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Sindrome dell’X fragile: cos’è e quali sono i sintomi

La sindrome dell’X fragile o di Martin-Bell è una malattia genetica che provoca ritardo mentale e un lieve dimorfismo. La causa sta in una mutazione del gene FMR1 sul cromosoma X, che interessa 1 bambino su 1250 e 1 bambina su 2500.

Alla base della malattia c’è una mutazione dinamica che provoca un deficit della proteina FMRP. In condizioni normali, il tratto di DNA interessato ha tra le 6 e le 50 copie di triplette CGG. Nei portatori sani, le copie sono 50-200. Nei soggetti malati, invece, questo tratto di DNA si espande in maniera progressiva e porta al deficit di cui sopra.

Nei soggetti sani, la proteina FMRP si lega con l’RNA. La si trova soprattutto nei testicoli e nel cervello, motivo per cui sono questi gli organi più colpiti dalla sua assenza. La carenza si manifesta in maniera graduale, in un periodo compreso tra i primi mesi di vita e la pubertà. I sintomi sono variegati e spesso non facili da individuare. In alcuni casi sono collegati anche ad altre malattie, ritardando la diagnosi.

I sintomi fisici più evidenti sono volto allungato, padiglioni auricolari a impianto basso, mascella sporgente. In alcuni casi, si presentano anche strabismo e occlusioni dentali. Alcuni soggetti affetti da sindrome dell’X fragile soffrono anche di macrocefalia e prolasso della valvola mitrale. Nella fase post-puberale si può manifestare anche un aumento di volume dei testicoli.

La sindrome dell’X fragile è la causa più frequente del ritardo mentale ereditario. L’entità del ritardo è però variabile e accompagnata da altri sintomi. Chi soffre di Martin-Bell manifesta spesso iperattività, deficit di attenzione, comportamenti di stampo autistico e instabilità emotiva.

Data la grande varietà di sintomi, la diagnosi può essere difficoltosa. Spesso ci si arriva per esclusione, oppure esaminando casi analoghi in famiglia. In quest’ultimo caso, è possibile ricorrere anche alla diagnosi prenatale.

Fonte: osservatoriomalattierare.it

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Depressione post-parto: cos’è e come si riconosce

La gravidanza provoca una serie di grossi cambiamenti nel fisico di una donna. Questi agiscono sia sulla sfera fisica sia su quella mentale. Dopo il parto, è facile che lo stress e i cambiamenti ormonali alterino l’umore. In gran parte dei casi questi si traducono in un malessere passeggero che si risolve in qualche mese. Nel 10-15% dei casi, invece, il malessere perdura e si trasforma nella cosiddetta depressione post-parto.

La depressione post-parto prevede almeno cinque dei seguenti sintomi, che devono durare per almeno due settimane:

  • umore depresso
  • perdita di piacere
  • mancanza/eccesso di appetito
  • calo/aumento improvviso di peso
  • sonno alterato
  • mancanza di energie
  • isolamento
  • senso di impotenza
  • ansia
  • calo della libido
  • calo della concentrazione
  • pensieri di morte
  • agitazione.

Nel caso in cui si manifestino questi sintomi, è necessario rivolgersi a uno specialista per confermare la diagnosi. In alcuni casi, infatti, i sintomi in questione possono essere legati ad altri disturbi della sfera emotiva e psicologica. Altre volte, invece, sono solo una reazione momentanea allo stress del cambiamento. Uno specialista saprà individuare le cause dietro al singolo malessere e consigliare come affrontarlo. In ogni caso, è importante non sottovalutare mai il problema.

I primi sintomi della depressione post-parto si manifestano spesso tra la 3a e la 4a settimana dopo il parto. Tendono a ricomparire in maniera ciclica fino al 6° mese, a volte fino al 9°. In alcuni casi possono persistere per anni, con danni per la qualità della vita di tutta la famiglia. Un consulto psicologico e – là dove necessario – psichiatrico può evitare molte sofferenze inutili a mamma e bambino.

Fonte: stateofmind.it

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Come funziona l’epigenetica e come cambia o no il DNA

Il DNA determina le caratteristiche ereditarie di ogni essere vivente. In alcuni casi, si verifica un cambiamento nel DNA dei gameti che causa la comparsa di una malattia nella prole. In altri casi, queste anomalie erano già presenti nel DNA dei genitori ma erano per qualche motivo rimaste silenti. Esiste però un altro tipo di alterazioni, legate allo stile di vita e ai fattori ambientali: le alterazioni epigenetiche.

Dentro ogni cellula umana c’è una parte più interna, detta nucleo. Qui dentro ci sono i 46 cromosomi che raggruppano il materiale genetico che ci definisce. Ogni cromosoma è a propria volta costituito da una sostanza chiamata cromatina. Infine, la cromatina è formata da diversi nucleosomi, nei quali il DNA si arrotola a doppia elica intorno a delle proteine dette istoni.

Quando l’organismo deve produrre una certa proteina, ricava le informazioni necessarie dal nucleo della cellula interessata. Per leggere l’informazione dentro il DNA la doppia elica si deve aprire, fare uno stampo dell’informazione e richiudersi. Lo stampo porta quindi l’informazione sotto forma di RNA. Affinché tutto funzioni a dovere, è necessario che gli istoni regolino il processo di apertura e chiusura del DNA. Sono però toccati anche loro dal processo che regolano.

Gli istoni sono composti da proteine, che devono essere prodotte in base a informazioni presenti nel DNA. A volte capita che gli istoni subiscano delle modifiche, il che cambia le modalità di lettura del DNA. Le informazioni genetiche rimangono le stesse, ma cambia il modo in cui vengono lette e interpretate. Queste sono le alterazioni epigenetiche.

Le modificazioni epigenetiche sono legate a quello che mangiamo, al livello di attività fisica e all’ambiente in cui viviamo. Sono causa di alcuni tumori e possono determinare anche lo stato di salute della prole.

Fonte: airc.it

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Malattia di Charcot-Marie-Tooth: cos’è e quali sono i sintomi

La malattia di Charcot-Marie-Tooth (CMT) è una malattia del sistema nervoso periferico. I segni più caratterizzanti sono debolezza e atrofia dei muscoli, oltre che sensibilità di ridotta. In genere i primi sintomi partono dai piedi, per diffondersi verso l’alto. La maggior parte dei casi si verificano prima dei 20 anni ed esistono diverse forme, che possono essere più o meno invalidanti.

Si calcola che la malattia colpisca 1 persona ogni 2500. Fino ad oggi sono stati identificati oltre 40 geni collegati alla malattia, ma è probabile che siano molti di più. Gran parte delle forme è trasmissibile con modalità autosomica dominante: basta una copia alterata del gene perché si manifesti la malattia. In altre forme, invece, è necessario ereditare i geni alterati da entrambi i genitori. Altre ancora sono legate al cromosoma X, per cui le donne sono colpite da una forma lieve e gli uomini da una forma più grave.

La diagnosi della CMT avviene mediante osservazione clinica, esame elettromiografico e biopsia del nervo. Sta assumendo un ruolo sempre più rilevante anche l’analisi genetica, che consente una diagnosi precoce.

Per il momento non esistono terapie mediche definitive per la malattia di Charcot-Marie-Tooth. Ci sono una serie di sperimentazioni cliniche in corso, per valutare l’efficacia dell’acido ascorbico nelle formi più comuni. Purtroppo i risultati non sono incoraggianti. In compenso, altre sostanze sembrano molto più promettenti e se ne stanno analizzando gli effetti sugli animali. Inoltre, in alcuni casi chirurgia e fisioterapia sono di aiuto.

Fonte: telethon.it

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