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Aurora magazine

Una gravidanza più sicura con gli screening contro la preeclampsia

Negli Stati Uniti la Preventive Services Task Force propone di far diventare routine gli screening prenatali per la preeclampsia. Secondo i medici, sarebbe un modo per ridurre le complicazioni in gravidanza e salvaguardare la salute del bambino. Il fenomeno è infatti una realtà sempre più diffusa e grave, che in alcuni casi può portare anche alla morte.

La preeclampsia è un problema che affligge circa il 4% delle donne in gravidanza. Prevede problemi di pressione alta, eccesso di proteine delle urine, gonfiore in piedi, gambe e mani. Se non trattata, la preeclampsia può portare a serie complicazioni per mamma e bambino. Tra queste ci sono ictus e convulsioni per la madre, nascita prematura e anche la morte per il figlio. Se diagnosticata per tempo, è possibile affrontare la malattia con trattamenti farmacologici. Per farlo è però fondamentale ricorrere ad appositi screening prenatali, spesso sottovalutati.

La Preventive Services Task Force spera di spingere i medici a prestare maggiore attenzione al fenomeno. È importante anche identificare i soggetti che, pur non soffrendo della patologia, sono maggiormente a rischio. La categoria include donne obese, affette da diabete, problemi renali, lupus e artrite reumatoide. Anche la presenza di casi analoghi in famiglia può essere rilevante. In questi casi, le linee guida consigliano la prescrizione di una piccola dose di aspirina durante la gravidanza. Ciò dovrebbe aiutare a prevenire l’insorgere del problema.

Fonte: foxnews.com

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Un nuovo software aiuta la diagnosi prenatale dell’autismo

Un gruppo di ricerca dell’Università di Princeton ha sviluppato un nuovo software per mappare i geni causa dell’autismo. Il nuovo metodo potrebbe un giorno aiutare la diagnosi prenatale dell’autismo. Per il momento, il software riconosce le caratteristiche dei geni ricollegabili all’autismo. Si concentra non solo sulle mutazioni più pericolose, ma anche sui percorsi molecolari che includono geni di per sé sani.

Il nuovo metodo di diagnosi prenatale si allontana dai classici strumenti statistici, basati solo sulla ricerca delle mutazioni più comuni tra chi è affetto dalla malattia. L’influenza dei geni su questo genere di disordini è infatti molto più ampia di quella che conosciamo. L’algoritmo mappa invece le interazioni tra più di 25.800 geni presenti nel genoma umano. Crea così una rete basata sull’espressione dei geni, sui modelli di legami proteici e sui dati raccolti da oltre 14.000 pubblicazioni.

I ricercatori hanno programmato il software per riconoscere quasi 600 geni responsabili dell’autismo, già individuati mediante studi precedenti. L’algoritmo li divide in quattro categorie, in base al loro probabile ruolo nello sviluppo dell’autismo. Più sono importanti, più l’algoritmo dà loro peso. I ricercatori hanno quindi inserito i dati di quasi 1.200 geni ricollegabili ad altre malattie.

A partire dai dati inseriti e dal sistema di ranking, il software assegna a ciascun gene un punteggio. In questo modo i ricercatori hanno individuato geni che sviluppano mutazioni nei soggetti affetti dalla malattia. Hanno inoltre trovato mutazioni potenzialmente molto pericolose in soggetti sani.

Fonte: spectrumnews.org

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Età, alcol e fumo influenzano le informazioni genetiche degli spermatozoi

Uno studio del Georgetown University Medical Center rivela che età e abitudini di vita influenzano gli spermatozoi, mutando le informazioni genetiche che trasmettono. Ciò significa che la salute dei figli dipende dallo stile di vita di entrambi i genitori, non solo da quello della madre.

Gli scienziati hanno esaminato una serie di dati raccolti per altri studi, che comprendono età dei padri al momento del concepimento, uso di sostanze stupefacenti, dieta. Emerge che tutti questi fattori agirebbero sul mondo in cui i geni si esprimono, provocando dei cambiamenti permanenti nel feto e trasmissibili alle future generazioni. Ad esempio, i figli di padri obesi sarebbero più soggetti a difetti metabolici, diabete e obesità. Inoltre a una età maggiore del padre corrisponderebbe anche un rischio più elevato di schizofrenia e autismo nel figlio.

Lo studio mette in luce che l’aumento dell’età paterna è un rischio quanto l’aumento dell’età materna. Rispetto ai trentenni, i quarantenni rischiano 5,7 volte di più di avere un figlio con un disturbo dello spettro autistico. Aumenterebbe anche l’incidenza di difetti congeniti, come anomalie cardiache o difetti dell’apparato muscoloscheletrico.

È ancora poco chiaro come funzionino i meccanismi molecolari che associano età paterna e disturbi congeniti. Gli studi sui mammiferi rivelano forse processi anomali di metilazione del Dna, che intaccherebbero la corretta trascrizione del DNA e l’espressione di alcuni geni.

L’argomento dell’età paterna è molto vivo in Italia, il paese con l’età media di concepimento più alta in Europa. Secondo l’Istat, l’età media dei neo-papà è di 35 anni, con frequenti punte dopo i 40 anni. 

Fonte: repubblica.it

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Analizzare i geni del feto dal sangue della madre

Si stanno diffondendo sempre di più i test genetici non invasivi molecolari di ultima generazione. Sono una rivoluzione per la diagnostica prenatale: permettono infatti di valutare il DNA del feto dal sangue della madre.

I test molecolari consentono di leggere l’intero genoma del feto in brevissimo tempo, in maniera non invasiva. Nel plasma della madre sono presenti tracce di DNA del figlio, che in teoria è possibile analizzare. Sono quindi stati sviluppati test di screening specifici per la sindrome di Down, che si basano su questo principio. Nel Regno Unito la stessa tecnica viene usata per la diagnosi di altre patologie fetali, oltre che per la determinazione non invasiva del fattore Rh del feto. Sono inoltre in fase di sperimentazione test molecolari non invasivi da applicare all’ambito oncologico. L’obiettivo è analizzare il DNA rilasciato nel sangue dalle cellule del tumore, così da comprenderne la gravità anche senza una biopsia.

Le possibili applicazioni dei test molecolari sono enormi, anche se interpretare l’enorme mole di dati ottenuti può essere un’impresa ardua. Per il momento, le tecniche di nuova generazione sono applicate soprattutto alla ricerca sulle malattie rare. I dati genetici ottenuti sono materiale prezioso, da depositare in banche apposite e da mettere a disposizione dei progetti di studio. Banche di questo tipo hanno già permesso di fare piccole e grandi scoperte in tutto il mondo.

Fonte: corriere.it

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