Screening prenatale non invasivo: l’esame del DNA può rendere la gravidanza più sicura
Alcuni test genetici di diagnosi prenatale sono in grado di identificare, in modo piuttosto accurato, la presenza di patologie anche piuttosto gravi, come la sindrome di Down (legata alla presenza di un cromosoma numero 21 in più rispetto al normale), oppure le più rare sindromi di Patau o di Edwards (che derivano rispettivamente da alterazioni del cromosoma 13 e 18). Come simili test di screening prenatale già sviluppati e diffusi in Paesi quali Cina e Stati Uniti, tali test di diagnosi prenatale non invasiva hanno un grande potenziale di diffusione nel Vecchio Continente grazie alle loro caratteristiche innovative, che rassicurano le future mamme preoccupate dall’eccessiva invasività degli esami tradizionali. Per esempio, negli ultimi vent’anni, per diagnosticare la sindrome di Down, si è spesso ricorso a esami, come la villocentesi o amniocentesi, che prevedono rispettivamente il prelievo di villi coriali o di liquido amniotico. Questi esami comportano inoltre un livello di rischio non basso per la gravidanza, generando nelle future mamme
stati di ansia e disagio.
Oggi molti studi clinici, europei e non, sostengono che i test di screening prenatale non invasivi, basati sull’analisi del DNA (detti Test DNA fetale), possono rilevare il 99% dei casi di sindrome di Down, dimostrandosi estremamente precisi e affidabili. Inoltre, i risultati dell’esame sono disponibili per la paziente nell’arco di soli due giorni.
Fonte: “Financial Times” Add a comment