Nei nove mesi di attesa, molti futuri genitori si domandano quale aspetto avrà il bambino e se assomiglierà di più alla mamma o al papà. Nei casi in cui, invece, la coppia abbia problemi di fertilità e sia costretta a sottoporsi alla fecondazione eterologa, il sogno di mettere al mondo una piccola “copia” di sé sembra dover essere messa da parte. Oggi una ricerca dell’Università di Southampton, i cui risultati sono stati resi noti sulla rivista scientifica “Development”, sembra smentire quest’affermazione, almeno per quanto riguarda i casi in cui vengano impiegati gli ovuli di una donatrice.
Le coppie in cui uno dei due membri è infertile, spesso ricorrono alla fecondazione eterologa, in cui si utilizzano ovuli femminili o spermatozoi provenienti da donatori esterni alla coppia. Di fatto, dunque, vengono messi a contatto i gameti del donatore o della donatrice con quelli del genitore fertile, affinché si realizzi la fecondazione. Quando questa avviene con successo, il nascituro non ha nessun legame biologico con il membro infertile della coppia. Su questo tema hanno investigato alcuni ricercatori inglesi dell’Università di Southampton scoprendo che invece, nel caso delle mamme, non è così.
La ricerca ha impiegato un campione di future mamme, rimaste incinta grazie alla fecondazione eterologa. Gli studiosi hanno deciso di prelevare un piccolo campione di liquido uterino, all’interno del quale cresce il bambino, e l’hanno analizzato tramite innovativi strumenti di laboratorio: hanno così rilevato che in tutti i campioni prelevati sono presenti delle tracce del Dna materno e hanno riscontrato che quest’elemento influenza in modo significativo lo sviluppo dell’embrione.
Ovviamente occorre aspettare studi più approfonditi prima di arrivare ad affermare che, nonostante la fecondazione eterologa, la mamma possa trasmettere il proprio Dna al bambino, ma certamente da oggi è possibile sostenere che fra le donne infertili che utilizzano ovuli di una donatrice e il bimbo nella loro pancia esiste uno scambio di materiale genetico.
Fonte: “Bimbi Sani & Belli”