provenienti da tutti i continenti. L’analisi si è concentrata sugli esoni, le parti del DNA che controllano la produzione di proteine. Poiché scende molto nel dettaglio, consente di individuare anche anomalie di un singolo gene. Il risultato è una mappa genetica mirata a individuare qualsiasi mutazione ricollegabile ad anomalie cromosomiche e malattie genetiche, così da aiutare la ricerca di nuove terapie.

La banca dati è liberamente accessibile alla comunità scientifica internazionale. Ciò ha già consentito di verificare il collegamento tra la mutazione di un singolo gene e diverse patologie. I ricercatori hanno infatti esaminato 192 mutazioni mendeliane citate in studi precedenti. È emerso che solo per 9 di queste esistono dati solidi che le collegano con la patologia studiata. Interessante è il caso della cardiomiopatia, una malattia genetica molto grave e molto comune. Le informazioni ricavate dal database hanno rilevato che diverse anomalie genetiche collegate in precedenza alla malattia sono in realtà del tutto scollegate.

Il lavoro dell’ExAC si preannuncia fondamentale per sgomberare il campo della ricerca dai falsi collegamenti del passato. In questo modo sarà più facile trovare le vere cause di molte patologie e studiarne le cure.

Fonte: focus.it

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La longevità nasce da un mix di Dna

Una ricerca del Centro Nazionale per la Ricerca Cardiovascolare Carlo III di Madrid ha trovato la ricetta dell’invecchiare in buona salute. Longevità e vecchiaia serena sono il frutto dell’equilibrio tra il Dna del nucleo cellulare e quello dei mitocondri.

La scoperta potrebbe influire su alcuni interventi di fecondazione artificiale, nei quali si usa l’ovulo di una donatrice e il Dna della madre. In questi casi, infatti, le cellule racchiudono di fatto due Dna diversi tra loro.

I ricercatori hanno analizzato cavie con Dna nucleare uguale, ma aventi Dna mitocondriale diverso. Fin quando le cavie sono rimaste giovani, i mitocondri hanno funzionato in maniera normale. Quando le cavie hanno cominciato a invecchiare, le funzioni dei mitocondri sono cambiate. Il cambiamento ha influenzato il metabolismo cellulare, intaccando anche i telomeri. I telomeri sono delle strutture alle estremità dei cromosomi, associate alla longevità dell’individuo. I topi con Dna mitocondriale diverso da quello nucleare, con i telomeri intaccati, sono vissuti di meno. Inoltre sono invecchiati peggio e, ad esempio, alcuni di questi hanno sviluppato problemi di obesità.

Secondo i ricercatori, i peggioramenti intervenuti invecchiando sono dovuti all’interazione tra il genoma nucleare e quello mitocondriale. Sarà però necessario indagare il fenomeno in maniera più approfondita, specie per le sue ripercussioni nel mondo della fecondazione assistita. In caso di sostituzione del Dna mitocondriale, infatti, si potrebbero avere effetti a lungo termine poco chiari.

Fonte: ansa.it

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I cerotti per la menopausa contro l’Alzheimer

Uno studio della Mayo Clinic rivela che i cerotti per la menopausa riducono il rischio di Alzheimer nelle donne. Il farmaco pare inoltre ancora più efficace in quante hanno una predisposizione genetica alla malattia.

Le persone affette da Alzheimer mostrano depositi di beta-amiloide superiori alla media, che danneggiano i neuroni e provocano l’avanzare della malattia. I ricercatori hanno esaminato 68 donne entrate da poco in menopausa e le hanno sottoposte a terapia sostitutiva ormonale. Di queste 21 hanno assunto gli ormoni mediante cerotti e 17 per via orale, mentre 30 hanno ricevuto solo il placebo. I ricercatori hanno quindi eseguito una tomografia a emissione di positroni, per analizzare i depositi di amiloide. Le donne che hanno usato il cerotto hanno mostrato depositi di amiloide ridotti, in particolare coloro con predisposizione genetica alla malattia. Gli ormoni presi per via orale non sembrano invece aver influito sui depositi.

La terapia sostitutiva ormonale per la menopausa prevede l’assunzione di beta-estradiolo. L’ormone serve per compensare il declino degli estrogeni proprio della menopausa. Secondo alcuni studi, questo declino è legato all’aumento del rischio di demenza e Alzheimer. Intervenendo subito con i cerotti per la terapia sostitutiva, il rischio di incorrere nella malattia diminuirebbe un’altra volta. Al contrario, intervenire dopo i 65 anni servirebbe solo ad aumentare il rischio di demenza.

I risultati sono significativi in particolare per le donne con una predisposizione genetica alla malattia. Sono inoltre di grande importanza per gli studi riguardo la prevenzione della malattia.

Fonte: panorama.it

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Un esame del sangue per diagnosticare l’Alzheimer

Un gruppo di ricercatori australiani ha individuato 16 anomalie nel sangue dei pazienti di Alzheimer, che possono rivelarsi fondamentali nello studio di questa malattia.

La scoperta apre la via all’elaborazione di esami del sangue che diagnostichino la patologia in tempi più brevi. La biologa molecolare Lesley Cheng dell'Università La Trobe di Melbourne ha guidato la ricerca.

I ricercatori hanno isolato il microRNA presente all’interno dei campioni di sangue. Si tratta di molecole concentrate nelle secrezioni delle cellule, che controllano l’espressione genica. Esaminando il microRNA dei pazienti di Alzheimer, gli studiosi hanno scoperto notevoli differenze rispetto a quello delle persone sane. Diventa così possibile individuare un biomarker che permetta diagnosi molto più tempestive, che magari precedano i primi sintomi.

Una diagnosi precoce permetterebbe di intervenire prima, così da fermare i sintomi. Inoltre, la stessa metodologia potrebbe essere usata per altre malattie, come ad esempio di morbo di Parkinson.

L'analisi del DNA a oggi permette di individuare sempre più patologie in fase precoce, anche in epoca prenatale. Esami di screening prenatale come il test del DNA fetale permettono infatti di rilevare la presenza nel feto delle principali anomalie cromosomiche. 

Fonte: federfarma.it

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