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Aurora magazine

Da farmaco per l'acne a trattamento contro la sclerosi multipla

Non solo acne: un farmaco usato per la pelle potrebbe avere effetti positivi anche contro la sclerosi multipla. La Fase 3 di un trial clinico del Hotchkiss Brain Institute ha mostrato i benefici della minociclina contro la sclerosi multipla. La scoperta offre la possibilità per un nuovo trattamento “low-cost” contro la malattia.

Uno degli elementi cardine della sclerosi è l'infiammazione del sistema nervoso centrale, che porta alla distruzione della mielina. La minociclina è un principio attivo usato per il trattamento dell'acne, con molte proprietà antinfiammatorie. Il neuroscienziato V. Wee Yong ha quindi testato la minociclina su modelli animali affetti dalla malattia. I primi test, risalenti ormai a 18 anni fa, hanno avuto successo.

Dopo il successo sui modelli animali, il ricercatore ha formato un proprio team e ha proseguito con i trial. Oggi è arrivato alla Fase 3, che ha coinvolto 142 pazienti tra i 18 e i 60 anni affetti da sclerosi multipla. All'inizio della sperimentazione, i soggetti stavano attraversando i primi sintomi della malattia. Ciascuno di loro ha ricevuto 100 mg di minociclina al giorno o un placebo. Nei 6 mesi del trattamento, c'è stata una riduzione dello sviluppo della malattia del 27,6%.

I risultati ottenuti con la minociclina sono paragonabili a quelli ottenuti con i trattamenti tradizionali. La differenza principale sta nel costo. La minociclina è infatti accessibile anche alle fasce di reddito più basse. Ciò significa la possibilità di curarsi anche per chi è economicamente svantaggiato.

Fonte: ucalgary.ca

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Un gene che protegge il cuore? Si nasconde in un villaggio greco

Nel villaggio dell'isola di Creta Mylopotamos si nasconde un gene che protegge cuore e vasi sanguigni. La scoperta arriva da un team di ricerca del Wellcome Trust Sanger Institute, coordinato dalla dottoressa Eleftheria Zeggini. Grazie ai risultati ottenuti si potrebbero elaborare nuovi trattamenti contro le malattie cardiovascolari e il rischio di infarto.

Mylopotamos è un villaggio greco isolato dal resto del mondo, i cui abitanti seguono una dieta ricca di grassi animali. Con queste premesse si potrebbe pensare a una popolazione con un tasso elevatissimo il malattie cardiovascolari e di infarti. Nonostante la loro dieta, invece, gli abitanti di Mylopotamos vivono a lungo e in buona salute.

I ricercatori hanno mappato il DNA di 250 abitanti del villaggio greco. L'hanno quindi confrontato con il DNA di un gruppo di controllo di 3.200 persone. È così emersa una variante genetica del gene Dscaml1, rs145556679. Alla variante rs145556679 corrispondono livelli di grassi cattivi nel sangue più bassi. Grazie alla riduzione dei grassi cattivi, si riduce anche il rischio di malattie del cuore e dell'apparato circolatorio.

La variante rs145556679 produce una proteina che forma delle reti all'interno dei vasi sanguigni. Queste reti bloccano il colesterolo cattivo e gli impediscono di entrare nelle pareti dei vasi. In questo modo evitano la formazione dei trombi e riducono il rischio di infarto. La proteina scoperta è simile alla Loxina, individuata dal team del genetista Giuseppe Novelli dell'Università Tor Vergata.

Sia la proteina prodotta da rs145556679 sia la Loxina sono importanti per elaborare nuovi farmaci. Aprono infatti le porte a nuovi trattamenti che proteggono contro infarto e malattie del cuore.

Fonte: ansa.it

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Anoressia: svelata la radice genetica oltre a quella psicologica

Un team internazionale ha identificato la componente genetica dietro all'anoressia, individuando un'anomalia nel cromosoma 12. La malattia è quindi sia psichiatrica che metabolica, legata ad un problema nell'assorbimento dei nutrienti. La scoperta potrebbe cambiare profondamente l'approccio verso la malattia e i suoi trattamenti. Apre inoltre le porte a test del DNA pensati per prevenire almeno in parte il disturbo.

La ricerca ha coinvolto 3.495 individui affetti da anoressia nervosa. A questi sono stati affiancati i dati di 10.982 individui sani. I ricercatori hanno analizzato il DNA dei soggetti con le moderne tecniche di sequenziamento del genoma. Hanno così individuato un'anomalia nel cromosoma 12, comune tra le persone anoressiche. La regione è già stata associata all'insorgere del diabete di tipo 1 e a malattie autoimmuni.

Secondo quanto scoperto, potrebbe esserci una correlazione tra anoressia, altre malattie psichiatriche e malattie metaboliche. Il collegamento a depressione e schizofrenia non sorprende, mentre il legame con le malattie del metabolismo è inedito. I soggetti affetti da anoressia presentano ad esempio una bassa resistenza all'insulina. Questo cambia il modo in cui assorbono il cibo e lo bruciano, influenzando quindi anche il rapporto che hanno con esso.

La scoperta prova nuovamente il legame tra psicologia e sviluppo fisico. L'anoressia ha una fortissima componente psicologica, ma non solo. Ne consegue che i trattamenti dovrebbero tenere conto del funzionamento anomalo del metabolismo. Ad esempio, potrebbe essere necessario introdurre più carboidrati nella dieta di queste persone.

Durante la gravidanza è consigliabile sottoporsi a test prenatali non invasivi come il test del DNA fetale, che rilevano la presenza di anomalie cromosomiche nel feto. 

Fonte: corriere.it

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La rivoluzione contro l'Alzheimer nasce da stagnola e colla epossidica

Dall'Università di Surrey arriva un nuovo separatore di cellule che potrebbe rivoluzionare la ricerca contro il cancro e l'Alzheimer. La parte eccezionale è che il macchinario ha avuto una genesi umile, fatta di stagnola e colla epossidica. Uno degli scopi del nuovo processo, infatti, è ottenere la separazione cellulare a una frazione del costo attuale. Ciò renderebbe più accessibili alcune terapie per malattie mortali e molte ricerche riguardanti le cellule staminali.

La separazione delle cellule è fondamentale nella ricerca medica. Si va dalla separazione dei globuli rossi dai globuli bianchi, fino alla separazione dei diversi tipi di staminali. Serve per identificare le cellule da utilizzare nelle terapie rigenerative, ma anche per lavorazioni in ambito biochimico e legate alla scienza dei materiali. Al momento, però, il processo è complesso e molto costoso.

Un team dell'Università di Surrey ha sviluppato un separatore di cellule che sfrutta elettrodi 3D e un chip low-cost. Grazie a una piccola carica elettrica, il chip consente il passaggio di un solo tipo di cellula e blocca tutti gli altri. Il principio è simile a quello usato nei circuiti stampati e rende la separazione 10.000 volte più veloce.

L'invenzione è arrivata dopo anni di ricerca e il primo prototipo era composto da carta stagnola e colla epossidica. Nonostante la macchina attuale sia un poco più complessa, ha mantenuto l'economicità del progetto originale. Il nuovo separatore di cellule costa un centesimo di quelli tradizionali e gli agenti usati costano altrettanto poco. In più non usa marcatori chimici, quindi è possibile riutilizzare le cellule per fini terapeutici.

Fonte: alphagalileo.org

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