Un team dell'Università del North Carolina ha sviluppato un metodo per diagnosticare l'autismo nel primo anno di vita. I ricercatori hanno predetto l'insorgere del disturbo in 8 bambini ad alto rischio su 10, tutti al di sotto dei 2 anni. I primi risultati sono eccezionali, ma saranno necessari ulteriori studi per confermarne il valore.
Si calcola che l'autismo sia diagnosticato a 1 bambino su 160 nel mondo. I soggetti più a rischio sono i bambini con un parente stretto affetto da sindrome autistica. Si calcola infatti che un bambino con un fratello maggiore autistico avrà 1 probabilità su 5 di risultare a propria volta autistico. Nonostante la maggiore attenzione posta sui soggetti ad alto rischio, di rado si riesce ad avere una diagnosi prima dei 2 anni di vita del bambino. È solo a questa età che eventuali anomalie comportamentali iniziano a diventare evidenti. Inoltre, al momento mancano sia una causa genetica univoca sia biomarcatori specifici per il disturbo. Lo studio mira ad anticipare la diagnosi, così da mettere in atto fin da subito trattamenti più efficaci.
Joseph Piven, a capo del team, studia fin dagli anni '90 le risonanze magnetiche del cervello dei bambini ad alto rischio. I bambini affetti da autismo hanno un cervello più grande rispetto alla media, ma non si sa quando abbia inizio la crescita anomala. I ricercatori hanno quindi scansionato periodicamente il cervello di 106 bambini ad alto rischio e di 42 bambini a basso rischio. Per mettere a confronto i due gruppi di immagini, hanno usato un algoritmo di machine learning. Il metodo ha permesso loro di diagnosticare l'autismo in 8 casi su 10.
Le risonanze hanno mostrato anomalie nella superficie corticale del cervello dei bambini autistici. Si tratta di anomalie comparse tra i 6 e i 12 mesi di vita, prima del manifestarsi dei sintomi. La scoperta potrebbe avere importanti ripercussioni cliniche, anche se servono ulteriori conferme. Bisognerà inoltre capire se il nuovo metodo diagnostico sia applicabile solo ai soggetti ad alto rischio o a tutti i bambini.
Fonte: wired.it
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